A Trento, il Castello del Buonconsiglio ospita una mostra di grande richiamo per celebrare il centenario del museo. Incentrato sul nome di uno dei massimi protagonisti della storia dell’arte europea, Albrecht Dürer, il progetto della mostra ambisce a rappresentare la creazione di quel fenomeno unico che è il Rinascimento trentino. Nei magici anni tra il 1470 e il 1530, il Rinascimento italiano veniva infatti qui vissuto in modo del tutto originale. Grazie all’incontro di artisti prestigiosi e la commistione di linguaggi, il Trentino diviene laboratorio alchemico di un’arte nuova che fonde la visione italiana con la tradizione tedesca e fiamminga. Il Trentino e il Tirolo costituivano una piccole enclave autonoma tra le grandi potenze dell’epoca, le sedi vescovili di Bressanone e Trento e i centri di commercio come Bolzano risultavano poli attrattivi per gli artisti per la possibilità di ricche committenze, in un momento storico di magmatica creatività e di intensa trasformazione culturale in tutta Europa.
Il proposito della mostra è di render conto di come tale trasformazione dia origine a diversi “Rinascimenti in riva all’Adige” in un percorso che conta con quasi cento opere su carta, dipinti e arti applicate in varie tecniche. La mostra, promossa dal museo del Castello del Buonconsiglio, in collaborazione con l’Università di Trento e la Soprintendenza per i beni culturali, è a cura di Bernard Aikema, Laura Dal Prà, Giovanni Maria Fara, Claudio Salsi. Oltre ad opere di Dürer, sono esposti lavori di Alvise Vivarini, Bartolomeo Dill Riemenschneider, Jorg Artzt, Max Richlich e del Romanino, unitamente ad altri maestri vissuti in Trentino o che là hanno lasciato la loro impronta artistica, provenienti dalla Galleria degli Uffizi di Firenze, la Pinacoteca Ambrosiana di Milano, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, l’Accademia Carrara di Bergamo, il Museo Correr, il Museum Ferdinandeum di Innsbruck, il museo Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, i Musei di Strada Nuova di Genova e la Pinacoteca Nazionale di Siena. La centralità di Dürer nel concept dell’evento espositivo non è dovuta solo alla sua enorme fama, ma al fatto che in un momento di forti divisioni culturali, Dürer unisce la tradizione fiamminga con quella tedesca e con l’innovazione italiana, realizzando un’opera rivoluzionaria che farà scuola in Europa. Fu lui a coniare la traduzione Rinascimento in Wiedererwachung, e fu grazie a lui che artisti come Cranach, pur legatissimo alla Controriforma, si aprono alla visione italiana. Nel primo viaggio in Italia, nel 1494-95, Dürer sosta davanti al Castello del Buonconsiglio, dimora del principe vescovo, che ritrae nel famoso acquerello, immerso in una soffusa atmosfera luminosa.
L’aspetto selvaggio dei monti esercita un grande fascino su Dürer, riconducibile a quella “poetica delle forme” di tradizione fiamminga. Tuttavia il paesaggio alpino, che ispirerà nuovi scenari per le sue opere, viene indagato con attitudine scientifica, secondo lo spirito leonardesco, e rielaborato in nuove soluzioni, dove da sfondo diventa protagonista in composizioni potenti che evidenziano l’incontro con Mantegna e Bellini. Durante il suo viaggio, Dürer manifesta in una lettera il suo disappunto per esser considerato dagli artisti italiani abile nell’arte dell’incisione, appresa fin da ragazzo nella bottega d’orafo dl padre, ma non si sa quanto nel colore. Lui, profondamente tedesco, volle immergersi nel mondo inatteso dell’arte nuova italiana, dove la prospettiva domina, il corpo risplende nella nudità e le citazioni dei greci e dei neoplatonici sono legittime. Nel secondo viaggio del 1505-07 a Venezia il suo linguaggio nordico si fonde con il senso dello spazio rinascimentale e i colori della pittura veneta, realizzando capolavori che ottengono grande riconoscimento. Un punto culminate dell’esposizione è senza dubbio rappresentato dall’Adorazione dei Magi dipinto nel 1504 per il principe di Sassonia. L’armonia di proporzioni coinvolge i protagonisti e il paesaggio arricchito di rovine classiche, sullo sfondo l’artista introduce un modulo paesaggistico ispirato all’ambiente alpino. Il confronto con la pittura veneta emerge potente nella smagliante cromia, nei volti traspare la ritrattistica italiana mentre è tutta fiamminga la resa dei dettagli delle vesti dei Magi e dei loro doni.
