“Duchamp, Ozenfant e io ci conoscevamo già, ma ci incontrammo di nuovo quando fummo indagati da McCarthy nel 1951. Subimmo sorti diverse. Duchamp aveva amici potenti, quindi era al sicuro. Ozenfant era un uomo molto difficile, originale e indipendente. Se attaccato, attaccava a sua volta, come un bambino. Fu quindi espulso dal Paese. Ma io mi sono difesa. Fui interrogata varie volte dopo aver chiesto la cittadinanza. La mia linea di difesa era che non avevo a che fare né sapevo nulla dell’attività politica degli uomini con cui avevo una relazione. E per fortuna le donne avevano allora ottenuto almeno questo diritto: non ero considerata solo la moglie o l’amica di qualcuno. Ero Louise Bourgeois. E lo sono sempre stata.” Louise Bourgeois
La mostra dedicata a Louise Bourgeois presso la Galleria Borghese costituisce un evento di rilevanza storica che indaga il contributo profondo e innovativo dell’artista al campo della scultura. Le sue opere dialogano con la collezione storica e l’architettura peculiare della galleria, creando una sinergia unica e stimolante. La selezione di oltre venti opere scultoree esplora temi centrali come la metamorfosi, la memoria e l’espressione degli stati emotivi e psicologici. In questa occasione, il rapporto tra arte antica e contemporanea diventa il fulcro di un dialogo ideale tra maestri di epoche e contesti differenti, aprendo nuove vie interpretative sia per la storia dell’arte sia per il museo stesso.
Le sculture di Bourgeois, con la loro intensità emotiva e la forte carica simbolica, si fondono armoniosamente con i capolavori della Galleria Borghese, tessendo un ponte tra passato e presente. La mostra non solo mette in risalto il genio creativo di Bourgeois, ma invita anche a una riflessione profonda sui temi universali della condizione umana, valorizzando il museo come luogo di continuo scambio e crescita culturale. Questa mostra non solo celebra l’eredità di Louise Bourgeois, ma offre anche un’opportunità unica per riflettere su come l’arte contemporanea possa dialogare con le opere del passato, arricchendo la nostra comprensione della storia e del nostro stesso tempo. “I am a searcher… I always was… and I still am… searching for the missing piece”. Con queste parole, Louise Bourgeois riassumeva la sua incessante ricerca interiore. Per tutta la vita, ossessivamente e caparbiamente, ha tentato di ricomporre il complesso puzzle della sua esistenza, trasformando le sue paure, i traumi e i conflitti interiori in opere d’arte. Scomparsa il 31 maggio 2010 all’età di 98 anni, Bourgeois ha lasciato un’impronta indelebile nell’arte del Novecento e dei primi anni Duemila. Tuttavia, non ha mai cercato il successo. Detestava i clamori, le lusinghe e le etichette del mercato.
Gran parte della sua produzione ha faticato ad emergere, e la meritata fama è arrivata solo in età avanzata. Ma per lei, creare era un atto di sopravvivenza, una garanzia di salute mentale, un esorcismo. Temi come memoria, abbandono, dolore, paura, rabbia, desiderio e relazioni familiari sono stati esplorati e rappresentati con un’intensità rara, creando opere che continuano a turbare e meravigliare. “La mia infanzia non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il suo mistero e non ha mai perso il suo dramma”. Per comprendere l’universo artistico di Louise Bourgeois, bisogna partire dai fantasmi della sua infanzia. Le sue opere sono profondamente autobiografiche, radicate nel passato, nei ricordi infantili e nel complesso rapporto con i genitori, restauratori e venditori di arazzi antichi nella Parigi della buona borghesia. Un fratello minore, una sorella maggiore e una grande casa alle porte di Parigi, prima accanto alla Senna e poi lungo il fiume Bièvre, con un rigoglioso giardino in cui giocare. Apparentemente, un’infanzia luminosa, ma in realtà piena di ombre.
La madre, forte ma di salute cagionevole, muore quando Louise è poco più che ventenne; il padre, egoista e donnaiolo, ha una relazione con la giovane istitutrice dei Bourgeois. Questo tradimento tormenterà Louise per tutta la vita. Dopo aver dato una mano nell’impresa di famiglia progettando modelli per gli arazzi, Louise lascia la Facoltà di Matematica della Sorbona per studiare arte. Passa dall’École des Beaux-Arts di Parigi a svariate accademie private, fino all’École du Louvre. Ma la svolta arriva nel 1938, quando sposa lo storico dell’arte americano Robert Goldwater e si trasferisce a New York, fuggendo dagli affetti e dai conflitti irrisolti. A New York, Bourgeois si dedica alla pittura e all’incisione, cercando di conciliare l’attività artistica con il ruolo di madre di tre figli. Partecipando a mostre collettive e frequentando intellettuali europei emigrati come Marcel Duchamp, lavora per dare forma alle proprie emozioni. Tra le opere di questo periodo, spicca la serie Femme Maison, corpi femminili nudi con case al posto delle teste, una dicotomia tra rifugio e trappola che ritorna spesso nei suoi lavori. Dalla fine degli anni Quaranta, Bourgeois si dedica alla scultura, usando materiali vari come legno, marmo e lattice. “Il mio fine è ri-vivere un’emozione del passato. La mia scultura mi permette di riempire la paura, di darle fisicità, così da farla a pezzi”, spiegava. Durante un lungo periodo di psicoanalisi, crea sculture flessibili e organiche, in bilico tra astrazione e figurazione, con forti allusioni sessuali: Fillette, Janus Fleuri, Femme Couteau, The Destruction of the Father. Forme falliche, grappoli di seni e frammenti di corpi esplorano temi di forza e fragilità, distruzione e catarsi, rabbia e tenerezza. La consacrazione arriva nel 1982 con una grande retrospettiva al MoMA di New York, la prima personale dedicata a una donna dal celebre museo.
Bourgeois ha ormai 71 anni, ma continua a lavorare senza compromessi. Negli anni Novanta crea i monumentali Spider, affascinanti ragni di bronzo dedicati alla madre, e le perturbanti Cells, installazioni di oggetti quotidiani che rappresentano diversi tipi di dolore. Per Louise Bourgeois, non vi era creazione senza distruzione: fare, disfare, rifare era il suo modo di operare, rielaborando memorie ed emozioni. “Ho bisogno dei miei ricordi. Sono i miei documenti. Bisogna distinguere i ricordi: se sei tu ad andare da loro, stai perdendo tempo. La nostalgia è improduttiva. Se vengono da te, sono dei semi di scultura“. Con una resilienza straordinaria, Bourgeois ha continuato a creare fino alla fine dei suoi giorni. Il suo lavoro incarna i suoi incubi e le sue ansie, ma riflette anche la condizione di forza e vulnerabilità di ciascun essere umano. A volte ci sentiamo come giganteschi ragni, altre volte come corpi disgregati. Questa mostra, curata con meticolosa attenzione, offre un’esperienza intensa e profondamente intima. È un viaggio audace e rivelatore che sfida i visitatori a confrontarsi con le proprie percezioni interiori. Per i più coraggiosi, questa esposizione potrebbe rappresentare un punto di svolta, cambiando radicalmente il modo in cui si vedono e comprendono se stessi. Un’esperienza imperdibile che promette di lasciare un segno indelebile.
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