Giuseppe Zeno: “Sono i personaggi a scegliere noi” (Esclusiva)

Innamorato di Anna Valle su Canale 5 e di Maria Chiara Giannetta e Serena Rossi su Rai Uno, a teatro nei panni che furono di Giannini, nel film "Muti" a fianco di Morgan Freeman e prossimamente protagonista su Netflix della serie di Ivan Cotroneo

È considerato il fidanzatino ideale d’Italia. Tutte le protagoniste delle serie tv si innamorano di lui, o meglio dei personaggi che Giuseppe Zeno interpreta. Serena Rossi in Mina Settembre, Maria Chiara Giannetta in Blanca, e recentemente Anna Valle in Luce dei tuoi occhi, il cui finale di stagione andrà in onda domani sera in prima serata su Canale 5. Alla domanda se il marchio di attore di fiction televisive lo abbia penalizzato nella carriera cinematografica, Giuseppe Zeno risponde in maniera risoluta: “Non me ne frega un cazzo, detto proprio fuori dai denti: se questo pregiudizio c’è, io non lo subisco ed è solo un gran peccato per chi lo vive”.

Giuseppe Zeno al cinema in Usa e in Italia

I fatti sembrano dargli ragione perché è uno degli attori più impegnati degli ultimi anni. Fiction, serie tv, cinema, teatro, senza soluzione di continuità. E’ appena uscito negli Usa Mafia Mamma diretto da Catherine Hardwicke con Toni Collette e Monica Bellucci e nelle sale italiane Muti, diretto da George Gallo con protagonisti Cole Hauser e Morgan Freeman: “Purtroppo non c’è stata interazione con Morgan Freeman, perché avendolo girato in piena pandemia, molte scene, che prima avrebbero dovuto fare in Italia, sono state fatte in America”.

Lo abbiamo intervistato durante una pausa sul set in Salento de La vita che volevi. La serie in sei episodi creata, scritta e diretta da Ivan Cotroneo e Monica Rametta, che ha come protagonisti Vittoria Schisano e Giuseppe Zeno. La produzione è a cura di Massimo Del Frate, Head of Drama per Banijay Studios Italy.

Anche questa volta Giuseppe Zeno finirà per innamorarsi della protagonista, in questo caso Vittoria Schisano?

Non so cosa potrei raccontarle perché, essendo una storia inedita, credo si possa raccontare poco. Posso dirle che è una grandissima storia d’amore votata all’abbattimento di qualsiasi pregiudizio. Un amore libero, a 360 gradi, non solo tra uomo e donna. È un bellissimo messaggio di altruismo, di amori possibili.

Non sfugga alla domanda: sboccerà l’amore anche questa volta?

Dante Alighieri ha scritto La Divina Commedia perché innamorato di Beatrice. Il 90% delle canzoni parla d’amore. Non posso dirti se la protagonista si innamora di me o io di lei. Ma il fatto stesso che sia una serie che andrà su Netflix vuol dire che non è indirizzata al pubblico di una televisione generalista. Vuol dire che tratta e va ad approfondire un argomento che, secondo me, è molto d’attualità.

Protagonista di Luce dei tuoi occhi 

E’ arrivata l’ultima puntata della seconda stagione di Luce dei tuoi occhi. Com’è stata questa esperienza?

E‘ stata molto bella, perché si è venuto a creare un gruppo di lavoro bello forte. Ho oramai un rapporto consolidato di amicizia con il regista Fabrizio Costa, con il quale c’è un’intesa straordinaria. Abbiamo lavorato in un clima sereno, che non sempre, diciamo, in questo lavoro, un po’ per il tempo, un po’ per tutta una serie di cose, si riesce ad ottenere.

Perché secondo lei ha tanto successo?

Perché si parla di adolescenti, si parla dell’amore di una madre che non ha potuto vivere e crescere con sua figlia e che nutre e coltiva la speranza di poterlo un giorno fare.

Giuseppe Zeno insieme a Anna Valle in Luce dei tuoi occhi

Giuseppe Zeno insieme a Anna Valle in Luce dei tuoi occhi

Come è stato lavorare con Anna Valle?

Anna Valle è stata una scoperta non solo come attrice ma come persona.  È una donna straordinaria, ormai realizzata, professionalmente appagata, tutto questo fa sì che lavori in totale apertura. Abbiamo molte scene drammatiche insieme, con tanta tensione tra i due e lei tanta disperazione, perché sempre continuamente alla ricerca della figlia. A volte prima del ciak ci veniva da ridere come due deficienti, per simpatia, per complicità. Faticavamo molto a tornare seri, tanto da dover indurre il regista a riprenderci continuamente.

Vi frequentate anche fuori dall’ambiente di lavoro?

E’difficile che poi frequenti o continui a frequentare colleghi, anche se sul lavoro possono nascere delle amicizie. Anna l’ho trovata una collega ideale, un’amica più che una collega.

Al cinema con Mafia Mamma e Muti

E’ appena uscito al cinema Muti (The Ritual Killer), diretto da George Gallo, Luca Giliberto e Francesco Cinquemani con protagonisti Cole Hauser e Morgan Freeman. Le è venuta un po’ di ansia per essere uscito fuori dai confini nazionali?

