La signora del giornalismo italiano. Così è stata definita più volte Matilde Serao, prima donna in Italia a fondare e dirigere un giornale. E lo ha fatto per tre volte, insieme al marito Edoardo Scafroglio, con il Corriere di Roma, Il Giorno (Napoli) e Il Mattino. Quest’ultimo, fondato nel 1892 a Napoli, ancora esistente.
Serao, nata in Grecia nel 1856 e morta nel 1927, fu indicata più volte per il Nobel alla letteratura, ma nel 1926 la sua candidatura è stata rifiutata in quanto firmataria del manifesto degli intellettuali antifascisti. E la sua storia, il suo impegno, si è un po’ perso nel tempo, come spiega a The Hollywood Reporter Roma la scrittrice e giornalista Francesca Bellino, che insieme alla disegnatrice Lidia Aceto ha portato un frammento della sua vita sulle pagine della graphic novel Matilde Serao: La voce di Napoli, edita da BeccoGiallo e nelle librerie dal 24 maggio.
Portato in anteprima al Salone del Libro di Torino, il fumetto sulla direttrice del Mattino si ambienta nel 1906, durante l’eruzione del Vesuvio, la più grande del Ventesimo secolo. “Volevo celebrare le qualità della cronista Matilde, basandomi sulle cronache che lei ha lasciato di questo evento tragico”, racconta Bellino nell’intervista con THR Roma. “Siamo a contatto con una Matilde cronista che racconta una catastrofe, un’emergenza, un’eruzione, e la vediamo al lavoro con un giornale che lei fonda dopo la separazione con Edoardo Scarfoglio, Il Giorno (Napoli), che dirigerà insieme al suo compagno successivo, cioè Peppino Natale”.
“Matilde aveva un’anima duale. Riusciva a scrivere brillantemente sia di problematiche sociali, sia di mondanità e costume nella rubrica Api, Mosconi e Vespe che ha portato con sé in tutti i giornali in cui ha lavorato. Nei suoi articoli affrontava spesso temi sociali, i disagi degli ultimi, la vita della gente di Napoli in tutte le sue sfaccettature”, continua Bellino. “Ha smascherato il potere, ha polemizzate verso ciò che non le andava a genio, ha osservato il mondo da vicino e nei romanzi ha rappresentato la psiche umana in maniera meravigliosa, in particolare quella delle donne, e sempre con una grandissima capacità descrittiva”.
La graphic novel è quindi un tentativo, da parte delle due autrici, di recuperare e diffondere la storia perduta di una delle più grandi giornaliste d’Italia. Le tavole del fumetto sono come foto d’epoca che prendono vita, ricordi sfumati che cercano di tornare alla memoria collettiva. E il tratto di Lidia Aceto, un po’ polveroso ed evanescente, restituisce anche la situazione ambientale durante l’eruzione vesuviana e la pioggia di lapilli. È un racconto di popolo, oltre che di Serao, di rapporto con il territorio, oltre che di giornalismo.
Nell’intervista con THR Roma, Francesca Bellino e Lidia Aceto parlano del loro lavoro sul fumetto di Matilde Serao, di libertà di stampa e della condizione delle giornaliste nel settore dell’informazione.
Nell’introduzione scrive che Matilde Serao fa parte della sua “genealogia familiare giornalistica”, cosa intende?
BELLINO La considero un’antenata, perché quando ho cominciato a lavorare come giornalista, nel 1997, l’ho fatto al Mattino. È stato il mio primo approccio al mestiere in maniera professionale. E Matilde Serao, insieme ad Edoardo Scarfoglio, è stata la fondatrice del Mattino. La sua figura aleggiava sempre su di me come un mito, perché non solo io, ma chiunque in redazione considera questa donna l’origine, forse anche più di Scarfoglio, del giornale. E poi, tra i tanti giornali che Serao e Scarfoglio hanno cofondato, Il Mattino è l’unico che ancora esiste. Quindi, il giornale è molto legato alla sua figura, e la celebra spesso. L’ho “conosciuta” in questo modo.
Più avanti negli anni ho cominciato a leggere i suoi lavori. Lei ha scritto tantissimi articoli, romanzi, reportage, racconti, raccolte di articoli: è una figura eccezionale. È la prima donna a fondare giornali in Italia, e a codirigerli in un’epoca in cui alle donne non erano concesse tutte queste possibilità. E neanche dopo di lei le donne riescono ad avere potere in un ambiente così maschile come giornalismo. Quindi lei è stata davvero una donna eccezionale, perché è riuscita a imporsi in un sistema in cui appunto non era facile muoversi. È riuscita a esprimersi liberamente, a imporre i suoi contenuti, il suo stile.
Quale lezione si impara leggendo la vita di Matilde Serao?
