Ogni classifica non è puramente casuale. Risponde invece a un’esigenza, qui consigliare dei libri in occasione del 25 aprile, la festa della Liberazione in Italia. Dunque libri che consigliamo ora, oggi, adesso, che hanno un significato per chi classifica nel momento in cui passa al vaglio quello che già conosce. Libri che per forza ne lasciano fuori molti altri. E per questo c’è l’articolo indeterminativo per indicarli. Un classico (un altro classico e ancora uno), un diario, un libro illustrato, una conversazione. Una scelta tra tante.
Questa modalità di lasciar fuori non esclude, anzi. Il criterio della lista incompleta è che ogni parola di questi libri include in sé un universo di altre parole, e altri libri, e altri film, e altra arte. L’inclusione sta nel filo, più che mai rosso, che lega tutti questi universi. La consapevolezza che il 25 aprile celebra la storia della Resistenza ed è la base su cui si fonda la Repubblica. Escluso è tutto il resto.
Una questione privata, di Beppe Fenoglio
Un classico da leggere il 25 aprile: Una questione privata (1963) di Beppe Fenoglio. Così classico che un anno dopo uno che aveva una vera fissazione per i classici, Italo Calvino, nella prefazione del suo Il sentiero dei nidi di ragno – spoiler: si trova tra qualche paragrafo – lo paragona all’Orlando Furioso. E aggiunge: “C’è la Resistenza proprio com’era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta”.
Questo libro postumo di Fenoglio cambia la vita, soprattutto se letto a vent’anni. Milton è un partigiano che per caso ritorna nella villa in cui, prima della Resistenza, viveva Fulvia, giovane di cui è innamorato. Le parole del custode di questa casa fanno vacillare il suo amore non dichiarato, forse lui è stato tradito dal suo migliore amico. Da qui una corsa frenetica per le Langhe, alla ricerca della verità su una questione, appunto, privata. Ancor più nel 1944.
La gioia della ricerca dell’amore, la passione per la letteratura e per la musica del protagonista, quando intorno è solo morte e cruda guerra di montagna descritta in modo brutale, rende il libro di un’autenticità disarmante.
La citazione. “Correva, sempre più veloce, più sciolto, col cuore che bussava ma dall’esterno verso l’interno come se smaniasse di riconquistare la sua sede. Correva come non aveva mai corso, come nessuno aveva mai corso, e le creste delle colline dirimpetto, annerite e sbavate dal diluvio, balenavano come vivo acciaio ai suoi occhi sgranati e semiciechi. Correva, e gli spari e gli urli scemavano, annegavano in un immenso, invalicabile stagno tra lui e i nemici”.
I piccoli maestri, di Luigi Meneghello
Un altro classico: I piccoli maestri (1964) di Luigi Meneghello. La Resistenza qui è quanto di meno epico possibile. Meneghello scrive un romanzo autobiografico dopo molti 25 aprile di distanza dagli eventi, dopo vent’anni. E forse proprio questa distanza, oltre che temporale anche geografica – l’autore nel dopoguerra si trasferì a Reading, in Inghilterra – e linguistica, dato che le prime bozze furono redatte in inglese, contribuisce alla lucidità che contraddistingue lo stile, che rifugge da ogni retorica.
Rimane impressa la filosofia e la riflessione di classe. Un tratto distintivo rispetto a tutta la letteratura della Resistenza. Meneghello delinea una profonda divisione tra i partigiani di coscienza e quelli d’incoscienza, in inserisce il suo gruppetto, intellettuale e borghese, studioso e acuto osservatore delle differenze, non di rado con un’ironia sottile ma feroce. Solo una scelta accomuna e non può essere diversa per nessuno in quegli anni nell’ottica di Meneghello ed è proprio aderire alla lotta.
La citazione. “Io dissi: ‘Siamo ribelli Lelio?’ e Lelio disse: “Mai abbastanza”.
Il sentiero dei nidi di ragno, di Italo Calvino
Solo un altro classico ancora: Il sentiero dei nidi di ragno (1964) di Italo Calvino. Varrebbe la pena leggerlo anche solo per nutrire la curiosità di scoprire il primo romanzo di un autore, soprattutto se poi è stato prolifico. Ancora meglio se lo stesso scrittore ci mette del suo nel colmare la distanza degli anni che lo separano dalla sua prima volta. Calvino qui lo fa con la prefazione di cui sopra, in cui condivide una strana sensazione di “memoria bruciata”. La prima edizione è del 1947, dettata forse dall’impellenza di scrivere della Resistenza, “responsabilità” che l’autore sentiva, come confidato nella prefazione invece del 1964.
Calvino racconta “di obliquo” gli ultimi anni di guerra, attraverso lo sguardo di un bambino, Pin. Tanto audace e insolente, quanto solo, prende in giro i grandi, ripetendo le loro storie di passioni e di tragedie, intonando le loro melodie carcerarie, imitandone gesti e parole, vorrebbe già essere adulto lui, orfano, e cresciuto per necessità. In realtà, desidera soltanto un compagno con cui esplorare i sentieri e con cui condividere un segreto prezioso, quello dei nidi di ragno.