E’ un film che ho fatto con la spensieratezza e senza l’ansia di chi non deve comunque dimostrare qualcosa. Ti viene affidato un personaggio e crei un confronto. Certo, in un progetto del genere, che ha l’ambizione di avere un respiro internazionale, forse la responsabilità è maggiore, diciamo una sorta di ansia da prestazione. Io l’ho vissuta con la genuinità di chi semplicemente voleva godersi questa esperienza in un’altra lingua, cercando di fare bene il proprio lavoro, mischiando un po’ l’italiano con l’inglese… italianizzando.

E’ dispiaciuto non aver interagito con il premio Oscar Morgan Freeman? 

E’ l’unico rammarico. E’ stato un film totalmente diviso. C’è stata interazione solo con il regista. Avevamo Francesco Cinquemani che dirigeva il set italiano, coadiuvato dal regista George Gallo in America, il quale, attraverso la nostra macchina da presa, vedeva tutto quello che facevamo. Potenza della tecnologia.

Ha partecipato anche al film Mafia Mamma, appena uscito negli Stati Uniti con Toni Collette e Monica Bellucci…

Un’esperienza molto bella. Mafia Mamma è una commedia brillante che fa un po’ il verso a quelli che sono stati tutti i mafia movie del passato, con tante citazioni di altri celebri film come Il Padrino. È un film ricco di goliardia. Girato quasi tutto a Roma.

Questa volta ha recitato con Toni Collette?

Si e sono stati dei ciak molto divertenti, momenti in cui si faceva anche fatica ad andare avanti. Lei era  uno spasso sul set, anche nel suo modo di porsi come personaggio. Poi con il suo accento prettamente americano insomma. Toni Collette è riuscita dall’alto della sua grande esperienza di attrice a coinvolgere davvero tutti.

Il successo di Blanca su Rai Uno

Ha appena finito di girare la seconda stagione di Blanca per Rai Uno. A giudicare delle fiction a cui lei partecipa possiamo dire che è bravo nella selezione dei copioni, oppure è solo fortuna?

Guardi, io credo assolutamente nelle storie. E’ chiaro che quando leggi un copione è un po’ come leggere un libro o come quando entri in un appartamento per la prima volta, o in una camera d’albergo. Si ha subito il sentore che quella roba lì è una camera nella quale potresti trovarti a tuo agio o se quella è la casa nella quale vivresti o no. Lo avverti dal colore delle mura, dagli spazi, dall’odore, da tutta una serie di cose.

Quindi si lascia guidare solo dall’istinto?

Quando leggi una sceneggiatura come quella di Blanca – che poi è tratta dai romanzi di Patrizia Rinaldi, da una penna che sa scrivere – ti trovi ad affrontare un argomento come l’inclusività, il fatto che lei sia cieca, e non lo vive come un limite, vuol dire che in realtà c’è un forte messaggio di incoraggiamento. Ho avvertito subito che questo progetto avrebbe avuto un grandissimo potenziale.

Ci vuole anche una buona dose di fortuna?

Nella sostanza credo che non siamo noi attori a scegliere, ma sono i personaggi che scelgono noi. Io quando leggo quelle favole che alcuni colleghi raccontano tipo: io seleziono molto, io scelgo quello che faccio, penso sempre che secondo me non è vero. Tu non scegli quello che fai, scegli semplicemente sulla base di quello che ti viene proposto.

Non è il contrario?

Sono sempre i personaggi che scelgono te. Tu scegli solo in quella fetta di cose che ti vengono proposte e che potresti interpretare, ma non sei tu a scegliere. E’ l’attore a scegliere solo quando diventa anche autore e regista. Sempre che che ti diano la possibilità di poterlo fare. Esattamente come fece Mel Gibson in Bravehart. Un film che scrisse, produsse, diresse. In quel caso puoi dire di aver scelto tu. Ma nel momento in cui vieni scelto come attore, scegli sempre in base a una serie di proposte che ti arrivano.

Abbiamo in previsione di fare come Mel Gibson in futuro?

Adesso se le dicessi di sì, lei poi ci fa il titolo “Giuseppe Zeno come Mel Gibson” e poi la gente pensa, ammazza che fanatico questo! Accostamenti con dei nomi del genere fanno solo tremare. Voleva semplicemente essere un esempio, poi è chiaro che se mi dovesse arrivare una proposta del genere, sono quelle proposte che ti fanno tremare, ti responsabilizzano, ti danno anche il metro della misura, ti dicono dove sei arrivato.

Un'immagine del film Muti

Un’immagine del film Muti

Non le piacerebbe passare dietro la cinepresa?

