
Premessa doverosa. Per quanto l’Italia possa vantare una storia cinematografica orrorifica di tutto rispetto, basti pensare a capolavori internazionali come I Tre Volti della Paura di Mario Bava, Inferno e Profondo Rosso di Dario Argento, La Casa Dalle Finestre Che Ridono e Zeder di Pupi Avati, o E Tu Vivrai nel Terrore, L’Aldilà di Fulci, diciamo che a differenza di robe come demoni, killer, streghe e maledizioni varie, i vampiri non ci sono mai riusciti benissimo.
Ci abbiamo provato, sia chiaro, ci abbiamo provato in tutti i modi, ma alla fine i risultati sono stati scarsini. Gli unici momenti in cui siamo riusciti a fare il pieno nei botteghini, è stato quando abbiamo ridicolizzato la storia del Conte Dracula, forse per la verve naturalmente grottesca e dissacratoria che ci contraddistingue, chi può dirlo?
Qui di seguito vi presentiamo una lista brevemente commentata di alcuni titoli che meritano un ricordo.
I TRE VOLTI DELLA PAURA (1963)
Già citato in apertura al presente articolo, per la regia di Mario Bava, forse il più grande regista horror che abbiamo avuto in Italia e che il mondo intero ci invidia, I Tre Volti della Paura, tradotto all’estero come Black Sabbath, è una raccolta di tre episodi che indagano le varie sfaccettature della paura. L’episodio che ci interessa è Vurdalak, con Boris Karloff. La storia ci narra della leggenda del Vurdulak, creatura vampirica che risorge dalla morte con l’intento di succhiare il sangue e trasformare i suoi cari. Ancora oggi questa pellicola è considerata oltreoceano un capolavoro della storia del genere horror e, Vurdalak in particolare, ha ispirato finanche i fratelli Cohen. Sicuramente un orgoglio per il nostro Paese.
HANNO CAMBIATO FACCIA (1971) Con uno strepitoso Adolfo Celi, per i più il chirurgo Sassaroli di Amici Miei, si tratta di una rivisitazione in chiave moderna del mito di Stoker. Il vampiro in questo caso non è un nobile decaduto e solitario e consuma le arterie delle sue prescelte, ma un ricco e cinico ingegnere che al posto dei canini usa il consumismo. Diciamo che Hanno Cambiato Faccia rappresenta una trasposizione intellettuale e anticapitalista del Dracula che fu. La pellicola non fu un successo di botteghino, ma sicuramente conserva un valore artistico ancora oggi di gran spessore.
MIMÍ, IL PRINCIPE DELLE TENEBRE (2023)
Diretto da Brando De Sica, il figlio di Christian e nipote di Vittorio, il lungometraggio del giovane regista è una sorta di trasposizione partenopea del mito succhiasangue, con tanto di camorrista, cuori infranti e richiami a Twilight al gusto sfogliatella. L’opera non è malvagia, ma confusionaria. Vorrebbe essere un horror, ma vorrebbe anche non esserlo, indossando i panni del film di denuncia sociale che di sociale non ha niente. Morale della favola, pur essendo girato in modo eccellente e recitato con la giusta dignità, il risultato è stato un ibrido non troppo fortunato di cui, siamo pronti a scommettere, si parlerà tra qualche anno in termini di cult movie.
FRACCHIA CONTRO DRACULA (1985)
Il titolo da solo vale la visione. Usato da Villaggio come feticcio alternativo del suo Fantozzi, Fracchia è quel personaggio con cui il comico genovese è riuscito a evadere dagli schemi “aziendali” del Ragioniere più famoso del nostro Bel Paese. Accompagnato dall’immancabile Gigi Reder, in questo caso il nostro Fracchia veste i panni di uno sfigatissimo agente immobiliare che, per non perdere il posto, deve vendere il Castello del Conte Dracula. Girato con due soldi due, ma riuscitissimo, il film è una favolosa rivisitazione comica e grottesca del classico con Bela Lugosi del 1931. Con la regia di Neri Parenti, vanno citate le presenze di due tra le più belle della storia del cinema italiano, Ania Pieroni e Isabella Ferrari.
Per la regia del bravissimo, quanto sottovalutato, Riccardo Freda, I Vampiri è un lungometraggio vampirico che cerca di prendere le distanze dai classici del genere, e ci riesce. Tra investigativo e orrore, ambientato a Parigi, il film ci racconta di un giornalista, Pierre, che avvia un’inchiesta su di una serie di morti misteriose che vedono coinvolte delle giovani ragazze trovate completamente dissanguate. Nell’opera la figura dei succhiasangue viene magistralmente sostituita da un altro tema, ovvero la ricerca dell’elisir di lunga vita per godere dell’eterna giovinezza.
L’ULTIMO UOMO DELLA TERRA (1964)
Per la regia di Ubaldo Ragona, che in questo caso si è firmato con lo pseudonimo di Sidney Salkow, con la partecipazione nei panni del protagonista dell’immortale Vincent Price, è questa la trasposizione su pellicola di Io Sono Leggenda di Richard Matheson. La storia non si discosta di una virgola dalle vicende del romanzo. Girato in una Roma abbandonata, ci narra degli effetti di una pandemia che ha tramutato gli uomini in vampiri. Non ha nessun punto in comune con l’opera di Stoker, ma proprio per questo merita una menzione.
E in ultimo, per la regia della coppia Gentiluomo e Corbuccia, sull’onda del successo delle pellicole dedicate a Ercole e muscoloni vari, con un Gordon Scott in grande spolvero nei panni del protagonista, Maciste Contro il Vampiro è una delle produzioni più assurde del genere vampiresco. La trama è semplicissima: il nostro eroe scopre che un gruppo di criminali ha rapito le donne del suo villaggio e si vede costretto ad affrontare un essere che ha le fattezze e i poteri di un vampiro. Girato con meno di due soldi, recitato peggio, è comunque uno dei punti più cult della storia del cinema italiano, roba che Bruno Mattei (Maestro assoluto di noi tutti) al confronto sembra Orson Welles.
This content was entirely crafted by “Human Nature” THR-Roma
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma