T-shirt color panna, camicia a mezze maniche marrone e jeans. Richard Linklater compare seduto su una poltrona in pelle dall’altra parte dello schermo quando lo incontriamo per parlare di Hit Man – Killer per caso, straordinaria screwball comedy moderna immersa in un’atmosfera da noir presentata a Venezia 80 (qui la nostra intervista) e al cinema dal 27 giugno con BiM Distribuzione.
“Nice to see you” esordisce il regista di film culto come Prima dell’alba e Boyhood da un albergo di Austin, Texas, dove c’è stata la première di Hit Man: è lo stato natale suo e di Glen Powell, protagonista e co-sceneggiatore, che hanno portato sul grande schermo una storia ispirata alla vita di Gary Johnson. Un professore universitario che, tra gli anni Ottanta e Novanta, accettò un lavoro come investigatore per l’ufficio del procuratore distrettuale di Houston fingendosi un killer per sventare possibili omicidi e incastrare i mandanti.
Travestimenti sempre diversi e molto materiale audio e cartaceo dedicato ai vari casi. Una storia raccontata dal giornalista Skip Hollandsworth sulle pagine di Texas Monthly a cui Linklater ha pensato per anni senza riuscire a trovare la quadra. Almeno fino a quando Glen Powell non gli ha proposto di concentrarsi e prendere ispirazione da uno solo dei casi di Johnson: quello di una giovane donna che il finto sicario convinse a tornare sui suoi passi e annullare il piano omicida per il quale lo aveva contattato.
Nel film la donna in questione ha il volto di Adria Arjona che commissiona al Gary Johnson di Glen Powell di uccidere il marito. Ma in Hit Man – Killer per caso l’incontro tra di due si trasformerà in una relazione che porterà a situazioni tanto bollenti quanto pericolose.
Richard Linklater e l’enigma Gary Johnson
Quello di Richard Linklater, oltre ad essere un film irresistibile grazie ad una sceneggiatura da manuale e grandi prove attoriali, è anche una riflessione sull’identità attraverso un personaggio come quello di Gary Johnson. Un uomo realmente esistito che ha trascorso un’esistenza da “Nowhere Man” per citare i Beatles ma che, al tempo stesso, ha dimostrato di essere a suo modo un grande attore. Richard Linklater a Glen Powell hanno trascorso molto tempo ad ascoltare le sue registrazioni e leggere i suoi appunti. Questo ha permesso loro di capire meglio chi fosse quell’uomo o è rimasto un enigma?
“Un po’ entrambe le cose”, confida il regista a THR Roma. “Sentivo di averlo sicuramente capito, non solo conoscendolo un po’, ma ascoltando tutte quelle cose. Aveva un tono schietto e concreto che di solito dava alle persone la certezza che fosse un tipo pratico che si impegnasse a portare a termine i suoi compiti. Gary era stato nell’esercito e aveva combattuto in Vietnam. Aveva molta esperienza di vita. Ma penso che fosse anche un tipo di insegnante molto gentile, premuroso e zen. Quindi non lo so. Non penso che lo capirò mai del tutto. Ma a tutti quelli con cui ho parlato e che lo hanno conosciuto è piaciuto davvero, davvero, davvero tanto e non avevano altro che cose positive da dire su di lui”.
Lo stato attuale dell’industria cinematografica
Hit Man – Killer per caso ha ricevuto un’accoglienza entusiasta da parte di pubblico e critica dimostrando che c’è un pubblico desideroso di vedere film che giocano con i generi e in cui la sceneggiatura ha ancora un ruolo centrale. Aspetti che Studios, broadcaster e produttori non sempre tengono a mente.
“Il nostro settore è stato in gran parte rilevato dalla macchina commerciale, una specie di dipartimenti di marketing e cose del genere”, sottolinea Linklater. “E adesso il concetto di intrattenimento cinematografico è così infantile. Voglio dire, lavori duro, certamente, ma non dovrebbe essere un livello così alto creare un intrattenimento che piaccia agli adulti e che faccia riflettere”.
“Volevo che Hit Man fosse un thriller sexy, ma è decisamente per adulti. Da qualche parte lungo il nostro percorso è diventato un qualcosa d’insolito. Ma questa è solo un’accusa contro ciò che è mainstream. Il mainstream è invecchiato. Si sta cercando di soddisfare i bambini, mentre quando ero bambino io, ammiravamo i film per adulti. Si prendeva spunto. E non vedevi l’ora di diventare adulto, perché sembrava piuttosto interessante”, continua il regista.
“Sembrava un po’ sexy, un po’ spaventoso, ma anche affascinante. Non vedevo l’ora di crescere. Ora penso che l’atmosfera generale sia quella di non crescere mai. Rimani semplicemente un bambino nella tua mente e nel tuo corpo. Non so cosa sia tutto questo. ‘Non fare sesso’: non so quali segnali vengano inviati, ma non è una bella sensazione”.
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