Con il titolo “Sophia Loren: La Diva di Napoli”, l’Academy Museum of Motion Pictures e Cinecittà propongono un retrospettiva dedicata a Sophia Loren, e ai suoi 90 anni, a cura di K.J. Relth-Miller e Paola Ruggiero, che si terrà a Los Angeles dal 7 al 30 novembre.
E’ un omaggio importante ad una delle star europee di maggior successo di sempre, la cui unica biografia può essere raccontata come in un film. Da dove partire? La scena è questa: Peter Sellers ha di fronte la moglie Anne e il figlio Michael (7 anni). Li ha convocati per una importante dichiarazione. Raddrizza le spalle e pronuncia la seguente frase : “Anne, devo dirti che mi sono perdutamente innamorato di Sophia Loren”.
Era il 1960, stavano girando insieme a Londra La miliardaria (The Millionairess, di Anthony Asquith) e non era la prima volta che una grande star si innamorava di lei. Benchè lei lo abbia di recente negato, Cary Grant le chiese di sposarla sul set di Un marito per Cinzia (Houseboat, 1958, di Melville Shavelson): ma fu proprio l’attore a chiamarla al telefono nel 1962 per annunciarle che aveva vinto un oscar per La ciociara. Marlon Brando ci ha seriamente provato con lei durante le riprese della Contessa di Hong Kong (A Countess of Hong Kong di Charlie Chaplin, 1967).
Fu respinto con perdite. Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, in arte Loren, nata a Roma nel 1934, il cui padre si rifiutò sempre di sposare la madre – un tratto biografico che somiglia da vicino alla storia raccontata da Matrimonio all’italiana, Marriage Italian Style di Vittorio De Sica – cresciuta sotto le bombe degli alleati (la scheggia di uno shrapnel la ferì al mento) era dotata di un corpo che sarebbe stato in grado di suscitare desiderio anche in un supereroe del Marvel Universe: la linea lunga e sinuosa che unisce le curve di gambe e busto, la vita stretta sulle anche, la chioma fluente, il seno prosperoso da divinità mediterranea e il taglio allungato degli occhi come in un affresco egizio, sembrano inventati da un software di AI cui un programmatore malizioso abbia chiesto qualcosa che faccia diventare matto un maschio eterosessuale tra gli anni ’50 e ’70. “One of the modern great beauties” ha scritto di lei un critico inglese autorevole e severo, David Thomson, che vive a San Francisco – statuesque and floridly handsome”.
E’ per questo che la Loren ha lavorato anche ad Hollywood con grandi produzioni e registi come Charlie Chaplin, Micheal Curtiz, Sidney Lumet, Gerge Cuckor (per il quale interpretò l’incantevole Il diavolo in calzoncini rosa, Heller in Pink Thights, 1959) fino a Robert Altman? Sarebbe troppo semplice. Una grande attrice, o un grande attore, sono sempre una sintesi mirabile di aspetti che nella realtà appaiono distanti e contraddittori.
Sophia Loren ha unito ad un corpo capace di ispirare innumerevoli peccati (il che nel mondo cattolico rende le fantasie ancor più incandescenti grazie al senso di colpa), la proiezione di una madre italiana, prodiga e sapiente, capace di cucinare pasti deliziosi: come fa in L’oro di Napoli (The Gold of Naples, di Vittorio De Sica, 1954), dove è una pizzaiola che il popolo venera per le calde focacce fritte dalle sue mani e servite all’ombra del suo seno “statuesque”. Una sintesi perfetta della natura anfibia di sensualità e protezione materna, erotismo e gola che è stata immortalata dagli scatti, inediti, realizzati durante la lavorazione di La ciociara, che “The Hollywood Reporter Roma vi propone: sono stati catturati sul set del film, nel paesino di Saracinesco, vicino Roma, dove Sophia pare cucinasse per tutta la troupe. In realtà, Sophia Loren è anche una ottima attrice, con una tastiera espressiva unica per raccontare la sofferenza femminile.
Nella sua biografia, romanzesca, dall’infanzia di miseria ai set di Hollywood, dal matrimono in Messico con un uomo di vent’anni più grande già sposato (il produttore Carlo Ponti) in un paese senza divorzio, ai 17 giorni in carcere, nel 1977 (per evasione fiscale), c’è materia più che sufficiente per trasferire ai suoi personaggi sia l’allegria e la gioia improvvisa generate da una gaia destrezza (come nei suoi personaggi di Peccato che sia una canaglia, Too Bad She’s Bad, 1954, di Alessandro Blasetti; Il segno di Venere, The Sign of Venere, 1955, di Dino Risi; Pane amore e.., Scandal in Sorrento, 1955, di Dino Risi; Ieri, oggi e domani, Yesterday, Today and Tomorrow, 1963, di Vittorio De Sica), sia il pozzo buio di un dolore incommensurabile, come quello della protagonista della Ciociara, Two Woman, 1960, di Vittorio De Sica; di Matrimonio all’italiana, Marriage Italian Style, 1964, di Vittorio De Sica, di Una giornata particolare, A Special Day, 1977, di Ettore Scola; di Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici, Blood Feud, 1978, di Lina Wertmuller, di La vita davanti a sé, The Life Ahead, 2020, di Edoardo Ponti).
Nessuno, come la Loren, sa guardare verso lo spettatore, piangendo, come se non lo vedesse. A riguardo, chi scrive, ha avuto un privilegio da guinness. Ho premiato Sophia Loren nel 2012, nel Teatro Antico di Taormina, come direttore del festival, ho premiato Sophia Loren in Campidoglio, alla presenza del sindaco Walter Veltroni, come curatore della Festa del Cinema, nel 2007. Allora, l’ho vista piangere dal vero, mentre ricordava quanto la città di Roma “avesse sempre aperto per lei le braccia”, in una vita che da inizi difficili e inenarrabili, l’ha portata a diventare simbolo del riscatto di un paese intero che il fascismo e la guerra avevano ridotto in macerie. Ero a fianco a lei e le ho viste dal vivo: due lacrime che da sotto gli occhiali fuggivano leggere e veloci sulle gote mentre le si rompeva la voce. Si possono vedere tutt’ora, su youtube: senza riflettori, senza macchina da presa.
La retrospettiva “Sophia Loren: La Diva di Napoli”, che si terrà a Los Angeles dal 7 al 30 novembre, all’Academy Museum, comprende, fra l’altro, il restauro dell’Oro di Napoli, di Vittorio De Sica, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, che sarà introdotto dalla stessa attrice e dal figlio e regista Edoardo Ponti. La manifestazione si inaugura con La ciociara di Vittorio De Sica, prosegue con La vita davanti a sé di Edoardo Ponti e include film piuttosto rari negli Stati Uniti come Miseria e nobiltà di Mario Mattoli e Il segno di Venere di Dino Risi. Gli altri titoli sono: Ieri, oggi e domani e Matrimonio all’italiana, di Vittorio De Sica, Una giornata particolare, di Ettore Scola, Sabato, domenica e lunedì, di Lina Wertmuller (nella versione lunga televisiva), insieme ad Arabesque di Stanley Donen, e Prêt-à-Porter di Robert Altman, in versione restaurata.
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