
Diceva Steve Jobs, uno che di innovazione tecnologica indubbiamente ne masticava, che per seguire una partita di hockey non bisogna guardare al dischetto, che si muove troppo velocemente, ma è necessario afferrare le tattiche dei due team che si muovono sulla pista ghiacciata.
Oggi anche per sport meno frenetici e convulsi dell’Hockey, come il calcio o il basket o anche il pugilato o l’atletica leggera, per afferrare il senso della performance , e soprattutto decifrare l’apporto dei singoli giocatori, più che guardare il campo si deve seguire il tracciamento del gioco sul proprio tablet.
L’intelligenza artificiale è entrata in campo, è il caso di dire, e sta trasformando ogni esibizione sportiva in un sistema di algoritmi che soppesa e misura non solo l’efficacia dei singoli gesti ma permette di prevedeve il futuro di ogni giocatore e in molti casi si avvicina ad anticipare il risultato finale.
Possiamo dire che lo sport da antica attività umana si sta trasformando in un grafo, in quella figura che connette dati e calcoli per ricostruire un fenomeno complesso.
In passato i sistemi di calcolo erano usati per progettare meglio le macchine che usavano gli atleti, come nel motociclismo, nell’automobilismo o nel ciclismo. Oggi sono proprio i protagonisti delle diverse prove che vengono digitalizzati.
L’esempio più macroscopico ci viene dal calcio, l’attività più popolare nel pianeta, ormai diventato un vero video game, in cui l’intelligenza artificiale sta ridisegnando il modo stesso di stare in campo, di toccare la palla,e anche, a monte, di organizzare la società sportiva, lavorando su dati predittivi che guidano ogni decisione e decidono gli investimenti e le decisioni sia tecniche che manageriali.
Diciamo che il virtuale sta riorganizzando il reale.
Infatti se prestiamo attenzione alle riprese televisive di una partita di calcio, quando le telecamere inquadrano le panchine delle due squadre , dove sono sistemati i team tecnici, ci accorgiamo che, a parte l’allenatore , che dialoga con i giocatori in azione, tutti gli altri membri degli ormai nutritissimi staff, non hanno gli occhi verso il campo, ma li tengono per tutto il tempo incollati sui propri gli schermi .
Da quegli schermi ricavano l’andamento reale dell’incontro in ogni suo dettaglio : l’intensità e l’energia con cui i singoli atleti si stanno esibendo, quale di questi atleti sia in forma fisica o chi invece accusa una defaillance. E possono così indicare all’allenatore le necessarie misure per integrare o correggere i comportamenti della squadra.
Per questo sta cambiando lo scenario sportivo, anche come popolazione professionale.
Più che i grandi goleador, o gli implacabili difensori, ormai le società di calcio sono a caccia di ingegneri informatici e web master che elaborano ed adeguano i sistemi generativi che offre il mercato.
La disponibilità di soluzioni è ormai vastissima. Si va da software predittivi che arrivano ad anticipare lo stesso epilogo dell’incontro, a vere e proprie piattaforme, che curano tutto il ciclo di gestione. dalla selezione e individuazione dei giovani talenti, con una capacità magica di individuare fra tanti ragazzini predisposti il futuro campione, alla preparazione atletica di base; fino all’addestramento tecnico, e al conseguente l’adattamento ad un ruolo specifico , con le esercitazioni settimanali e gli schemi collettivi. Poi, incrociando sensori indossabili con telecamere fisse, si ottengono flussi di immagini in grado di scomporre ogni singolo gesto, ricavando il quoziente di efficienza e di imprevedibilità, che qualifica la grande prestazione.
Queste tecniche si estendono , come abbiamo accennato , anche all’attività gestionale e manageriale armonizzando la conduzione della squadra con i piani strategici di marketing e sviluppo che ottimizzazione ogni singola decisione.
Sull’onda di questa digitalizzazione integrale, in cui ogni incognita viene risolta all’interno di una griglia di calcolo e valutazione preventiva, si sta omologando anche il quadro proprietario.
In Italia, come in altri paesi europei, vedi Francia o Inghilterra, al vertice della maggioranza delle società sportive ci sono ormai fondi finanziari, americani o arabi.
Si tratta di fondi che frequentemente hanno al loro interno anche la conduzione di start up che hanno già sperimentato la reddittività degli investimenti sul mercato sportivo negli Usa, soprattutto nel football americano e nel basket, ed ora puntano all’ambito europeo.
Due sono gli asset che ingolosiscono i capitali speculativi: i diritti televisivi che ormai arrivano per ogni singolo club a cifre vicine ai 100/150 milioni all’anno, e il business dello stadio, dove le società ottengono dalle amministrazioni locali, in cambio della costruzione di un nuovo centro sportivo ,la possibilità di edificare interi complessi immobiliari, in zone di grande pregio.
L’intelligenza artificiale elina le differenze sia culturali che di tecnica sportiva, unificando i codici comportamentali e le strategie amministrative.
Un processo che inevitabilmente annacqua il valore emotivo del club calcistico, togliendo l’aura locale e disperdendo quell’artigianale imprevedibilità nella formazione delle squadre che differenziava le diverse comunità di supporters.
Siamo all’ormai consueto scambio fra efficienza contro standardizzazione. Il vantaggio è quello di una maggiore fruibilità dell’evento, per un numero maggiore, ma certo, dobbiamo convenire che sia proprio finito il tempo in cui, come cantava Francesco De Gregori nella sua mitica canzone La leva calcistica del 68 “….un calciatore lo si vede dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”.
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