Se sentissi fortemente l’esigenza di doverlo fare, sì. Io ho grande rispetto per chi fa il regista e trovo che sia un altro lavoro, soprattutto per chi lo sa fare bene. Jan Maria Michelini, che mi ha diretto in Blanca, e Fabrizio Costa in Luce nei tuoi occhi, sono davvero molto bravi. Per la prima volta sarò diretto da Ivan Cotroneo: trovo che abbia delle idee, uno spessore culturale molto forte. Fare il regista è un altro lavoro rispetto a quello dell’attore, è come scrivere un romanzo, è come scrivere poesie. Io metto in gioco me stesso, il regista metta in gioco la sua visione delle cose.

Giuseppe Zeno e l’esperienza a teatro

Come se non bastasse sarà presto a teatro con Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto di Lina Wertmuller, nel ruolo che fu di Giancarlo Giannini…

Il teatro non lo voglio assolutamente tralasciare, è quello che ti dice realmente il pubblico cosa pensa di te. Specie nell’epoca dei social, dove spesso molti addetti ai lavori vanno a guardare i numeri social, i followers, i like eccetera. Io inviterei questi signori ad andare a teatro a vedere realmente quante persone vanno a vedere uno spettacolo piuttosto che i loro like.

I social possono davvero influenzare le scelte delle produzioni?

Il like è a portata di mano, lo può mettere anche un ragazzino o un adolescente. È un numero fino a se stesso. Mentre invece fa molto piacere quando in tournée vedi gente che si fa anche 200 chilometri per venirti a vedere. Ecco, questo secondo me vale molto più di migliaia di like che si possono ottenere attraverso i social. Quella è la vera dimostrazione dell’affetto del pubblico, della stima. Il pubblico è colui per il quale noi cerchiamo di fare sempre del nostro meglio, di andare avanti.

 Ma è la tv a dare popolarità…

 La tv dà sicuramente tanta popolarità. Il teatro è quella cosa che ti rende vivo in quel momento là e dal primo giorno che l’ho fatto è sempre stato così.

Come gestisce questo rapporto?

La popolarità secondo me non va necessariamente gestita, va da sé. Se riferito ai social io non mi affanno e non trovo l’esigenza di essere sempre  presente o di dover condividere o mettere delle foto quotidianamente per aumentare i like. Se vede la mia pagina magari passano settimane o mesi tra una foto pubblicata e l’altra.

Non ci tiene ad aggiornare i suoi fan?

Non mi scompone l’idea di restare una settimana o un mese senza pubblicare, non ho l’ansia o il timore di perdere qualche follower. Trovo che siano uno strumento utile a far conoscere il proprio lavoro e magari condividere qualche momento della propria vita, qualche momento che si ha voglia di condividere con chi ti segue. Io voglio avere i follower perché faccio l’attore. Non voglio fare l’attore perché ho tanti follower.

La cosa più divertente che le è successa ultimamente durante un ciak?

Una scena in barca per Blanca. Siamo usciti con un mare agitato per girare questa sequenza. Una gran fatica perché ogni due minuti una persona si sentiva male, doveva essere recuperata dal gommone e portata a terra. Alla fine ci siamo ritrovati io, l’altra persona con la quale dovevo interagire sulla barca e il regista con la macchina da presa incollata.

Il copione a cui ha dovuto rinunciare e che poi ha visto realizzare, pentendosene?

Ce ne sono un paio che non ho potuto fare per precedenti impegni e di cui non le farò mai i nomi perché non sarebbe carino nei confronti dei colleghi che poi hanno fatto questa cosa e che magari ne hanno tratto grandissimo beneficio. E poi ci sono  progetti ai quali avrei voluto prendere parte, ma non mi è stata concessa neanche l’opportunità di poter accedere al provino. Ma anche in questo caso non posso dirti che progetto era.

Giuseppe Zeno ha qualche collega che stima?

Ammiro tantissimo il tipo di percorso che ha fatto Elio Germano, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria. Trovo che ci sia una generazione di attori molto valida. Apprezzo tantissimo Kim Rossi Stuart che pur essendo nato con un certo tipo di televisione, ricordiamo Fantaghirò, un certo tipo di cinema, trovo che adesso sia tra gli attori della sua generazione, uno dei più forti. E’ riuscito a formarsi, è riuscito a scardinare, a rompere quel muro del bello e ha usato solo lo spessore.

La vita privata

Lei è felice in questo momento?

Molto, molto, molto. Stanco, ma felice. Quindi la felicità e la stanchezza si trovano in quella via di mezzo che è la sana malinconia. Sono in quella fase in cui mi trovo a compiere gli anni, sono il genitore di due splendide bambine, di una donna straordinaria che mi sta accanto e che sembra almeno ad oggi capire e comprendere tutta una serie di necessità.

Lei è sposato con la collega Margareth Madè: come riuscite a conciliare le vostre rispettive carriere?

Perché guardiamo nella stessa direzione, sappiamo di essere responsabili, e genitori di due bambine, che quindi è un momento molto importante delle nostre vite, ma soprattutto della vita delle nostre figlie, verso le quali dobbiamo sicuramente fare dei grandi sacrifici. Quando abbiamo entrambi impegni professionali ci affidiamo a delle persone che ci danno una mano, magari a un parente, ai nonni o piuttosto che a una babysitter, a una persona di fiducia, come chiunque.