Suoni, visioni, fatti: sfida all’ultima nota tra Cohen e Bowie (all’ombra degli Oscar)

Documentari che fanno parlare di sé, ma che raccontano gli artisti in modo diametralmente opposto: "Moonage Daydream" e "Hallelujah". Dalla verità fattuale al sogno immaginifico

Di THR ROMA

Ai margini della corsa agli Oscar (stiamo parlando di due film che si erano affacciati alla shortlist di 15 titoli per le nomination) ci sono stati due documentari musicali di cui si è fatto un gran parlare negli ultimi mesi. Praticamente un duello nel segno di due dei più straordinari eroi musicali del “secolo breve”, ossia Leonard Cohen e David Bowie. E si tratta di due racconti musicali molto diversi l’uno dall’altro, dal punto di vista della produzione e della narrativa.

Un’infinità di cover

Hallelujah: Leonard Cohen, a Journey, a Song offre una biografia del poeta e cantautore canadese, “incorniciata”, per così dire, da uno dei suoi brani più celebri, oggetto di un’infinità di cover. Utilizzando Hallelujah come trampolino di lancio per un’immersione profonda nel processo artistico e di scrittura di Cohen, il film rivela che Cohen ha trascorso anni a scrivere questa canzone, un pezzo che avrebbe definito la sua eredità. Il paradosso della storia però dice che ha faticato non poco a trovare un pubblico quando è stata pubblicata nell’album Various Positions del 1984.

Ma è stato grazie alle versioni del brano realizzate da altri artisti –  tra gli altri citiamo John Cale, Jeff Buckley e Rufus Wainwright, quest’ultimo presente nella colonna sonora di Shrek – che la canzone è diventata la più riconoscibile di Cohen. Considerando che il prolifico Leonard ha visto molte delle sue canzoni incise da altri artisti, è giusto che Hallelujah contenga anche commenti di artisti del calibro di Brandi Carlile, Judy Collins, Glen Hansard e Regina Spektor.

La biografia “sensoriale” del Duca Bianco

Con un approccio documentaristico meno convenzionale, Moonage Daydream più che un film è una biografia sensoriale e coinvolgente di David Bowie. Scritto e diretto da Brett Morgan, già autore del documentario su Kurt Cobain Montage of Heck e del lungometraggio sui Rolling Stones Crossfire Hurricane, Moonage Daydream adotta un approccio simile, affidandosi interamente a filmati d’archivio – e a nessuna voce fuori campo – per esaminare la spinta creativa di Bowie, dagli esordi come superstar del glam-rock fino all’ultimo album Black Star, pubblicato appena due giorni prima della morte del cantautore, avvenuta nel 2016 per un tumore.

Nel corso del film, che segue le numerose personalità ed epoche della rockstar, è Bowie stesso a offrire il contesto e le ispirazioni alla base del suo lavoro creativo. Forse la cosa più interessante, soprattutto per i fan di Bowie, è la colonna sonora, composta da demo, riprese alternative e remix delle canzoni più famose del “Duca bianco”.