Caso David Choe: i creatori di Beef rompono il silenzio sulla storia di stupro. Ma è davvero la parola fine?

L'attore della serie Netflix, nel 2014, durante un podcast aveva affermato di aver costretto una massaggiatrice ad un rapporto non consensuale, poi ha ritrattato. Dai social è nata una polemica per il suo coinvolgimento nello show

Beef – Lo scontro ha debuttato su Netflix il 6 aprile incontrando un successo quasi universale (e un punteggio del 98% su Rotten Tomatoes): la critica e gli spettatori hanno apprezzato la narrazione audace ma ricca di sfumature della serie dark comedy su due estranei coinvolti in una faida sempre più sanguinosa e le interpretazioni magnetiche di Steven Yeun e Ali Wong.

Ma dopo due settimane di distanza, lo show ha perso un po’ di attrattiva. Come mai? Per il riemergere di una polemica che coinvolge il co-protagonista, l’artista e attore David Choe – anche autore dei titoli di testa – e per la mancata reazione da parte delle società e del team creativo dietro la serie prodotta da A24.

David Choe, tra riabilitazione e cultura dello stupro

Nel 2014, Choe, un artista visivo allora noto soprattutto per aver dipinto la sede di Facebook in cambio di azioni (guadagnando 200 milioni di dollari), è stato co-conduttore di un podcast con l’attrice di film per adulti, Asa Akira. In un episodio raccontava di come tempo prima avesse costretto una massaggiatrice a praticargli del sesso orale. A un certo punto, durante la trasmissione, si definisce uno “stupratore di successo”, per poi puntualizzare: “Voglio solo chiarire che ammetto che questo è un comportamento da stupratore, ma io non sono uno stupratore”.

L’aneddoto è stato scoperto per la prima volta dalla scrittrice Melissa Stetten sul sito web XOJane – ora chiuso -, e ha ottenuto ulteriore diffusione grazie a un articolo di BuzzFeed. Poco dopo, Choe ha dichiarato che la sua storia sulla massaggiatrice era un’invenzione. “Mi dispiace se qualcuno ha creduto che la storia fosse vera”, ha scritto. “Non lo era!”.

La polemica è riemersa nel 2017 dopo che a Choe è stato commissionato un murale sulla Bowery, nel centro di Manhattan. Altri artisti si sono uniti per protestare: “Il nostro obiettivo è rifiutare la continua normalizzazione della cultura dello stupro dando visibilità all’argomento”, aveva detto all’epoca l’organizzatrice Jasmine Wahi.

Choe ha poi pubblicato delle scuse più approfondite sul suo account Instagram: “Come ci si può scusare per una vita di errori? Negli ultimi tre anni di recupero e riabilitazione ho cercato di rispondere a questa domanda attraverso l’azione e la comprensione”, ha scritto.

Le scuse dell’artista

“In un episodio del 2014 di Dvdasa, ho raccontato una storia, con il solo scopo di scandalizzare, che faceva sembrare che avessi violato sessualmente una donna. Anche se ho detto quelle parole, non ho commesso quelle azioni. Non è successo. Ho zero precedenti di violenza sessuale. Sono profondamente dispiaciuto per il male che ho arrecato attraverso le mie parole dette in passato. Il sesso non consensuale è uno stupro e non è mai divertente o appropriato scherzarci sopra.

Ero una persona malata all’apice della mia malattia mentale e ho trascorso gli ultimi 3 anni in strutture di salute mentale per curarmi e dedicare la mia vita ad aiutare e curare gli altri attraverso l’amore. Non credo alle cose che ho detto, anche se mi assumo la piena responsabilità di averle dette… Mi dispiace davvero per le parole negative e i messaggi oscuri che ho diffuso nel mondo”.

Steven Yeun, David Choe, Ali Wong e Lee Sung Jin alla prima di Beef - Lo scontro al Netflix Tudum Theater di Los Angeles

Steven Yeun, David Choe, Ali Wong e Lee Sung Jin alla prima di Beef – Lo scontro al Netflix Tudum Theater di Los Angeles

Beef e il ritorno di David Choe

Da allora Choe si è lentamente avvicinato alla cultura pop mainstream: nel 2021, il New York Times gli ha dedicato un articolo in vista dell’uscita della sua miniserie di interviste su FX e Hulu, The Choe Show, dove ha ammesso di essere un “bugiardo in via di guarigione” e ha affrontato di nuovo la famigerata storia del podcast del 2014. “In quel momento della mia esistenza, ero stanco di vivere e stavo toccando il fondo. Volevo uscirne. Non ho mai violentato nessuno”, ha detto, spiegando di aver raccontato la storia per una “morbosa curiosità di suscitare una risposta esterna alla vergogna che provavo internamente”.

