Il paragone più scomodato per descrivere Talia Ryder è Winona Ryder. Non per la quasi omonimia del cognome, ma perché ha davvero lo stesso sguardo riservato che aveva l’attrice in L’età dell’innocenza, o in Dracula; la stessa fine delicatezza, quel modo davvero simile di volgere un po’ timidamente il viso verso il basso, pur mantenendo il contatto visivo. Ryder (Mai raramente a volte sempre, Do Revenge, West Side Story) parla piano, con un po’ d’incertezza, come se non fosse certa del motivo per cui si stia facendo una domanda proprio a lei. Sembra molto contenta, però, quando le si chiede un progetto che le piacerebbe fare: “Ho iniziato come ballerina, quindi mi piacerebbe fare un musical da protagonista. Ah, anzi, vorrei fare tap dance in un film, sarebbe divertente! Tipo cabaret”.
Talia Ryder, insomma, sembra essere tutto il contrario di Lilian, l’adolescente sfrontata che l’attrice interpreta in The Sweet East (anche se afferma che “interpretarla mi è venuto abbastanza naturale”). Il film, esordio alla regia di Sean Price Williams, è stato presentato per la prima volta a Cannes nel 2023. La sua anteprima italiana è stata invece giovedì 13 giugno, al Biografilm Festival di Bologna. Un po’ storia di formazione e un po’ road movie, The Sweet East si presenta come una satira della società americana attraverso gli occhi della sua protagonista, raccontando la serie di incontri folli e casuali che le capitano durante il suo viaggio.
La trama di The Sweet East
Scappando da casa (o da se stessa, non viene mai esplicitato) Lilian incontra diversi personaggi, ognuno dei quali rappresenta un capitolo della sua avventura. Un gruppo di punk antifa che la portano a picchiare dei fascisti; Lawrence (Simon Rex), un uomo di estrema destra che la venera ma non oserebbe mai toccarla; Molly (Ayo Edebiri) e Matthew (Jeremy O. Harris), che la scritturano per il film che stanno girando con Ian (Jacob Elordi). E infine Mohammed (Rish Shah), che la nasconde dai suoi fratelli in una baracca dietro casa sua.
La divisione in capitoli fa sì che il tono di The Sweet East cambi come su una montagna russa – ed è facile uscire dalla sala avendo in mente un capitolo che è piaciuto più degli altri. Quello di Ryder cambia continuamente: “È la sesta volta che lo vedo, e non riesco a decidermi. Per qualche motivo, durante la proiezione a Bologna, per la prima volta mi hanno colpita soprattutto gli antifa. I suoi…”, s’interrompe, fa una lunga pausa. “Parlo in terza persona perché è una vecchia versione di me, non sono più io. Dicevo, i suoi occhi sono così sgranati in quella scena, è così contenta di conoscere persone così diverse. La trovo una cosa molto dolce. E poi, alla fine, quell’episodio dà il via alla storia, anche se l’abbiamo girato per ultimo”.
C’è una scena, in quel capitolo – giusto per dare un’idea del tono con cui parte The Sweet East – in cui uno dei punk mostra a Lilian una sua opera d’arte tramite un proiettore. Poi, si tira giù i pantaloni per mostrarle quanti piercing abbia nelle parti basse. “È stata l’ultimissima che abbiamo girato”, ride Ryder. Ma tiene molto anche al finale, in cui recita con sua sorella.
La protagonista, Lilian, secondo Talia Ryder
Descrivere Lilian è abbastanza difficile. Si potrebbe, forse, dire che tutto la annoia e niente la colpisce. Che si parli di fare sesso, sopravvivere a una strage su un set cinematografico o dormire sotto una coperta di svastiche, Lilian affronta la situazione senza colpo ferire.
Pur essendo giovane, la ragazza ha già capito di essere molto bella, e che la sua bellezza mette in soggezione chiunque le parli. L’adolescente sfrutta quindi la scoperta a suo vantaggio, manipolando le persone che ha davanti per spingerle a fare ciò che le serve in quel momento. Sfrontata e bugiarda, Lilian pensa evidentemente che nessuna delle azioni che compie abbiano conseguenze; e, in effetti, per lei non ce ne sono quasi mai. “È un personaggio davvero divertente, ha un certo narcisismo per cui non ha paura di mettersi in pericolo”, riflette Ryder parlando della sua protagonista. “Penso si senta protetta da se stessa, è autoconsapevole e molto avventurosa”.
Secondo l’attrice, The Sweet East rappresenta proprio una sorta di “anti-cautionary tale” ottimista, ovvero il contrario di una fiaba in cui le disavventure della protagonista sono un monito per lo spettatore. Insomma, Lilian non ha ancora deciso che tipo di persona vuole essere, e questo la spinge a esplorare il mondo da sola senza avere paura delle conseguenze.
The Sweet East parla (anche) dell’isolamento delle comunità americane
Lilian, con una sorta di approccio distaccato e del tutto apolitico, passa infatti senza alcun problema dal fare amicizia con il gruppo antifa al farsi ospitare da Lawrence, il cospirazionista di destra che le prepara un letto con una coperta di svastiche. “Il film sottolinea l’isolamento di quelle comunità, che al momento sono tutte molto polarizzate”, commenta Ryder. “Ed è interessante che lei non si sia ancora fatta un’idea, e quindi sia disposta ad ascoltare chiunque. È qualcosa che in America non si fa più”.
Alla domanda se questo la preoccupi in vista delle elezioni americane in autunno, scuote amaramente le spalle: “Adesso è un po’ tardi per farlo. Però ho molta fiducia nella mia generazione, penso che abbia un ego meno smisurato e sia curiosa e disposta ad ascoltare. Si vede dalla tendenza dei ragazzi a dare voce a persone che sanno di cosa stanno parlando, invece di cercare di sapere un po’ di tutto”.
Le generazioni più anziane, invece, aggiunge, “restano bloccate nelle loro convinzioni, e da lì non riescono a smuoversi. Alla fine, è quando pensi di aver capito tutto che, generalmente, sei meno consapevole”. E conclude: “Come dicevo, credo che adesso sia tardi. I prossimi anni saranno abbastanza deprimenti a prescindere dall’esito. Ma col tempo, migliorerà”.
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