Il terzo film da regista di Marco D’Amore dopo l’Immortale e Napoli magica è al cinema. Contrariamente a quello che può evocare il titolo, Caracas non si riferisce alla capitale sudamericana. Il film non è ambientato nell’esotico Venezuela, in effetti l’ex Ciro di Gomorra non è andato molto lontano da Secondigliano. Anche questa volta il capoluogo campano, in particolare la zona intorno alla ferrovia, è lo scenario di questo nuovo capitolo dell’attore e regista di Caserta.
“Caracas è l’ultimo tra gli ultimi, è un uomo che milita nell’estrema destra e che sta per convertirsi all’Islam, alla ricerca di una verità sull’esistenza che non sa trovare. È il Cristo della ferrovia, che non sembra un quartiere di Napoli, ma un barrio sudamericano, una favela brasiliana, una baraccopoli indiana. Eppure tra i vicoli di questa Babele, nell’umido delle sue strade, tutti sentono di poter realizzare i propri sogni. Tutti sperano di non perdersi, di salvarsi. È il protagonista di una città abbandonata, sfatta, abusata, dannata e sfrontata ma bellissima. Al suo fianco ha trovato un grande vecchio, un romanziere che si aggira nei budelli di una città che non c’è più ma che è stata casa sua”, spiega il regista Marco D’Amore, che in questo nuovo capitolo della sua vita professionale ha voluto accanto a sé, nel ruolo dello scrittore, Toni Servillo.
La stima tra D’Amore e Servillo
“Molti di voi non conoscono la vera storia artistica di Marco D’Amore, che non nasce nel cinema ma nel passato, ed è la ragione per cui con piacere ho accettato di fare questo suo film”, rivela Servillo. “Ci siamo conosciuti in un luogo che il pubblico frequenta da molti secoli, ancora prima della radio, della televisione, di internet, delle piattaforme, del cinema: è il teatro. Io, grazie a Mario Martone, ho cominciato poi a fare anche il cinema, e poi con Paolo Sorrentino, con Matteo Garrone, con Marco Bellocchio, e così via. Allo stesso modo Marco ha cominciato a fare il cinema ma senza mai abbandonare il teatro. L’idea che questa volta, invece di stare lui con me, nella compagnia teatrale, in giro per il mondo, a fare tanti spettacoli, fossi io a dover essere diretto da lui, l’ho trovato una cosa bella della vita, al di là del meraviglioso libro di Rea”, spiega il grande interprete de Il Divo.
“Giordano Fonte è uno scrittore napoletano che si aggira in una Napoli che inghiotte e terrorizza ma allo stesso tempo affascina, una città che non riconosce più dopo esservi tornato dopo molti anni”, lo interrompe Marco D’Amore entusiasta del risultato finale. “Giordano vuole smettere di scrivere perché sa che essere tornato è stato un errore. Interpretato magistralmente da un grandissimo Toni, non lo dirò io, lo direte voi quando lo andrete a vedere, in una versione veramente poetica di sé, per questo non finirò mai di ringraziarlo, perché si è spogliato di tutta la sua potenza per essere l’alter ego di quello che è questo grande scrittore, prendendo spunto da Ermanno Rea, dal suo Napoli Ferrovia, che è un capolavoro di romanzo, che noi abbiamo rispettato e allo stesso tempo tradito, spero per questo arrivi alla gente”.
La trama
“C’è questo scrittore che decide di tornare nella sua città, dove mancava da tantissimi anni, per cercare forse niente, forse una parte di se stesso, e decide di fare questa ricerca in questo perimetro della disperazione, che è il quartiere intorno alla ferrovia a Napoli, guardandolo fino in fondo, raschiando il barile, raschiando in fondo questo strano personaggio che si chiama Caracas, che è un nazistino che si va convertendo all’islamismo e che in realtà ha questa idea fissa di ergersi a paladino degli ultimi, dei deboli, degli indifesi. In questo incontro, questo scrittore moltiplica il suo sbattimento, ma soprattutto non riesce a trovare le parole per raccontarlo. Forse con le belle immagini che potete vedere nel film Marco riesce invece a dirci qualche cosa, a raccontarlo”, aggiunge l’interprete di Jep Gambardella ne La grande bellezza.
“Questo film è complesso, è difficile e duro da digerire, però secondo me ha molto a che fare con il presente e ha insieme una somma di talenti, per questo ringrazio ancora i produttori che mi hanno dato la libertà di poter raccontare questa storia che secondo me ha nella complessità la sua forza. Io sono ancora convinto e fiducioso del fatto che ci siano esseri umani che hanno la necessità e il bisogno e la voglia di confrontarsi con la complessità dei messaggi”, gli fa eco Marco D’Amore.
“È stata una collaborazione felicissima e io mi sono affidato a Marco con la diligenza che cerco di avere con tutti gli altri registi. Mi piace molto essere diretto e Marco mi ha diretto facendomi sentire completamente a mio agio. Dà veramente una prova di regia di altissimo livello che non è scontata perché siamo al terzo film. Quindi davvero complimenti a Marco”, conclude affettuosamente Servillo.
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