2025, l’anno di Elvira. La prima grande autrice del cinema italiano

Si chiamava Notari, sceneggiatrice, produttrice, regista. Nasceva 150 anni fa e il Centro Sperimentale che ha restaurato e digitalizzato i suoi film che si sono salvati, collabora a più di una manifestazione per celebrarne la figura e l’opera

Il 2025 è un anno ricco di anniversari, anche cinematografici, d’autore e pop: dalla prima proiezione cinematografica pubblica dei fratelli Lumière a Ritorno al futuro di Zemeckis, dalla morte di Pier Paolo Pasolini all’uscita in sala di Fantozzi. Ma, soprattutto, i 130 anni di storia del cinema coincidono con i 150 anni dalla nascita di Elvira Notari, la prima regista italiana. 

Un evento che non può e non deve passare inosservato e in effetti negli ultimi trent’anni, con un ritmo sempre più accelerato, sembra che Elvira sia uscita progressivamente dal cono d’ombra in cui era stata relegata, non solo nell’ambito degli studi di cinema: è comparsa addirittura in versione graphic novel (Cattive ragazze di Assia Petricelli e Sergio Riccardi), sono usciti su di lei romanzi (La figlia del Vesuvio di Emanuele Coen, Elvira di Flavia Amabile), Iaia Forte l’ha interpretata a teatro (in Cinemamuto per la regia di Gianfranco Pannone) e Teresa Saponangelo al cinema (per il documentario Elvira Notari, oltre il silenzio di Valerio Ciriaci, attualmente in lavorazione). 

La Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia è però il cuore pulsante della sua eredità, perché conserva tutti i film superstiti di Elvira Notari – digitalizzati e restaurati – che sta circuitando in Italia e all’estero collaborando con cineteche, istituti culturali, festival e associazioni per far (ri)scoprire la sua opera e rendere omaggio al genio multiforme di una donna in avanti sui tempi. 

Tra i numerosi eventi già realizzati o in arrivo, di cui la Cineteca Nazionale è partner, ricordiamo “Elvira 150”, progetto promosso da Parallelo 41 con il sostegno del Comune di Napoli, che prevede a Napoli la proiezione completa di tutti i suoi film accompagnati dal vivo, una giornata di studi, una mostra, proiezioni per le scuole e per l’Accademia di Belle Arti. Un evento a 360 gradi, come il talento di Elvira, che inizierà il 10 febbraio, il giorno del suo compleanno. Un altro appuntamento importante è previsto il 2 aprile a Roma, con la proiezione del film È piccerella al Centro Sperimentale di Cinematografia, nell’ambito del festival “Custodi di sogni” curato dalla Cineteca Nazionale. 

Ed il cinema per Elvira è stato davvero un sogno, come per tutte le altre registe pioniere, perché non dobbiamo dimenticare che, per quasi cento anni, la storia del cinema è stata una storia di uomini. 

Quando il cinema nasce, Elvira ha vent’anni, la giovinezza del cinema coincide con la sua giovinezza e con un’epoca d’oro, forse mai più tornata, in cui le donne conquistano la scena pubblica, le strade urbane e le macchine da presa. I primi due decenni del Novecento sono il luogo del moderno e della donna nuova, segnati da grandi trasformazioni epocali. La fotografia, il cinema, la città stessa che cambia e diviene metropoli, l’ingresso della donna nello spazio pubblico anche grazie all’industrializzazione e alle nuove comunicazioni. Le donne sono presenti sempre più nei mestieri del cinema – a cominciare dalla colorazione della pellicola e dal montaggio. Complici una guerra mondiale che impegnava gli uomini al fronte e una rivoluzione tecnologica che puntava alla magia del riprodurre la vita nel suo farsi, le donne diventano attive come non mai nella settima arte, non solo come attrici, ma anche come autrici: registe, produttrici, sceneggiatrici. 

Basti pensare all’opera di Alice Guy in Francia e di Lois Weber negli Usa, tanto per citare due nomi più noti. Tutto questo patrimonio femminile, o forse dovremmo dire matrimonio, cade però rapidamente nell’oblio, con la grande crisi e l’avvento del fascismo. 

