John Romita Jr. aveva poco più di sette anni quando è entrato in contatto con i fumetti. Li vedeva sui tavolini dei barbieri, insieme a suo fratello. Al tempo, il padre, Romita Senior stava illustrando fumetti romantici, e i due non avevano mai prestato molta attenzione alla nona arte. Ma una notte, il futuro fumettista non riusciva a dormire, sopraffatto dagli incubi. Piangendo salì in mansarda in piena di notte, mentre suo padre stava realizzando la copertina del numero 12 di Daredevil, uscito nel 1964 con una storia di Stan Lee e i disegni realizzati a quattro mani con Jack Kirby.
“Smisi di piangere, chiesi a mio padre su cosa stesse lavorando, e lui cominciò a spiegarmi cosa fosse un supereroe, e chi fosse Daredevil”, racconta John Romita Jr. a The Hollywood Reporter Roma. “Da quel momento, mi disse una volta mio padre, iniziai a disegnare sul pavimento della mansarda. E da allora non ho mai smesso, ero troppo affascinato da questo Daredevil”.
L’artista Marvel è stato ospite del Comicon di Napoli, dove ha presentato la copertina del nuovo numero di The Amazing Spider-Man 41, dedicata proprio alla Città del sole, con l’arrampicamuri accovacciato su uno dei leoni di piazza del Plebiscito. Ma oltre a essere molto affezionato al giovane Peter Parker, Romita Jr. è anche profondamente legato al personaggio del diavolo di Hell’s Kitchen che ha conosciuto quella notte in mansarda, e che è stato portato sul piccolo schermo dalla serie Netflix con Charlie Cox, pronto a tornare nei panni di Matt Murdock, alias del vigilante, in Daredevil: Born Again.
“Mio padre mi ha parlato per un’ora di questo personaggio quella notte, mi disse: ‘Lo sai che Daredevil vive vicino a Peter Parker? Sai chi è?’. E cominciò a raccontarmi di Spider-Man, del fatto che vivevano molto vicino a dove vivevamo all’epoca”, aggiunge Romita. “E per un bambino di sette anni, sapere che i supereroi vivevano nel mio quartiere era tutto. Da quel momento, Daredevil è il personaggio più significativo per me, più di Spider-Man a cui sono molto legato. Quel disegno che mio padre stava facendo divenne tutta la mia vita, ce l’ho ancora oggi a casa”.
Nell’intervista con THR Roma, John Romita Jr. ha parlato del suo rapporto con Daredevil, della stanchezza da supereroi, della sua esperienza sulla serie Uncanny X-Men e della forza delle idee originali.
Qual è, secondo lei, il punto forte di Daredevil?
Daredevil è un’idea incredibilmente originale, una persona cieca diventa supereroe. Stan Lee ha creato tantissimi personaggi cercando di essere l’opposto della Dc. Spider-Man ad esempio, era l’opposto di Superman. Il suo costume è rosso e blu, lavora per un giornale. Ma Superman è perfetto, Spider-Man no. E ha fatto la stessa cosa con Daredevil, il suo essere imperfetto è la sua forza. Si è rifiutato di cambiare i nomi delle città, quella era New York City, non Gotham o Metropolis. Siamo ad Hell’s Kitchen, a Manhattan. O nel Queens, Brooklyn. Insomma, New York. Questi sono dettagli che li hanno resi personaggi più facili da comprendere al pubblico, più credibili rispetto a Superman che non ha mai perso uno scontro.
Spider-Man invece ne ha persi tanti di scontri, è un adolescente di origine ebraica, come Stan Lee. Inoltre, Daredevil rappresenta molto per me perché il fumetto L’uomo senza paura è uno dei lavori migliori che ho realizzato dal punto di vista della narrazione, perché ho avuto la possibilità di lavorare con un genio come Frank Miller. Con lui abbiamo usato il “metodo Marvel”, cioè con poco di scritto dagli autori, lasciando grande spazio agli illustratori. Mi diede quindi un certo margine per raccontare questa storia. Inizialmente erano 64 pagine. Poi mi chiamò una notte dicendomi: “Ho avuto un’idea, aggiungiamo delle pagine”. E non ne ha aggiunte 5 o 6, ma 88. E poi ha scritto i dialoghi basandosi sui disegni.
