Un ragazzo un po’ imbranato, uno psicopatico, un uomo sicuro di sé, un esaltato in giacca e cravatta, un fanatico delle armi. Chi era Gary Johnson? Tutti e nessuno. Un professore universitario di sicuro ma che, tra gli anni Ottanta e Novanta, decise di accettare un lavoro nell’ufficio del procuratore distrettuale di Houston diventando in poco tempo un fittizio sicario chiamato a sventare omicidi e far arrestare i suoi mandanti. Una storia così incredibile da essere raccontata sulle pagine di Texas Monthly dal giornalista Skip Hollandsworth. Leggendo quell’articolo a Richard Linklater venne l’idea per la sceneggiatura di Hit Man – Killer per caso che, però, rimase ferma per anni.
Solo una volta che il regista ha condiviso quella storia con Glen Powell ecco che, finalmente, quello stallo si è trasformato in un film vero e proprio di cui l’attore più richiesto da Hollywood è diventato anche protagonista e co-produttore oltre che co-sceneggiatore.
Presentato fuori concorso a Venezia 80 e in sala dal 27 giugno con BiM Distribuzione, il film racconta la storia di un insegnante di psicologia un po’ impacciato, che vive con i suoi gatti e collabora sotto copertura per il dipartimento di polizia di New Orleans. Ma quando gli viene chiesto di fingersi un killer, Gary scopre una dote innata. Quella cioè di fingersi chiunque voglia essere. È così che incontra Madison (Adria Arjona), una giovane donna che gli commissiona l’omicidio del marito. Peccato che, invece, di mandarla in carcere, il finto sicario inizi con lei una relazione.
Glen Powell, Adria Arjona e il pubblico sempre in mente
Ampiamente applaudito ovunque sia stato presentato, film più visto negli Stati Uniti su Netflix e certificato al 97% fresh su Rotten Tomatoes, Hit Man – Killer per caso è uno di quei film capaci di realizzare uno degli scopi del cinema: riunire le persone. “Quando stavamo lavorando a questo film e lo stavamo sviluppando, tra una sorta di thriller erotico e una screwball comedy, dovevamo sempre mantenere il pubblico nella nostra mente”, ricorda Powell.
“Con tutte le trame diverse e gli intrecci che dovevamo fare, dovevamo ricordarci dove fosse e come tenerlo coinvolto. Vedere il pubblico guardare questo film è stata la parte più interessante per noi. Perché prendiamo i generi e li infondiamo di tutti altri generi diversi e li sovvertiamo simultaneamente. Penso che il pubblico non abbia idea di dove vada”.
“Non giochiamo con i cliché, quindi alla fine Hit Man diventa un vero toccasana, e ti lascia con un messaggio gioioso. Che è ancora più folle”, continua l’attore. “Non stiamo giocando con il noir o con questo tipo di temi nichilisti. Stiamo lasciando al pubblico una molla davvero divertente verso l’essere che vuole diventare”.
“Voglio dire, il fatto che la gente applauda nel bel mezzo della pellicola mi ha semplicemente sbalordito. Ero tipo ‘Cosa sta succedendo? Il film non è nemmeno ancora finito’”, le fa eco Adria Arjona. “Avevo sentito dire che era successo, ma in un certo senso pensi: ‘Oh, non succederà più’. E il fatto che continui a succedere ti fa dire: ‘Oh cavolo’. Alla première di Austin avevo Richard proprio di fronte a me, quindi è era come se fosse davvero speciale. Era come dire: ‘Rick, ce l’hai fatta’.
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