Ma l’accoglienza entusiasta riservata a Beef – Lo scontro (nella prima settimana di uscita si parlava già di possibili candidature agli Emmy) ha fatto conoscere Choe a un pubblico nuovo e più ampio. Nella serie, Choe interpreta un personaggio non dissimile da come l’attore si presenta nella vita reale, cioè con un atteggiamento sgradevole e strafottente (e, fino ad almeno un decennio fa, con qualche fissazione per le fantasie e il linguaggio sessualmente violento), nel ruolo di Isaac, il cugino ex-detenuto del protagonista interpretato da Yeun.

La controversia nata sui social

Nel bel mezzo delle menzioni entusiastiche sulla stampa e delle recensioni stellari di Beef, il 12 aprile Aura Bogado, reporter senior del Center for Investigative Reporting, ha twittato: “David Choe, cioè il tizio che ha descritto nei dettagli il modo in cui ha violentato una donna? E poi è tornato per dire che si trattava solo di una versione fraintesa della sua realtà?” e ha incluso uno screenshot dell’articolo di BuzzFeed del 2014 che ricapitolava la storia del podcast.

I suoi tweet e gli estratti del podcast sono diventati rapidamente virali e hanno continuato a guadagnare terreno durante il fine settimana, con spettatori costernati che hanno commentato di essersi pentiti di aver già guardato Beef o che hanno dichiarato la loro intenzione di boicottarlo per protesta contro il coinvolgimento di Choe.

Dopo il silenzio, le dichiarazioni

Gli utenti social hanno anche chiamato in causa il creatore di Beef Lee Sung Jin, Steven Yeun e Ali Wong – tutti e tre amici di David Choe – Netflix e A24 in quanto presumibilmente sapevano dell’incidente del 2014 e hanno deciso comunque di scritturare Choe. Inizialmente nessuna delle parti ha commentato direttamente la situazione o risposto alle richieste di The Hollywood Reporter.

Lee, Wong e Yeun, consapevoli di dover dare un segnale, hanno poi rilasciato una dichiarazione a Vanity Fair: “La storia che David Choe ha inventato nove anni fa è innegabilmente dolorosa ed estremamente inquietante. Non perdoniamo in alcun modo questa storia e capiamo perché è stata così sconvolgente e scatenante. Sappiamo che David si è scusato in passato per aver inventato questo episodio orribile e lo abbiamo visto impegnarsi per ottenere il supporto per la salute mentale di cui aveva bisogno nel successivo decennio per migliorare e imparare dai suoi errori”.

Choe, invece, ha in qualche modo risposto alla polemica quando Belgado e il cultural strategist Meecham Whitson Meriweather hanno twittato che i loro post contenenti l’estratto del podcast erano stati rimossi per violazione di copyright.

Entrambi hanno incluso screenshot di quella che sembra essere un’e-mail dell’assistenza di Twitter contenente il testo originale del reclamo: “Diversi utenti di Twitter – @MediumSizeMeech e @aurabogado – hanno ri-caricato un estratto dell’episodio 106 ‘Erection Quest’ della nostra serie di podcast in diretta e video Dvdaasa, pubblicato originariamente il 10 marzo 2014, senza il nostro consenso”, si legge nel rapporto, che è firmato “Sinceramente, David Choe, The David Young Choe Foundation”.

La richiesta di rimozione del podcast

Non avendo un team di comunicazione, non è stato possibile contattare Twitter per una conferma, ma il database Lumen, un progetto di ricerca dell’Università di Harvard che raccoglie le notifiche di rimozione dal web, ha registrato che la David Young Choe Foundation ha presentato un reclamo per violazione di copyright a Google il 13 aprile, chiedendo la rimozione dell’episodio da Google Drive e YouTube: “A nome della David Young Choe Foundation (nota anche come Meleka Foundation) e di Igloo Hong, Inc, proprietaria di tutti i contenuti originali di Dvdasa, desidero inviare le informazioni richieste per rimuovere i contenuti che violano il diritto d’autore presenti sulla vostra piattaforma”, si legge nella richiesta.

“I contenuti multimediali originali della nostra organizzazione, provenienti dalla serie di podcast in diretta e video, Dvdasa (2013-presente), prodotti, di proprietà e con la partecipazione dell’artista e performer David Choe, sono stati scaricati illegalmente e sono stati caricati e condivisi pubblicamente su Google Drive ….. Le fonti originali del materiale provengono dal nostro account YouTube e dal sito web di Dvdasa, che nel frattempo sono stati resi privati per evitare altri re-upload illegali”. Al momento, è l’unica azione che è stata compiuta da quando è riemersa la polemica.

J. Clara Chan ha contribuito a questo articolo.