Luca Bizzarri a teatro: “Vogliamo politici come Mattarella, ma poi votiamo gli imitatori alla Fiorello”

Gasparri vs Rocco Schiavone, le difese a Luigi Di Maio, ma anche il grande salto nel cinema e i film (brutti), ma divertenti da fare. Il comico e attore arriva a teatro, partendo dal suo podcast da cinquantamila ascolti al giorno

Un podcast da cinquantamila ascolti al giorno e un milione di streaming al mese, Non hanno amici. Luca Bizzarri li porta tutti a teatro, in tour. Un monologo di un’ora in cui rivisita le puntate registrate. “Ho scritto oggi di Nardella” riferendosi all’episodio del sindaco che fa l’autostop per arrivare a Palazzo Vecchio, “ma al momento non è nello spettacolo. Chissà però, magari nella versione di settembre ci sarà”.

Per Non hanno un amico vengono scelti temi che fanno ridere o incazzare. Sono più i primi o i secondi?

Difficilmente ci sono cose che mi fanno incazzare. Accade raramente. Sono molti di più quelli che mi fanno ridere, in particolare mi interessano argomenti che stimolano la riflessione. La scelta parte sempre da un punto di partenza personale. Parlo della debolezza degli altri, perché è la stessa che riscontro in me stesso. È per questo che alla fine non riesco mai ad arrabbiarmi: se so essere indulgente con me, posso esserlo anche con gli altri.

Però le piace dare fastidio.

Mio papà è un rompicoglioni, penso di aver preso da lui. Mi diverte rompere le scatole e faccio fatica a stare zitto. Non so contare fino a dieci e, anche se fosse, parlo lo stesso. Ma non ho paura del confronto e sono sempre pronto a cambiare idea. Posso dire che non parto mai da una posizione pregiudiziale, sono convinto che ognuno possa dire sia delle cose giuste che delle cose sbagliate. Come Matteo Salvini: non è che dice necessariamente solo cazzate, come tanti altri non credo siano nel giusto per partito preso. Mi fa ridere però che, solo perché sei della Lega o del PD, devi difendere qualcuno o qualcosa a tutti i costi. Forse è proprio questo il punto: a me fanno ridere tutti.

Eppure il podcast è ascoltassimo, quindi sa anche di piacere a molti.

Ma il motore dei nostri tempi è proprio la vanità. Sono un peccatore come tutti gli altri. Da Carlo Cottarelli a Carlo Calenda, fino a Salvini. Anche i più puri sono vanitosi, altrimenti non sarebbero sui social. So di fare parte di questa melma, ne sono cosciente.

Elly Schlein è vanitosa?

Beh, mamma mia. Assolutamente. Che poi, chiariamo, non è un peccato mortale. La vanità ci può stare. Le debolezze sono passabili: imperdonabile è chi non ammette di averne o si sente superiore agli altri.

In Non hanno amici non invita solo a condividere storie, commenti o argomenti da poter trattare, ma accettate anche gli insulti.

Sì, ma per email non arrivano mai! Su Twitter ce ne sono quanti vuoi, perché ci sono tante tifoserie e una vasta compagnia di picchiatelli. Sono due giorni che mi insultano i No-Vax. Ma avete presente i No-Vax? Esistono ancora. Tutto il resto è scomparso e loro ci sono ancora! Comunque anche gli insulti possono essere uno spunto valido, c’è un’intera puntata del podcast che riporta un dialogo tra me e una persona che mi insulta.

Dal pubblico a teatro si accettano insulti?

In teatro è diverso. Sei sempre in una posizione di potere visto che ti trovi su di un palco. Chiaramente si crea una dinamica differente. Che poi durante nello spettacolo di Non hanno un amico non c’è bisogno che qualcuno mi insulti, lo faccio già io per primo.

Quindi com’è la classifica delle preferenze: podcast, teatro o Twitter?

Sono tre cose troppo diverse per paragonarle. Il podcast è diventato un’abitudine da cui non riesco a staccarmi. Ho preso dei ritmi tali per cui la mattina mi alzo e la prima cosa che faccio è mettermi davanti al computer a scrivere. Più che un piacere è diventata una dipendenza.

Non c’è l’intenzione di generare delle risposte o delle reazioni con le puntate?

Cerco sempre di trovare una giusta misura nelle cose che faccio. C’è una quarta di copertina di un libro di Sandro Veronesi che recita: la gente pensa a noi infinitamente meno di quanto crediamo (dal romanzo Caos Calmo, ndr). Nel mio mestiere crediamo di avere qualche peso sulla vita delle persone, ma grazie a Dio dopo venticinque anni di carriera molti ancora non sanno chi è Luca e chi è Paolo. Questo mi aiuta a mantenere i piedi per terra. Non bisogna pensare di star facendo delle cose importanti, mica stiamo cambiando il mondo.

