
Lo strumento di questa sovversione di massa sono i social, in particolare lo zoccolo popolare di Facebook. In questo contesto appare chiaramente decifrabile la mossa di Mark Zuckerberg di lasciare campo libero alla strana coppia negli USA, rimuovendo ogni controllo, anche il tenue fact checking che moderava i contenuti del più diffuso social del pianeta.
Non dobbiamo dimenticare che proprio Facebook fu il motore di quel fenomeno che venne identificato con la società Cambridge Analytica, che nel 2016, la prima campagna elettorale con cui Trump sorprese il mondo sbaragliando la candidata più accreditata alla Casa Bianca che era Hillary Clinton. L’allora responsabile della campagna elettorale del debuttante miliardario di New York Brad Pascale, spiegò poi cinicamente la formula del successo : “ si stacca un assegno da cento milioni di dollari per Facebook e si raccolgono i dati su quella parte di elettorato contendibile del paese, e poi si cominciano a bombardare i singoli elettori, eccitando ogni loro paura personale.Bingo!
Con la sconfitta di Trump ad opera di Biden, cominciano i guai per Zuckerberg che sia in Europa che negli stessi Usa viene messo sotto accusa proprio per un uso spregiudicato e scorretto dei dati degli utenti.
In questi anni abbiamo visto proliferare in tutte le piattaforme modalità di controllo e di regolazione degli eccessi, ma senza colpire il cuore del problema: l’uso dei dati per personalizzare i messaggi.
Anche se si mitiga la violenza e l’aggressività dei toni e dei contenuti, rimane sempre un’asimmetria in cui i proprietari della rete conoscono ogni più intimo dettaglio dei miliardi dei propri utenti e possono usare queste informazione sia per venderle a terzi sia per bersagliare spietatamente gli stessi utenti.
Google e Facebook hanno costruito così il monopolio che detengono sul mercato pubblicitario planetario, di cui controllano ormai più della metà del fatturato. Un monopolio senza precedenti .
La nuova vittoria elettorale di Trump già annunciava il ripristino del liberismo informativo, in cui ogni regola sarebbe stata rimossa.
Qualche giorno dopo lo scrutinio che insediò Trump, Elon Musk mise sul tavolo sfacciatamente le prove del suo contributo al trionfo del suo candidato: 2 miliardi di post, indirizzati, individualmente, a circa 26 milioni di elettori, con contenuti e toni estremamente personalizzati . Un fuoco di fila per spostare esattamente quella quota di elettorato che avrebbe deciso la contesa.
Un sistema basato sull’attivazione di batterie di boot, agenti intelligenti artificiali, che sulla base di informazioni specifiche, mettono nel mirino una moltitudine di utenti , ai quali vengono smistate informazioni e commenti che manipolano la realtà, orientandone le opinioni.
Vediamo qui all’opera quel machine Learning, quella capacità delle macchine di imparare, che sta rendendo l’intelligenza artificiale non solo un semplice sistema di calcolo ma un apparato sempre più senziente, capace di acquisire istruzioni e informazioni per prendere decisioni. Grazie al machine Learning vediamo che i boot si muovono come cani pastori che aggregano il proprio gregge e allestiscono le comunità da aizzare, creando delle vere bolle, in cui vengono imprigionati i gruppi di utenti, ritenuti affini.
L’ integrazione di un ruolo ideologico- produrre mobilitazione reazionaria mediante aggregazioni omogenee- con questa abilità di auto formazione rende estremamente efficaci i social a guidare fenomeni sociali.
Questa strategia ideologica per altro si sposa con gli interessi materiali delle piattaforme che, potremmo dire, nel loro servizio ai padroni politici, possono unire l’utile al dilettevole.
Infatti il fatturato di Facebook, come degli altri social – Tik Tok, Instagram, YouTube – si basa sul traffico, ossia non tanto la massa di utenti, ma la loro intraprendenza, la loro interattività, che li porta a muoversi, ad esprimersi, a parlare, producendo quei dati che poi li rendono vulnerabili.
Il traffico viene costruito scientificamente sulla base di un principio che è la causa della degenerazione delle piattaforme :il coinvolgimento degli utenti.
Detto così sembra una modalità del tutto innocente. Ogni strategia di marketing si basa sull’opportunità di ingaggiare l’attenzione dei clienti. Ma nel caso di un sistema relazionale, in cui bisogna convincere le comunità impigliate nelle singole bolle, ad eccitarsi reciprocamente per produrre appunto dati, il sentimento commercialmente più efficaci è la rabbia.
Per anni gli psicologi e antropologi di Facebook, Google e Amazon , hanno studiato lo scenario ed hanno colto che stava affiorando come collante sociale proprio la rabbia, la rivendicazione, la frustrazione di miliardi di individui che affacciandosi sulla rete constatavano di essere esclusi da attività o servizi rilevanti.
E’ la rabbia del mondo la nuova mo0neta che ha creato le infinite ricchezze di Musk e Zuckerberg, che ha portato Trump alla Casa Bianca, che sta ridisegnando il profilo culturale e politico della vecchia Europa.
Per questo bisogna comprendere che non basta esercitare un controllo disciplinare sulle malefatte3 dei ragazzacci della Silicon Valley, bisogna parlare alla gente, ricostruendo un livello di credibilità della politica e delle istituzioni pubbliche. Per farlo si comincia comunque rimuovendo le provocazioni e costringendo Zuckerberg a civilizzare la sua impresa se vuole ancora rimanere in Europa, esattamente come abbiamo fatto per Huawei o in America Trump voleva fare per Tik Tok.
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