
Il 24 gennaio, per 24 ore, è accaduto qualcosa di inconsueto e non ordinario. Si tratta del live streaming di un documentario su e con Brian Eno che racconta i mille rivoli della sua storia di artista e compositore, fra arte musica e video. Ne abbiamo visti molti, di questo genere, ma questo evento dal titolo ENO, è speciale. Innanzitutto, per le sue modalità di fruizione. Ogni 4 ore e mezza il documentario, infatti, viene trasmesso in forma differente: in 24 ore ne vengono mandate ben 6 versioni diverse. Ci si potrebbe chiedere il perché.
Tutto nasce da “Nothing can ever be the same”, un’installazione video della durata di 168 ore realizzata dal regista americano Gary Hustwit e dall’artista britannico Brendan Dawes per la Biennale di Venezia 2023.
L’opera si concentra sulla musica, l’arte visiva e le idee di Brian Eno, proponendo un’esperienza di cinema aleatorio, grazie a un software generativo creato appositamente dai due autori: un film che risulta sempre unico e diverso a ogni proiezione.
Ci sono diversi materiali in comune fra quella istallazione e questo evento in live stream che quindi è molto più di un semplice film: si tratta di un’esperienza immersiva di 24 ore che combina cinema, arte e musica, con diverse versioni uniche del documentario generate continuamente.
L’idea però non va semplicemente considerata come una delle tante possibilità dell’intelligenza artificiale. Le idee di generatività di Eno sulla musica e l’arte risalgono ad almeno 50 anni fa (se non di più, come egli afferma nel documentario).
Per Brian Eno creare musica non è una costruzione architettonica finita, ma l’invenzione di un sistema che ha in sé un processo di evoluzione. “Quando ho iniziato a scrivere musica, a 16-17, anni mi sono interessato alla costruzione di sistemi per la creazione di musica. La prima volta è avvenuto con 3 velocità diverse di un registratore a nastro. Ne ero così affascinato”
La differenza fra comporre musica evolutiva e comporre musiche basate su una forma definita è per lui come “la differenza fra fare giardinaggio e costruire un’architettura”. Nel fare giardinaggio si possono creare volontariamente le condizioni perché qualcosa avvenga, con tutte le incertezze, i fallimenti, ma anche le sorprese che avvengono in natura, qualcosa che non può avvenire in architettura.
La volontà, quindi, è quella di generare una creatura che nel tempo sappia crescere ed evolversi.
“Non ho mai fatto lo stesso concerto nella mia vita; quindi, non posso dire che quello precedente sia venuto meglio o peggio, semplicemente perché sono due eventi diversi che nascono da idee simili”.
Per Brian Eno essere un’artista è innanzitutto una posizione filosofica. Non avrebbe accettato un documentario su di lui che fosse una storia lineare. Questo film generativo è continuamente cangiante, mutando in modo immediato e imprevisto e per questo è possibile che ad ogni fruizione il film risulti montato diversamente senza perdere di senso.
Secondo Eno è la vita che non si può raccontare in modo uniforme e lineare. A volte una settimana può avere più impatto nella nostra vita che i tre anni precedenti e col passare del tempo può accadere di valutare diversamente quegli impatti. Tutta la percezione della nostra vita passata, dunque, può cambiare più volte.
Nel documentario sono straordinari le immagini dei vari periodi della sua storia musicale, dal periodo dei Roxy Music in cui, truccatissimo, si considerava un uomo diverso, alle collaborazioni con David Bowie, David Byrne, gli U2, e i giochi con i cartellini chiamati “Strategie Oblique” da lui scritti, in cui in ogni biglietto si davano istruzioni per un’azione diversa. Faceva pescare ai diversi musicisti di una band biglietti differenti e ognuno, suonando, doveva seguire quel tipo di idea senza comunicarla agli altri. Ne nascevano versioni degli stessi pezzi sempre uniche e singolari.
Eno naturalmente spiega anche quanto siano stati importanti per la sua crescita compositori come Terry Riley, Steve Reich, La Monte Young, e altri minimalisti dello stesso periodo, mettendo comunque l’accento soprattutto sul pensiero di John Cage sul silenzio.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma