
Che cosa distingue una fotografia da un video? La quantità di dati, di informazioni che trasformano un’istantanea in un movimento. La stessa cosa sta accadendo alla nostra vita: da una sequenza di fotografie che fermano singoli istanti siamo ormai passati ad un flusso inesauribile di immagini che documentano lo svolgersi della nostra esistenza.
L’anno che è appena iniziato consacrerà quel fenomeno che è stato definito datizzazione, ossia la sintesi dei fenomeni e dei comportamenti che animiamo con le nostre attività mediante il loro tracciamento, che avviene appunto mediante un pulviscolo inesauribile di informazioni che identificano ogni minimo componente dell’insieme delle nostre scelte.
A rendere l’intelligenza artificiale non più una potenza teorica di processi matematici, come era fino all’inizio di questo nuovo secolo, ma un’energia che supporta, e a volte sostituisce, la nostra azione, sono proprio i dati, i big data come ormai si dice, che trasmettono ai processi generativi dei nuovi algoritmi intelligenti quelle istruzioni che permettono loro di riprodurre le nostre scelte plausibili in base ad un senso comune che riescono ad assorbire.
Siamo ad un passaggio non dissimile a quello dell’inizio del ‘900, quando la diffusione dell’energia elettrica trasformò l’idea stessa di attività.
Allora quella materia prima fu privatizzata mediante il possesso delle centrali che producevano energia elettrica e delle reti che la distribuivano. Si crearono dei trust potentissimi che poteva decidere chi e dove avrebbe potuto godere di una tale innovazione e chi invece doveva rassegnarsi ad essere escluso. Un dominio in grado di condizionare lo sviluppo di interi stati che reagirono, in alcuni casi come l’Italia, nazionalizzando sia le centrali che la rete, riducendo drasticamente il potere di questi elettric barons come erano definiti i titolari di quei monopoli privati.
Oggi abbiamo a che fare con una leva di data barons, di pochi gruppi industriali che hanno confiscato la stragrande maggioranza dei dati, riservandoli alle proprie tecniche di elaborazione.
Pensiamo a Google, che ricava il 90 % del suo fatturato dalla commercializzazione dei dati che recupera sulle sue diverse piattaforme , da Gmail e Youtube, oppure Apple con i suoi terminali mobili, oppure Amazon con i data server e le piattaforme di e commerce.
Vediamo che anche la guerra è diventata una pratica terribile basata sulla capacità di raccogliere ed elaborare minuziosamente dati su ogni territorio per rendere ogni attacco una “esecuzione individuale extragiuridica” , in cui colpiscono esattamente gli individui che si sono identificati, come spiega nel suo saggio “Teoria del drone. Principi filosofici del diritto di uccidere” (DeriveApprodi, Bologna 2014) Grègoire Chamayou.
Se i dati sono il nuovo petrolio, ed a volte la nuova bomba nucleare, allora questi gruppi sono i nuovi petrolieri che a differenza dei precedenti, riescono ad evitare qualsiasi relazione con gli stati o le comunità di utenti.
Ma proprio l’espansione tecnologica, con il prossimo salto quantico che si annuncia e che aumenterà a dismisura l’efficienza e la potenza dei sistemi di intelligenza artificiale, rende indispensabile civilizzare questo sistema sociale che sono i big data.
A differenza dell’elettricità, i dati non sono prodotti da infrastrutture centralizzate, ma semplicemente dall’uso che ognuno fa di dispositivi – dallo smartphone al tablet – che vengono regolarmente retribuiti con i costi di acquisto o di abbonamento.
Come scriveva il presidente americano uscente Biden nel suo Ordine sull’intelligenza artificiale l’anno scorso: i dati sono bene comune perché generati dalle nostre relazioni sociali.
Un bene comune, come l’acqua, l’aria, le strade, la scuola, che per la loro intrinseca efficacia devono essere condivisi e controllasti, pubblicamente.
Il nuovo anno sarà il test decisivo per capire se questa straordinaria opportunità produrrà più civiltà o invece solo più disparità . Che in un’economia di condivisione, quale è la rete, si traduce in una minore efficienza e efficacia dell’innovazione..
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