Poster di Non hanno un amico, monologo di Luca Bizzarri

Poster di Non hanno un amico, monologo di Luca Bizzarri

È anche vero che chi dovrebbe farlo non sempre ne è in grado. E sono persone su cui ribatti spesso, pensiamo alla recente puntata su Gasparri vs Rocco Schiavone, con quest’ultimo ritirato in ballo nel tuo tweet per il video in cui afferma che gli artisti non sono dei veri lavoratori.

Ci sono tanti punti di contatto tra noi e chi ci rappresenta. In una prossima puntata ho fatto un parallelismo tra Sergio Mattarella e Fiorello. Noi vorremmo che i politici fossero come Mattarella, però poi votiamo gli imitatori in stile Fiorello. Da un sondaggio di qualche settimana fa Mario Draghi risultava ancora il leader più apprezzato dagli italiani. Ma in quanti lo voterebbero se ci fossero le elezioni? Non molti, dico io. Perché la verità è che vogliamo Fiorello che fa i video simpatici. Noi siamo così, siamo dei ciarlatani.

Un tempo erano i comici che dovevano inseguire i politici. Oggi quasi non ce n’è bisogno.

Prima il comico doveva creare delle situazioni, per l’appunto, comiche. Adesso basta citare e riportare le parole dei politici. Ieri in copertina da Giovanni Floris per DiMartedì ho mandato un minuto di Maurizio Gasparri senza alcun commento. Faceva già ridere così.

Di Luigi Di Maio, su cui hai ironizzato anche per svariato tempo, hai preso le difese nella puntata di Gli inventori di Di Maio. Ti ha ringraziato?

No (ride). Ma se pensiamo a Di Maio, pur nella sua stortura, è uno di quelli che non ha mai reagito, nonostante lo abbiamo perculato in lungo e in largo. Lui non ha mai fatto una mossa e in questo si è dimostrato più intelligente di tanti altri. Ed è esattamente questo che troppi non capiscono: che il confine tra satira e politica deve essere invalicabile. Purtroppo molti confondono i due piani.

Nel podcast hai raccontato anche del periodo ne Le Iene, tra luci e ombre. Hai rimpianti del passato?

Credo nelle sfumature. E questo vale anche per Le Iene. È un programma che ha avuto trovate bellissime, ma ha fatto anche cose orribili. Questo non vuol dire che quelle belle valgono di più, uguale per quelle tremende. Sono orgoglioso del mio passato e di aver fatto parte di quel gruppo di persone, ma ammetto che c’erano cose che non mi piacevano prima e che ci sono cose che non mi piacciono ora. Anche perché se al momento non esiste una collaborazione, un motivo c’è.

E quindi spazio al teatro. Hai definito Non hanno amici uno stand-up. Quindi non solo un monologo.

Trovo che le definizioni di monologo e stand-up siano molto simili. Solo che se dici stand-up sei giovane, sennò se sei vecchio come me lo chiami monologo. Alla fine sono anche quel tipo di persona che dice sceneggiato perché mi piace di più di serie tv. Ma di questo si tratta: una persona sola, su un di palco, senza video né scenografia, davanti a un microfono. E basta.

Quest’anno Ficarra e Picone sono candidati ai David di Donatello nella categoria del miglior attore protagonista per La stranezza. A Luca e Paolo manca un grande ruolo al cinema?

Invidio a bestia Ficarra e Picone. Sono invidioso di mio e quando vedo il successo degli altri, o una cosa che fanno loro e avrei voluto fare io, o una battuta che fa ridere che non è stata fatta da me, allora mi incazzo davvero. Però se lo meritano. Alla fine anche Paolo ed io abbiamo avuto qualche soddisfazione, e seppur ci troviamo sul viale del tramonto, riserviamo ancora qualche speranza.

Magari con un grande regista?

Tutti i registi sono perfetti per noi, soprattutto quelli bravi! Ultimamente con l’età mi piace ancora di più fare film. È un lavoro in cui poter andare sulle virgole, le spigolature, in cui riesco a muovermi senza avere ansia da prestazione. Faccio fatica a finire una sceneggiatura, tanto dico subito di sì. Anche ai film brutti, come avrete notato!

Però hai vinto Lol 3 – Chi ride è fuori, facendo ridere e commuovere con il bellissimo amore sbocciato tra te e Fabio Balsamo, con cui avete condiviso il primo posto.

Dopo Lol 3 sento di avercela fatta davvero, perché sì, finalmente sono diventato un meme! E ammettiamolo, è nata una storia d’amore che va avanti ancora adesso. Prima o poi ci toccherà di fare coming out.