Voi non lo sapete, ma Paperino è il più grande eroe del ventesimo secolo. Perché, come diceva lo scrittore Javier Cercas, l’ironia – ossia la forma del paradosso – è “un’arma di distruzione di massa contro ogni totalitarismo, contro ogni visione dogmatica della realtà”. In effetti si riferiva al Don Chisciotte di Cervantes, ma il principio ovviamente si attaglia perfettamente al papero che del cavaliere della Mancia è erede diretto, figlio prediletto. “Don Chisciotte è comico, ridicolo, tutto il mondo ride di lui, ma è anche un eroe tragico”, raccontava Cercas in un’intervista di qualche anno fa.
I fatti. Donald Fauntleroy Duck è nato il 9 giugno 1934 – sì, esattamente 90 anni fa – in un corto della Disney intitolato La gallinella saggia, dove molto significativamente è il vicepresidente del Circolo dei pigri, che ha come presidente Meo Porcello. Ha già tutte le caratteristiche che lo consegneranno per l’eternità alla storia: berretto e maglia azzurra da marinaio, è certamente la figura più geniale mai uscita dalla bottega dorata di mastro Walt.
È uno scansafatiche totale, talvolta irascibile, è pauroso, sfortunato, eppure generoso e leale, talvolta pure eroico, bizzarro, contraddittorio, pasticcione. È simpatico, buffo, assurdo, talvolta un po’ meschino, ed è tremendo come “adulto di riferimento” nei confronti dei tre nipoti che stranamente vivono con lui, Qui, Quo e Qua: inaffidabile, ma affettuoso, egoista e generoso al tempo stesso. Imperfetto, nei confronti dei tre, come tutti noi siamo verso i nostri figli (anche se sarebbe bello, un giorno, andare a fondo di questo mistero: perché sua sorella Della Duck – detta anche Dumbella o Anitra nella sua prima versione italiana – sparisce dopo aver spedito i figli a Donald? Perché ad un certo punto si firma cugina e non è più sorella? E perché, in generale, praticamente non ci sono mariti né moglie, né padri né madri, ma solo nipoti, zii e cugini in questi universi paralleli che sono Paperopoli e Topolinia?).
Ovvio, Paperino è l’antieroe per eccellenza. Anzi, è l’eroe degli antieroi, il loro simbolo, la loro bandiera. Più di Charlie Brown, più di Will Coyote, più di Shrek, più di Kung Fu Panda, più di tutti loro messi insieme. Vuoi mettere con quel saputello di Mickey Mouse, così nobile, retto e giusto? Si è detto, e ripetuto: con tutti i suoi presunti difetti, Paperino, con tutte le sue debolezze, è lo specchio dell’uomo moderno. Ma in realtà, è più di questo: Paperino esiste in quanto imperfetto, è l’orgoglio dell’imperfezione e dell’ironia, del paradosso e della debolezza, ed in quanto tale è l’opposto assoluto dell’eroe perfetto e impettito di tutti i nazionalismi, di tutte le società autoritarie, dell’orrenda retorica del combattente tutto d’un pezzo. L’accettazione degli splendidi paradossi e dei difetti di Paperino è tutt’uno con l’accettazione dei paradossi e dei difetti del prossimo, dell’altro: in altre parole, la grandezza di Paperino sta nel fatto che incarna il principio della società libera, aperta, tollerante, persino laica.
Sarebbe sbagliato, peraltro, considerare Donald Duck uno “sfigato”. Tutt’altro: è Francesco Piccolo, in un articolo per Repubblica, a chiamare in causa il principio della resistenza: “Paperino, in tutti questi anni, senza accorgersene nemmeno lui, con quella sopravvivenza stentata, senza soldi e senza lavoro, senza mai un vero riscatto e ricevendo quasi sempre commiserazione e pacche sulle spalle, beh, lui in tutti questi anni ha resistito, non è stato schiacciato né dagli zii ricchi né dai cugini fortunati, né dai prepotenti né dai delinquenti; ha perso ogni singola partita ma non ha mai perso il campionato: è lì, più resistente e forte di chiunque”, scrive lo scrittore e sceneggiatore, già vincitore dello Strega. Una verità da scolpire nel marmo.
E poi: non c’è mai niente di paternalistico da parte di Disney e dei suoi autori nel raccontare Donald Duck e il suo mondo, non c’è Dio, non ci sono autorità totalizzanti, non c’è spietatezza, né arroganza. Finanche l’ossessione per il denaro di Zio Paperone – il miliardario per eccellenza – è mossa dalla passione e da uno spirito indomito per l’avventura, per l’ignoto, per la scoperta, ed è bello che gli altri personaggi di questo mondo siano in prevalenza bizzarri e sgangherati, da Paperoga ad Archimede Pitagorico, compreso il tremendissimo cugino Gastone (Gladstone Gander in inglese): il contraltare assoluto di Paperino, l’iper-fortunato, quello che gli va sempre bene tutto, l’impomatato Gastone nato dalla mente geniale di Carl Barks, il bellimbusto figlio di una borghesia arruffona e pasticciona.
