Sulla base delle nuove regole, le coproduzioni internazionali dovranno far fronte a un tetto massimo di 18 milioni di euro (19,7 milioni di dollari) per i crediti d’imposta concessi a progetti in cui almeno il 30% della produzione è realizzato in Italia. Le produzioni locali avranno invece un tetto di 9 milioni di euro (10 milioni di dollari). Il fondo complessivo per gli investimenti cinematografici e audiovisivi nel 2024 è fissato in circa 700 milioni di euro (782 milioni di dollari).
La modifica è stata pensata per incentivare, non solo le serie televisive e i film italiani, ma anche per incoraggiare le produzioni internazionali a concentrarsi maggiormente su storie italiane, come Ferrari di Michael Mann, la vita del leggendario fondatore del cavallino di Maranello interpretato da Adam Driver con Penelope Cruz e presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia dello scorso anno, o House of Gucci di Ridley Scott, con Driver e Lady Gaga.
Il credito d’imposta per le produzioni internazionali, di cui beneficiano le produzioni straniere che girano in Italia, e che ha permesso a serie come The White Lotus della HBO di scegliere la Sicilia come location per la seconda stagione, è ancora in fase di discussione in Parlamento. Il fulcro della riforma è un credito d’imposta che dal 30% dovrebbe salire al 40%.
Gli ultimi 12 mesi sono stati di stallo per l’industria cinematografica italiana. Molte produzioni hanno interrotto le riprese in attesa di conoscere il livello di credito d’imposta che avrebbero potuto ottenere dopo che il Ministero della Cultura aveva chiesto una revisione complessiva del sistema.
Come sempre avviene in Italia, i sindacati di settore hanno criticato le proposte del Governo dopo la pubblicazione del testo della nuova riforma.
“È difficile trovare dei punti di forza in questa riforma”, ha osservato Andrea Paris, produttore di Groenlandia/Ascent, che ha lavorato, tra l’altro, alla trilogia Smetto Quando Voglio di Sydney Sibilia. Paris ha sottolineato che l’incertezza sulle riforme ha portato a uno stop delle produzioni, lasciando migliaia di lavoratori a casa dall’inizio dell’anno. “Le piccole e medie imprese stanno lentamente morendo asfissiate”, afferma.
Nicola Giuliano, co-fondatore della Indigo Film, che tra gli altri ha prodotto il premio Oscar La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, riconosce che il sistema attuale è stato sfruttato da alcuni suoi colleghi, “che hanno sfruttato la situazione per arricchirsi. Chi usa il credito d’imposta in modo improprio, mettendo in primo piano il tornaconto personale, mette a rischio l’intero settore e chi ci lavora”.
“Ai produttori viene chiesto di dichiarare prima della produzione l’esatto numero di sale in cui uscirà il loro film. Non è una cosa che un produttore può sapere”, ha aggiunto Giuliano.
L’industria cinematografica e televisiva italiana sta vivendo un vero e proprio boom, con lungometraggi di successo come Io Capitano di Matteo Garrone, candidato all’Oscar, e C’è Ancora Domani di Paola Cortellesi, che ha sbancato i botteghini.
Anche per questo, le società internazionali stanno investendo nei film italiani: Fremantle, attraverso le sue filiali di produzione italiane Lux Vide, The Apartment e Wildside, ha investito in produzioni come Maria di Pablo Larraín, con Angelina Jolie, e Queer di Luca Guadagnino con Daniel Craig.
Anche le produzioni dello streming hanno investito maggiormente in contenuti italiani, come The Good Mothers di Disney+, o Supersex di Netflix.
Una ricerca congiunta di Anica e APA ha recentemente certificato un aumento del 51% del numero di film e serie televisive realizzati in partnership con produzioni internazionali. A livello nazionale, purtroppo, i botteghini italiani non sono ancora tornati ai livelli pre-pandemici. Gli spettatori sono restano inferiori del 23% rispetto al periodo 2017-19. Unica eccezione, C’è Ancora Domani.
A proposito, è stato proprio durante la pandemia Covid che il Governo italiano ha aumentato il credito d’imposta sulle produzioni dal 30% al 40%, nel tentativo (riuscito) di attirare partner internazionali. Al contempo, è stato proprio il successo del credito d’imposta che ha fatto temere un utilizzo improprio dello stesso, come sembrano dimostrare le numerose produzioni che stentano a raggiungere il grande pubblico.
Roberto Stabile, responsabile dei progetti speciali della Direzione Generale per il Cinema e l’Audiovisivo del Ministero dei Beni Culturali presso lo studio Cinecittà di Roma, ha sottolineato che il credito d’imposta è stato introdotto durante la pandemia per sostenere l’industria, ed è stato un successo. “A due anni dalla pandemia, la salute della nostra industria audiovisiva è molto buona”, afferma, “Ma dobbiamo evitare che questo sostegno possa diventare come una droga per il mercato”.
Carlo Cresto-Dina, produttore e amministratore delegato di Tempesta, che produce i lungometraggi di Alice Rohrwacher, ha aggiunto che è importante riconoscere il successo del credito d’imposta nel rafforzare l’industria italiana, ma non nega che sia urgente una riforma: “Sono convinto che dovremmo trovare un modo alternativo per dare un accesso qualificato al credito d’imposta e garantire che il denaro pubblico venga speso per film apprezzati”, ha dichiarato.
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