Secondo lei, il fumetto supereroistico è in crisi?
Quando i fumetti erano una grande industria, c’erano pochi altri mezzi di comunicazione in grado di contrastarli, forse la televisione via cavo. I fumetti erano un grande intrattenimento. Ora la competizione con altri mezzi è alta, con i computer e lo streaming ad esempio. Persino il cinema sta facendo difficoltà a competere con lo streaming. Per migliorare i fumetti c’è solo una soluzione, trovare e pubblicare idee fantastiche. Mentre l’albo stampato non vende tanto come vendeva una volta, le idee e le produzioni di fumetti diventano film con una facilità incredibile rispetto al passato.
Tutti i proprietari di studi dovrebbero chiamare a sé 5 o 10 scrittori, pagandoli solo per farsi dare idee che poi diventano film. Gli artisti hanno costantemente nuove idee, e le storie di qualità ci sono. C’è solo molta competizione con lo streaming, questa è la ragione per cui l’industria sta attraversando un periodo tosto. Oggi, la qualità dei fumetti è a un suo grande punto di picco, ma anche la competizione è allo stesso livello.
Esiste la stanchezza da supereroi, o è un grande malinteso?
La percezione che il pubblico ha dei supereroi arriva principalmente dai film. Qualcuno molto bello, qualcun altro no. Ma il problema è che c’è troppo fantasy in questi prodotti. Prima di entrare nell’industria, ho sentito Stan Lee che stava parlando con mio padre su nuove idee. E gli disse: “Devi bilanciare la realtà con la fantasia”. Questo è il motivo per cui Spider-Man e Daredevil sono personaggi di grande impatto, perché sono persone e cittadini di New York che sono diventati supereroi. Superman viene da un altro pianeta, c’è più fantasia che realtà.
Ora c’è molto più fantasy e molta meno realtà. E questo oggi potrebbe essere un problema, perché c’è tanta richiesta di effetti visivi. Bisogna lasciare che gli artisti facciano il loro lavoro, e bilanciare correttamente questi due elementi. Spesso, devo dire, le idee ci sono, ma i film non raggiungo la qualità delle idee.
Secondo lei c’è spazio per nuovi supereroi?
Certo, c’è sempre spazio per nuovi eroi in città. E sono dell’idea che la situazione migliorerà proprio perché le idee saranno sempre incredibili. L’industria dei fumetti andrà avanti per sempre, magari non sarà profittevole come una volta, ma le idee ci sono. E credo fermamente che Hollywood comincerà ad andare direttamente dagli artisti. Nello specifico da me (ride). Faranno graphic novel con l’idea che diventeranno un film, anche se la distribuzione dei fumetti è ridotta e continuerà ad esserlo. Ma c’è sempre un modo perché raggiungano il pubblico.
Com’è stato lavorare con Chris Claremont su Uncanny X-Men?
È stata una delle esperienze più formative della mia carriera. Non avevo mai lavorato su un gruppo così vasto di personaggi tutti insieme. All’epoca gli X-Men erano la serie più venduta nell’industria. E stavo seguendo un grande artista come Paul Smith, Chris Claremont era uno sceneggiatore già affermato. Ora siamo molto amici, ma al tempo lui non era felicissimo all’idea di lavorare con un artista con poca esperienza. Per cui ho imparato il mestiere facendolo, e sono cresciuto molto lavorando sugli X-Men, perché era una sfida continua. E John Byrne (fumettista Marvel, ndr) una volta mi disse: “Vivrai o morirai lavorando a questa serie. Se sopravviverai, sarai un artista migliore”. Aveva ragione al 100%.
Cosa ne pensa della serie di Daredevil? Sarà coinvolto nel seguito?
Sono un grande appassionato, e il produttore e regista è invece un fan di L’uomo senza paura. È stato il fumetto che gli ha dato l’ispirazione per fare la serie. Di questo sono molto orgoglioso, ha usato diversi momenti della nostra storia nella serie Netflix e mi ha detto che ne ha usati diversi altri adesso per Born Again. Sarò pronto a rispondere al telefono quando mi chiameranno: hanno bisogno nella serie di una persona bassa, di mezza età e italiana di New York City. Ne hanno bisogno, lo so (ride).
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