Il punto è, molto semplicemente, che un mondo che accetta e ama Paperino, un mondo di cui Paperino è l’eroe paradossale, per sua natura è il contrario di un mondo intollerante e inferocito, autoritario e prevaricatore, semplificatore e demagogico: ed è lo stesso Disney ad aver sempre avuto chiaro questo punto, in barba alle tante contraddizioni anche feroci che animano il suo grande mondo (da Biancaneve in su). Tant’è vero che nel 1943 realizza il cortometraggio Der Führer’s Face, una delle più fenomenali prese per i fondelli della Germania nazista che si siano mai prodotte: in un ambiente astrusamente desolato abitato da migliaia di svastiche in cui insieme a Göring, Tojo e Himmler compare anche un Mussolini bolso e patatoso, Paperino fa l’operaio in una fabbrica d’armi dove è costretto a fare a raffica il saluto nazista ogni volta che compare il ritratto di Adolf Hitler (ad un certo punto, nella confusione, gli fa il saluto anche con il sedere).
È una sequenza, quella alla catena di montaggio, chiaramente debitrice della scena madre di Tempi Moderni di Charlie Chaplin (un altro capolavoro anti-autoritario, nella quale però è il capitalismo il bersaglio), ed in generale è un film felicemente visionario, dove l’incubo del nazismo ha tratti che oggi definiremmo psichedelici: da notare che Der Führer’s Face ebbe, quello stesso anno, l’Oscar per il miglior cortometraggio d’animazione, e pur tuttavia è sempre rimasto inedito in Italia, dato che non venne inserito nella versione del dvd che lo comprendeva, Walt Disney on the Front Lines, destinato ai mercati di Germania, Italia e Giappone (domanda: siamo ancora sensibili alla propaganda che 81 anni fa l’America produsse contro quelli che all’epoca erano regimi totalitari?).
Specularmente, la prova contraria di come l’immaginario proposto dal Terzo Reich fosse assolutamente perdente rispetto alla magnificenza Disney è la tragicomica vicenda del canarino Hansi: si tratta del film d’animazione con quale Hitler in persona intendeva fare concorrenza al mondo di Mickey Mouse & co.
Ebbene, nonostante un sforzo produttivo sontuoso, il risultato fu tragicamente risibile (mai film fu più rivelatore della mentalità dei suoi committenti e produttori). Nata su impulso del Führer, la società Zeichenfilm riuscì a produrre quest’unica pellicola, della durata di appena di 18 minuti: Armer Hansi (“Povero Hansi'”, in italiano) è la storia di un canarino che desidera la libertà, ma che alla fine di una serie di sfortunate avventure e di pericoli capisce che in gabbia sarà molto più al sicuro. Da un punto di vista visivo chiaramente succube ai prodotti Disney, la sua vicenda è quantomeno emblematica in quanto a mentalità nazista: la libertà è vista come un ingombrante impiccio, un’illusione dalla quale è meglio privarsi il prima possibile, le sbarre di una gabbia sono ben più rassicuranti. Metafora perfetta del mondo secondo Adolf.
In un certo senso, quella di questo cartone animato è anche la storia del clamoroso ritardo del Terzo Reich rispetto alla cultura popolare americana nel suo complesso: nel 1941 Hitler e Goebbels riuscirono a farsi proiettare una copia di Biancaneve e i sette nani (nei cinema tedeschi il capolavoro Disney del 1937 arriverà solo diversi anni dopo la guerra), e ne furono talmente conquistati da decidere, appunto, di mettere in piedi una produzione di cartoni animati che fosse concorrenziale con il gigante Usa, affidata ad uno dei collaboratori più fidati del ministro della propaganda Joseph Goebbels, tale Karl Neumann. Questi mise al lavoro una sessantina di disegnatori e coloristi da vari paesi (Francia, Olanda e Russia): Armer Hansi venne realizzato al costo di complessivi 4 milioni di Reichsmark tra il 1941 e il 1943, e Goebbels mostrò di apprezzare, dando al film il premio per la cultura tedesca dell’anno. Ma è un fatto conclamato che il peso della storia l’abbia spazzato via, il povero canarino Hansi. Mentre Paperino e Topolino sono ancora onnipresenti nella consapevolezza collettiva ai quattro lati del globo terracqueo.
Si sa, l’immaginario è un’arma potente, non solo ad ovest, anche nel quadrante est del mondo. C’è chi pensa che, in qualche modo, se il Muro di Berlino è crollato e la Cortina di ferro si è sgretolata, sia anche colpa di Donald Duck e Mickey Mouse: è lì, a Paperopoli e a Topolinia, che trovano casa le anime di noi esseri umani pasticcioni e imperfetti, è lì che cavalcano tutti i Don Chischiotte del mondo avventandosi contro i mulini a vento, e lì, nei nostri racconti, nei fumetti, con le nostre canzoni, che il potere si sbriciola e la protervia si dissolve in una rumorosa risata liberatoria.
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