La citazione. “Pin sale per il carrugio, già quasi buio; e si sente solo e sperduto in quella storia di sangue e corpi nudi che è la vita degli uomini”.
I giorni veri, di Giovanna Zangrandi
Un diario: I giorni veri di Giovanna Zangrandi. Il suo nome prima della Resistenza era Alma Bevilacqua. Era la figlia di una famiglia borghese della pianura emiliana laureata in chimica nel 1933 all’università di Bologna, a ventitré anni stava per iniziare la carriera accademica, quasi del tutto appannaggio degli uomini. Un ambiente che le sta stretto, come tutto. Quattro anni dopo perde la madre, il padre era morto suicida quando Alma era una bambina, e insieme al nome decide di cambiare vita. Così diventa “Anna”, partigiana di Cadore. Insegna scienze nella scuola di Cortina d’Ampezzo e inizia a scrivere un diario. La montagna diventa la patria di adozione, lo spazio della libertà e della scoperta della scrittura.
“Me ne andai lontano da quelle larve superstiti, fantasmi, tombe e loculi di marmo verde, via, tra gente viva, semplice, forte, senza gretti egoismi di clan, senza caste”, si legge in una pagina del 1937. I giorni veri infatti è un diario, un documento, degli anni 1943-1945 che trascorre da staffetta sulle montagne di Cortina e dintorni, vicino ai territori che i tedeschi avevano annesso con l’armistizio dell’8 settembre 1943. Nella brigata “Calvi”, Anna si occupa di trasmettere ordini e notizie, di trasportare le armi e i materiali necessari, di diffondere la stampa clandestina. Ogni giorno può passare la frontiera del Reich sfruttando il suo ruolo di professoressa, ma dura poco, entra nel mirino dei tedeschi ed è costretta a ritirarsi in montagna, nella zona delle Marmarole, insieme agli altri della brigata.
La citazione. “Vorrei che dalla crudezza pulita della realtà uscisse una testimonianza e una moralità che molti miei contemporanei oggi o rinnegano o soffocano nell’adipe dei vari miracoli economici, e che molti giovani non sanno”.
Bella ciao, illustrato da Lorena Canottiere
Un libro illustrato: Bella ciao – Il canto della Resistenza, illustrato da Lorena Canottiere. “Anche se furono in pochi a cantarla durante la guerra, ormai da più di sessant’anni, Bella Ciao è l’inno di chi conosce e ama la storia della Resistenza e continua a condividere quell’idea di ribellione”. Con queste parole, Daniele Aristarco rende tributo alla leggendaria canzone partigiana nella prefazione al libro. Una raccolta di splendide illustrazioni in cui l’autrice ne ha incorniciato i versi.
Pubblicato da Einaudi Ragazzi, in occasione del 25 aprile 2021, il libro offre un’immersione adatta ai bambini nelle parole che compongono la famosa canzone, ancora oggi un simbolo di perseveranza contro ogni forma di oppressione, mantenendo viva la fiamma della libertà.
Osservando le tavole di Lorena Canottiere, la melodia coinvolgente e le parole sembrano prendere vita. Per gli adulti sarà divertente ritrovare nelle immagini i propri stessi ricordi, di quando da bambini ascoltavano Bella Ciao senza che le parole messe in fila avessero ancora un significato.
Le altre, di Rossana Rossanda
Una conversazione, anche sul 25 aprile: Le altre di Rossana Rossanda. Avrebbe compiuto, due giorni fa, cento anni, la fondatrice della rivista e poi del quotidiano Il Manifesto, storica dirigente del Partito comunista, poi radiata perché esponente della sinistra critica del partito.
Alla fine degli anni Settanta, la Radio Rai 3 di Enzo Forcella le assegna un ciclo di trasmissioni all’interno del programma Noi Voi Loro Donna, focalizzato sulle parole-chiave della sinistra: politica, libertà, fraternità, uguaglianza, democrazia, fascismo, resistenza, stato, partito, rivoluzione. Rossanda trasforma il programma in un laboratorio in cui si incontrano femministe, attiviste sindacali e politiche, donne di diverse generazioni, attrici, psicoanaliste e operaie. Il risultato è anche questo libro, che si apre con una riflessione narrativa di Rossanda sulla sua storia personale e femminile.
In queste conversazioni l’intellettuale di sinistra “eretica” esplora anche gli incontri mancati tra una militante comunista come lei e il mondo delle altre donne, tracciando il bilancio di un’esperienza unica, sempre fuori sincronia rispetto a quella delle sue coetanee. La prefazione è di Lidia Campagnano e in appendice c’è una conversazione con Pietro Ingrao su “Movimento delle donne, istituzioni e antiistituzionalismo”.
La citazione. “Donna? E le altre donne? Il rombo di questo tempo è stato così forte che la voce delle donne non la ricordo”.
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