La descrizione di insetti e piante con la loro valenza simbolica completa la fusione tra arte italiana e tedesca. La mostra si conferma nel percorso inappuntabile sotto il profilo divulgativo e coerente nei propositi. Gli apparati esplicativi sono essenziali e aiutano il pubblico a contestualizzare con sintesi ben centrate le opere e il complesso processo che vede incrociarsi contaminazioni e influenze che danno vita al nuovo linguaggio delRinascimento alpino. L’allestimento conta con la splendida cornice delle sale del palazzo e si avvale di sobri e eleganti pannelli, ed anche se l’illuminazione a tratti dà luogo a riflessi, non disturba la gradevolezza e la fruibilità dell’insieme espositivo. Una parte del percorso è dedicata alla figura dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo, primo sovrano moderno che corrisponde all’ideale dell’uomo rinascimentale. Colto e affascinato all’Umanesimo italiano, l’imperatore fa di Innsbruck un raffinato centro culturale dove la tradizione gotica convive con le suggestioni dell’Umanesimo. Committente di Cranach, Altdorfer e Dürer appare in vari ritratti fra i quali, di rara intensità, è quello eseguito da Dürerche lo rappresenta poco prima della sua morte, privo di attributi imperiali, con una medaglia rappresentante la Vergine a simboleggiare la devozione del sovrano. L’altra grande figura cui viene riservata una parte dell’esposizione è quella del principe vescovo Bernardo Cles, vero signore del Rinascimento, promotore della costruzione del Magno Palazzo decorato con gli splendidi affreschi di Girolamo Romanino, Dosso e Battista Dossi, Fogolino e stucchi di Zaccaria Zacchi, residenza sontuosa e piena espressione del Rinascimento italiano sorgerà accanto a Castelvecchio, fortezza medioevale, emblema di un’epoca ormai finita. Il principe vescovo si trova a vivere in un momento delicatissimo che vede anche l territorio trentino attraversato da inquietudine religiosa e idee riformate soprattutto nella comunità di lingua tedesca. Egli cura i rapporti tra Papato e Impero con acume politico e grande capacità diplomatica e con la sua cultura in perfetto equilibrio tra il mondo italiano e quello tedesco, Bernardo Cles divine figura paradimatica e motore di un cambiamento epocale per il territorio “tra i monti”.
Dato che il punto focale della mostra non è costituita nel suo intento solo da Dürer ma dal rapporto dinamico che si crea in Trentino fra i linguaggi del nord Europa e la nuova arte italiana, la tradizione tedesca, che si annuncia parte viva della fusione, è ben raffigurata da varie opere di rilievo. Fra queste emergono i capolavori di Lucas Cranach come Virdolorum e Cristo fra i dottori e la splendida Crocefissione di Riemechneider, artista che rappresenta una delle più alte espressioni del linguaggio plastico tardogotico tedesco. Tra il 1530 e il 1536 lavorò alla corte di Bernardo Cles venendo a contatto inoltre a contatto con Dosso Dossi e Romanino che nello stesso periodo stavano lavorando al Magno Palazzo. Nel dipinto della Crocefissione l’elemento fiammingo si palesa nell’ampiezza della veduta ma al tempo stesso si rivela la chiara ispirazione mantegnesca. L’ultima parte della mostra è dedicata interamente agli artisti presenti sul territorio. In Val di Non, Vallagarina Primiero, dove sono concentrate popolazioni di origine tedesca, sono molto attive botteghe sudtirolesi con artisti come Klocker e Artzt che realizzeranno altari a portelle, statue lignee e tavole dipinte che verranno apprezzate ovunque. A Trento, la comunità di lingua tedesca che ricopre incarichi di prestigio in ambito politico ed ecclesiastico è sensibile al linguaggio degli artisti di Oltralpe ancora improntato allo stile tardogotico, caratterizzato dal segno marcato e da forte espressività, ma è aperta al rinnovamento italiano. Le stampe dei maestri germanici come Schongauer, Altdorfer e Dürer divengono modelli e fonte d’ispirazione per molti artisti italiani e così prende sostanza il tessuto di quel Rinascimento alpino, che con la sua originalità costituisce un evento unico nel panorama artistico europeo.
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