Dal secondo dopoguerra in poi le donne verranno rimosse dalla storia del cinema come autrici e ricondotte all’ordine, ricordate solo nei ruoli più rassicuranti di diva o di montatrice, di costumista… Saranno gli studi di genere dagli anni Settanta e Ottanta in poi, insieme agli studiosi e alle studiose di cinema muto, a produrre un cambiamento di prospettiva e a riscrivere la storia del cinema guardando alla storia delle donne. 

Ma chi è Elvira? Nata a Salerno nel 1875, Elvira Coda studia alle magistrali. Dopo il trasferimento a Napoli conosce Nicola Notari, che sposa e con cui si dedica alla colorazione delle fotografie e poi delle pellicole, finché non ha un’idea geniale: realizzare in proprio film napoletani, che parlano della realtà popolare dei bassi, dei vicoli, di una Napoli vivida e brulicante di vita e segnata da tragedie e passioni familiari, narrate anche dai romanzi e dalle canzoni. 

Nasce così la Dora Film (dal nome della figlia), in cui Elvira è sceneggiatrice, produttrice, regista, montatrice; mentre il marito si occupa della fotografia e il figlio primogenito Eduardo recita: una casa di produzione a conduzione familiare e diretta da una donna in un’epoca in cui erano solo i mariti ad essere il capofamiglia e a poter gestire le attività professionali ed economiche. 

La Dora Film sembra inarrestabile, con una sessantina di lungometraggi di finzione e centinaia di corti/documentari realizzati tra il 1909 e il 1930. 

Ma l’avvento del fascismo e del cinema sonoro segnano la battuta di arresto definitiva: Elvira si trasferisce a Cava de’ Tirreni e abbandona il cinema. Di tutta l’immensa produzione di Elvira Notari sopravvivono oggi solo pochi titoli: due film-sceneggiata entrambi interpretati da Rosé Angione, insegnante di matematica del figlio Eduardo (‘A Santanotte, E’ piccerella), due film in cui spicca il figlio Eduardo, presente in tutti i film della madre (Fantasia ‘e surdate, L’Italia s’è desta) e due frammenti di documentari che riprendono feste religiose (La festa della SS. Assunta in Avellino e La festa della Madonna della Libera in Trevico), destinate agli emigrati campani negli Stati Uniti. A New York, infatti, Elvira Notari aveva stabilito la succursale americana della Dora Film, realizzando una vera e propria emigrazione culturale: i suoi film, attesi dal pubblico italoamericano, diventavano per gli emigrati un cordone ombelicale cinematografico con la madrepatria e insieme servivano ad Elvira a sfuggire alla censura fascista, che non tollerava l’uso del dialetto napoletano e la presentazione realistica di storie ambientate in ambienti popolari e piene di sangue, tradimenti, duelli e femminicidi. 

Elvira è così in avanti sui tempi che addirittura realizza dei piccoli film su commissione, quando ancora non esistevano social e smartphone: cortometraggi girati su richiesta di famiglie emigrate che volevano rivedere il proprio paese, la festa patronale, i paesaggi e la casa che avevano nel cuore. Ma Elvira non si limita a realizzare film, pensa anche al futuro del cinema e fonda una Scuola d’Arte Cinematografica a Napoli: molti dei/delle interpreti dei suoi film si formano nella sua scuola di recitazione, di impianto realistico, in controtendenza con l’eccesso melodrammatico prevalente all’epoca, facendo debuttare anche due interpreti del calibro di Tina Pica e Carlo Pisacane, che diventeranno poi importanti caratteristi del cinema italiano.

Cosa ci lascia in eredità Elvira Notari? Cosa ancora ci parla del suo cinema? Sicuramente lo stile (il ritmo interno all’inquadratura, anche con riprese in movimento da carrozze o automobili); l’aspetto documentario, capace di catturare lo splendore del vero pur in narrazioni melodrammatiche; l’intermedialità delle sue narrazioni, che si muovono tra diversi linguaggi (letteratura, musica e cinema); l’attenzione ai ruoli femminili, fra tradizione e modernità, lasciandoci indimenticabili ritratti di donne, vittime o ribelli, ma sempre in grado di rivendicare la propria indipendenza.