
Quando sono uscite le voci sul rinvio del suo progetto di film su Frank Sinatra, interpretato da Leonardo DiCaprio, e del progetto del film su Gesù, si è pensato che Martin Scorsese stesse per ritirarsi. Invece no. “Non intendo affatto dire addio al cinema. Ho ancora altri film da fare, e spero che Dio mi dia la forza di farli”.
È piccolo, i capelli sono tutti bianchi, il passo un po’ fragile. Ma lui è combattivo, lucido, e pieno di voglia di fare. Martin Scorsese, 82 anni il prossimo novembre, ha incontrato la stampa oggi a Torino. Dove questa sera, nell’Aula del tempio della Mole Antonelliana, riceverà il premio Stella della Mole. Ci saranno Giuseppe Tornatore, Willem Dafoe, Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, amici da Oscar ad abbracciarlo sul palco.
Il regista, premio Oscar per The Departed, Palma d’oro a Cannes per Taxi Driver, vincitore di quattro Golden Globe di cui uno alla carriera, nel corso di una conversazione con i giornalisti parla anche delle prossime elezioni americane.
“Quando abbiamo girato a Cinecittà Gangs of New York, abbiamo raccontato un’America dell’Ottocento violenta e sanguinaria, dove emergeva un personaggio feroce e violento, il ‘macellaio’, interpretato da Daniel Day-Lewis. Personaggi come lui stanno emergendo di nuovo. Non sappiamo che cosa accadrà fra qualche settimana”, dice Scorsese riferendosi alla data del 5 novembre. “Può continuare la democrazia, oppure può finire questo esperimento”.
“È un momento che pensavo che non avrei mai vissuto. Mi è venuto in mente Federico Fellini, che quando girava Satyricon diceva, camminando sui sanpietrini di Roma; ‘Mi sembra di essere ancora al tempo degli antichi Romani’. Ecco, a me adesso sembra di essere tornato ai tempi di Gangs of New York”. Il film descrive scontri violentissimi fra gruppi etnici di immigrati, per il controllo di New York e, metaforicamente, dell’America tutta.
Introdotto dal presidente del Museo del cinema Enzo Ghigo e dal direttore uscente Domenico De Gaetano, Martin Scorsese torna a parlare di cinema. E rivela il progetto al quale sta lavorando. Riguarda l’Italia.
“Sto girando un film fra Ustica e Taormina. È un documentario sull’archeologia marina”. Il film sarà basato sul progetto di ricerca Shipwreck of Sicily, dell’archeologa subacquea britannica Lisa Briggs, la quale usa l’analisi del Dna su oggetti recuperati da antichi siti di naufragi, per ricostruire la storia di navi, marinai e carichi nel mondo antico.
Il documentario è coprodotto dalla regione siciliana. Si girerà, oltre a Ustica, nel parco archeologico di Selinunte, a Pantelleria, al Museo del satiro danzante di Mazara del Vallo e al museo archeologico Salinas di Palermo, a Erice.
“Ho visto tirar fuori un’anfora dal mare, mi sono emozionato da morire”, dice Martin Scorsese. Che girerà anche nella città da cui proviene parte della sua famiglia. “Fra qualche giorno vedrò Polizzi Generosa, il paese da cui proveniva mio nonno Francesco. Originariamente, il nostro cognome era ‘Scorzese’, con la zeta”, ricorda il regista. “Forse per un’antica provenienza dalla Scozia”.
Ironicamente, il regista premio Oscar viene a dare ragione, dopo vent’anni, ad un attore italiano, Marcello Fonte, che nel 2018 ha vinto il premio come miglior attore a Cannes per Dogman di Matteo Garrone. Quando ancora era una sconosciuta comparsa in Gangs of New York , Marcello Fonte era convinto che quel regista – a lui perfettamente sconosciuto – venisse chiamato così perché effettivamente proveniente dalla Scozia. “Dicevano sempre ‘Scozzese, Scozzese’, e io che ne sapevo? Per me veniva dalla Scozia”, ricordava Marcello Fonte.
Dall’antichità archeologica al futuro. “Il cinema di domani? Magari vedremo tutto grazie a un chip impiantato nella nostra testa. L’Orlando furioso in realtà virtuale, o l’Amleto, come sarebbero? Vedresti il principe di Danimarca davanti a te, come fosse in carne e ossa. Che esperienza sarebbe? Ma quello che conta è sempre una cosa sola: se sei in grado di dire qualcosa, di comunicare, di raccontare una storia. Raccontare storie serve a capire chi siamo”.
Storie che nel cinema di Scorsese riguardano spesso la violenza. Qualcuno gli chiede se si consideri un buon maestro oppure no. “Non lo so. Ma credo che la violenza sia parte di quello che siamo. Quando crescevo, per strada, era parte della nostra storia. Ho visto tante persone perbene fare cose brutte. La violenza fa parte del nostro interagire: c’è violenza anche in una riunione di produzione, o nel consiglio di amministrazione di una banca. Solo che è una violenza più ‘civile’, mascherata. Ma anche quando si evita di guardare qualcuno, anche questa è violenza”.
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