Nel 2000, durante la première di X-Men diretto da Bryan Singer, Chris Claremont, 73 anni, storico scrittore statunitense della Marvel che ha contribuito al rilancio del franchise dei mutanti, oltre ad aver scritto alcune delle storie più iconiche della serie, sedeva in una delle poltrone del cinema.
In una scena, Wolverine, interpretato da Hugh Jackman, e Rogue, interpretata da Anna Paquin, sono in macchina. Rogue si volta verso Wolverine, guardando i suoi artigli in adamantio: “Fanno male?”, chiede. Jackman la osserva, e poi guarda i pugni, e con la voce profonda ringhia: “Sempre”. In quel momento, Claremont è saltato in piedi, urlando: “Yes”.
“Mia moglie mi prese per il braccio, dicendomi: ‘Siediti prima di renderti ridicolo'”, racconta Claremont a The Hollywood Reporter Roma, spiegando che nel cinema era presente tutto il cast del film, compresi Jackman e Sir Ian MacKellen, che nel film interpreta Magneto. “Grazie a Dio ero in fondo alla sala”.
“Per me, quel dialogo, rappresenta la vera essenza di Wolverine, e Hugh Jackman è riuscito a catturare quello spirito”, spiega Claremont. “L’ho trovato magnifico”.
Dalla carta allo schermo
Il casting di quel film, continua lo scrittore, “è stato incredibile dall’inizio alla fine della serie”. “Lauren Schuler Donner, produttrice della serie, ha un dono per il casting”. Ora, Claremont è curioso di vedere cosa succederà ai suoi X-Men sul grande schermo, visto che i diritti dei personaggi sono sempre stati slegati dal Marvel Cinematic Universe.
Claremont è fiducioso: “Soprattutto dopo la scena post-credit di The Marvels, dove si vedono Bestia e Binary”. “Dita incrociate!”
Un casting, quello dei film Marvel, che ha certamente influenzato anche la stessa immaginazione dello scrittore, che adesso è al lavoro sulla mini-serie Madripoor Nights, sequel di Uncanny X-Men 268 (all’epoca disegnata da Jim Lee, ora presidente di Dc Comics), cioè il primo team-up tra Wolverine, Capitan America e Vedova Nera.
“Ogni volta guardavo quella storia e pensavo che sarebbe stata un grande film, e che sarebbe stato incredibile vedere sullo schermo Hugh Jackman, Chris Evans e Scarlett Johansson insieme”. E continua: “Ora la mini-serie che sto sviluppando penso possa essere una grande serie tv, ma dovremo aspettare quando uscirà. Così sapremo cosa ne pensano i lettori, e cosa ne pensa Hollywood”.
Gli X-Men, la società, il razzismo
Al telefono, Chris Claremont suona come un inguaribile entusiasta, oltre che ottimista. Più volte cita la famosa frase “Hope Springs Eternal”, di Alexander Pope, ricordando con gioia i momenti in cui è arrivato in Marvel per portare avanti, insieme ad altri artisti e sceneggiatori, le storie degli X-Men.
Da allora, negli spillati dei mutanti hanno fatto il loro debutto narrative più complesse e articolate, e anche tematiche sociali che sono poi diventate centrali per gli X-Men, come l’apartheid e il razzismo. Una rivoluzione, ma “dalla nostra prospettiva stavamo solamente guardando quei personaggi come se fossero vere persone”.
Poco dopo il reboot della serie, Claremont ha lavorato con il fumettista Dave Cockrum, e – ricordando quei giorni del 1975 – racconta che “non c’era ansia per questo rilancio, praticamente stavamo ripartendo da zero, avevamo nuove storie e nuovi personaggi”. “Abbiamo cercato di divertirci, e ci siamo riusciti”.
In quegli anni, “molti altri artisti alla Marvel e alla Dc stavano inserendo pezzi di realtà all’interno dei loro fumetti”, come il rilancio di Lanterna Verde, Freccia Verde e Batman di Danny O’Neil e Neil Adams, che avevano cominciato a “colpire il razzismo alla testa”, dice Claremont, nato a Londra ed ebreo da parte di madre, che dopo aver vissuto in un kibbutz in Israele è emigrato con la famiglia negli Stati Uniti.
“Volevamo andare in quella direzione, perché questa era la realtà che ci circondava”, aggiunge. E continua: “Per gli X-Men era quasi ovvio come tema, come una luna piena in una notte limpida, non potevo ignorarlo”. “Non si presentava costantemente in tutti i numeri, ma era il tono sottostante a tutto l’arco narrativo”.
Per lo scrittore, non affrontare l’argomento significava “non trattare in modo giusto e corretto il concept e i personaggi”. “Soprattutto i nuovi X-Men, e con l’arrivo di un personaggio che sembrava un demone e una donna nera”.
Da Milo Manara a George Lucas
Nelle collaborazioni, Chris Claremont può dire di aver realizzato un paio dei suoi sogni. Nel 2019, l’autore Marvel ha pubblicato, insieme all’illustratore Milo Manara, il volume X-Women: Ragazze in fuga. “Lavorare con Milo è stato un sogno diventato realtà, stimo e ammiro la sua arte, e quando l’opportunità è arrivata l’ho presa al volo. Io mi sono divertito molto, e spero anche lui”.
“La sua presentazione dei personaggi mi ha tolto il fiato”, aggiunge Claremont. “Ha trovato un modo di rappresentare e disegnare quei personaggi che era sincero”.
Sul fronte della rappresentazione femminile, e sull’aggiunta negli anni del rilancio di più personaggi femminili tra le fila degli X-Men, Claremont afferma che i nuovi personaggi erano una risposta a “persone che conoscevo realmente”. “Era una questione semplice: trattare le donne del team e del fumetto con la stessa considerazione e lo stesso rispetto che avrei riservato agli uomini”.
Un’altra grande collaborazione di Chris Claremont è avvenuta negli anni Novanta, con il sequel letterario del film fantasy Willow, diretto da Ron Howard e basato su una storia di George Lucas. Lo scrittore Marvel ha infatti collaborato con il papà di Guerre Stellari per la serie di romanzi Chronicles of the Shadow War, ambientati 15 anni dopo gli eventi del film.
“Una volta, stavo discutendo della storia con George Lucas”, ricorda Claremont. “Mi sono accorto solo dopo di non aver collegato bene il microfono al registratore, e, quando l’ho notato, George mi ha guardato e ha detto: ‘Non rifacciamo la chiacchierata daccapo’”. “Se devi renderti totalmente ridicolo – conclude – tanto vale farlo davanti a George Lucas”.
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