Martina Scrinzi si racconta al The Hollywood Reporter Roma

A Capri Hollywood l’attrice viene premiata per il suo ruolo in Vermiglio

“Penso che Vermiglio possa dare, agli spettatori americani, e in generale agli spettatori internazionali, un’immagine dell’Italia diversa. Diversa dal cliché di un’Italia tutta sole, mare, donne mediterranee, sentimenti esibiti, a volte persino gridati. C’è anche un’altra Italia, forse più segreta, più sommessa, ma altrettanto vera”. 

E questa Italia è ciò che racconta Vermiglio, il film del quale Martina Scrinzi – in questi giorni ospite del “Capri Hollywood film festival” – è protagonista, nel ruolo di Lucia. Una ragazza che vive in un casolare isolato fra le montagne del Trentino, nell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale. Intorno, i ritmi della terra, la vita quotidiana con i suoi tempi, le vacche da mungere, i silenzi, la neve. E l’irruzione, in questa scena che pare immutabile da secoli, di uno sconosciuto. 

Vermiglio, come è noto, è nella shortlist dei titoli in gara per l’Oscar al miglior film internazionale – il 17 gennaio saranno annunciate le nomination finali – e  nella sestina dei candidati al Golden Globe  nella stessa categoria. Ai numerosi premi già raccolti, ieri per Martina se ne è aggiunto un altro, l’Italian Rising Star del festival “Capri, Hollywood”, che la ha celebrata come artista rivelazione dell’anno. 

“E’ successo tutto così in fretta! A volte mi chiedo se non sia stato persino tutto troppo veloce”, dice Martina. Al cinema, ci è arrivata con una strada tutta sua. “Sono cresciuta dentro un bosco, la casa dei miei non ha neanche un indirizzo preciso: è stata una scelta precisa di mia madre, voleva che crescessimo a contatto con la natura, non avevamo neppure la televisione. Per andare a comprare qualcosa, si andava al primo paese, a tre chilometri di distanza. Sono cambiate moltissime cose da allora, oggi vivo a Roma. Ma torno spesso in Trentino, per ricaricarmi, per nutrirmi di silenzio”.

Ma davvero non c’era la tv, nella casa dove sei cresciuta?

“Sì. Ancora ora i miei genitori abitano lì, e ancora adesso non c’è rete per il cellulare, non c’è la tv, per decisione di mia mamma, che si ispirava alla filosofia di Rudolf Steiner”. 

Come è iniziato il tuo percorso “artistico”?

“Non andavo bene a scuola: studiavo tantissimo, ma non avevo buoni voti. Mi è stato consigliato, quasi come ‘terapia’, di entrare nel coro del liceo. Da lì a un corso di teatro danza, che ho portato avanti per anni”.

Come ti sei avvicinata a Vermiglio?

“Ho fatto, prima, una piccolissima parte in Lubo di Giorgio Diritti. Non avevo ancora un’agente, non avevo nessuna struttura ‘professionale’. Ho visto online che cercavano persone del Trentino per un film da girare in quella regione. Ho risposto all’annuncio, pensando che cercassero delle comparse! Mi butto, anche se cercano comparse”. 

Non avendo un agente, hai fatto tutto da sola. 

“Ho mandato un curriculum: miracolosamente mi hanno risposto. Poi ho mandato dei self tape, e un passo dopo l’altro mi hanno scelta”.

Quanto è stato lungo il lavoro di preparazione?

“Dieci mesi, circa un anno per prepararmi. Con la regista, Maura, ci sentivamo in videochiamata perché lei era in Argentina. Molte letture del testo, come a teatro”.

Quali indicazioni vi dava Maura Delpero, la regista?

“Voleva che lavorassimo in ‘sottrazione’.  Lavorare sui silenzi, sugli sguardi, sulle attese. A teatro si recita sempre ‘di più’, per farsi sentire fin dalle ultime file. Il cinema di Maura è tutto il contrario. Da un overacting a un underacting. Ho dovuto imparare. Maura voleva il corpo, i gesti, i silenzi”. 

Che tipo di indicazioni? Tipo “voglio uno sguardo…” come?

“Malinconico, nostalgico e grato. Per esempio”.

E c’erano anche azioni pratiche da imparare. Come  mungere le mucche. 

“Ho dovuto imparare a mungere a mano le mucche, e abbiamo dovuto anche trovare mucche che non fossero troppo abituate alla mungitura meccanica, che non reagissero male alla mungitura a mano”. 

Come ti senti, a questo momento della tua vita e della tua carriera?

“Sento di essere arrivata miracolosamente molto in alto, ma sento di voler migliorare molto. Vorrei fare anche film di genere, film di registi giovani, e film di registi anche fuori dal panorama nazionale. Ho studiato interpretariato e traduzione a Trieste, mi trovo bene a esprimermi in tedesco e in inglese. Mi piacerebbe molto fare esperienze di tipo diverso”. 

Hai anche qualche paura?

“Ho paura che finisca tutto. Ho vissuto un turbine di emozioni, con quello che era praticamente il mio primo film. E ho paura che tutto finisca”. 

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