BELLINO Si impara che per essere giornalisti bisogna davvero immergersi nella realtà, ascoltare i bisogni della gente e quindi essere nel mondo, ascoltarlo.
ACETO Per me è molto interessante vedere la determinazione con cui ha inseguito i suoi desideri e li ha presi. Andando oltre qualsiasi difficoltà, andando oltre l’apparenza fisica. Perché poi lei aveva una fisicità molto particolare. Sfogliando le foto ho trovato tantissime vignette dell’epoca che la ritraggono esasperandone i tratti, imbruttendola. Accettando anche questa sua caratteristica, lei ha esaltato l’intelligenza, l’eloquenza, la capacità di afferrare al volo le occasioni, mantenendo la propria sensibilità. Quello che ho percepito è infatti la profonda umanità di Matilde, pure ricoprendo ruoli di potere, o comunque ruoli importanti dove devi saperti difendere senza snaturarti e diventare una persona peggiore.
Quali sono i limiti adesso nel giornalismo nell’accogliere voci diverse da quella maschile?
BELLINO In molti paesi, tra cui l’Italia, vige un sistema con forti residui di patriarcato e maschilismo che non permettono alle donne di imporsi facilmente nel mondo del lavoro. C’è sempre uno sforzo in più da fare per le donne in tutti i contesti, non sono nel giornalismo. Nel giornalismo senza dubbio registriamo oggi un’assenza di direttrici, un’assenza di donne al potere e quindi, diciamo, che non è cambiato molto dall’epoca di Matilde Serao. Per questo è giusto ricordare la sua vita eccezionale. Tutte le giornaliste oggi dovrebbero esserle grate per aver aperto una strada, anche se è ancora in salita. Inoltre la vita di Matilde ci porta anche verso un’altra problematica: lei è stata mamma di cinque figli e ha cresciuto anche una sesta figlia nata da un tradimento di Eduardo Scarfoglio con un’altra donna. Matilde riusciva a conciliare la vita familiare con la vita lavorativa.
Quello che è interessante è che negli anni successivi le giornaliste, soprattutto quelle che volevano fare il mestiere sul campo (basta pensare alle inviate di guerra), hanno spesso rinunciato alla maternità. Da metà del ‘900 si è diffusa questa tendenza: se vuoi fare carriera non puoi essere mamma. L’esperienza di Matilde Serao ci dice che invece è possibile conciliare le sfere. Anche per questo la sua vita è un modello straordinario ancora oggi e penso sia giusto riportarlo alla luce.
Non mi sembra giusto dover scegliere drasticamente di eliminare qualcosa dalla propria vita, le donne sono libere di scegliere se vogliono o non vogliono figli al di là della carriera. Non dovrebbero essere condizionate da questo. Quindi sì, c’è molto da fare in Italia purtroppo per combattere ancora discriminazioni, diseguaglianze di genere e modelli fuorvianti.
ACETO Se le madri potessero accedere di più a questi ruoli, anche importanti, mantenendo una prerogativa tipica delle donne, sarebbe un esempio molto forte, e molto bello, per una figlia. Perché poi spesso l’immaginario di una donna è di una madre che ha un ruolo secondario.
In Italia si parla della pubblicazione di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa. Il documento dice che siamo scesi in classifica. Cosa ne pensa? Il giornalismo in Italia è libero?
BELLINO Il tema della libertà di stampa è molto complesso, quello che si può dire è che questi dati sono reali perché è vero che c’è meno libertà nel settore. Sono cresciuti autocensura e condizionamenti rispetto agli decenni precedenti e di sicuro su questo pesano precarietà e minacce ai giornalisti. Dobbiamo anche dire che siamo in un’epoca di grandi trasformazioni tecnologiche che influiscono, ovviamente, anche sulla selezione e sulla diffusione delle notizie.
Anche l’epoca di Matilde è stata un’era di grandi cambiamenti nel mondo dell’informazione. Basta pensare all’introduzione delle fotografie sui giornali. Nel 1904 viene pubblicata la prima fotografia e l’eruzione del Vesuvio del 1906 verrà documentata anche attraverso le fotografie tra cui un bellissimo servizio fotografico realizzato proprio da uno dei figli di Matilde, Antonio Scarfoglio. L’inserimento di nuove tecnologie modifica sempre anche la diffusione dei contenuti. Oggi stiamo vivendo un’altra epoca di giganteshe trasformazione che ci porta verso la frammentazione.
Cosa intende?
BELLINO Con l’avvento del digitale i media si sono moltiplicati. Le notizie sono diffuse sui social, in radio e televisione, sulle piattaforme. È nato il citizen journalism. La frammentazione dei contenuti, il declino dei canali tradizionali più la diffusione di fake news rende più difficile la comprensione dei fatti. È vero che per formarsi un’idea è giusto accedere a più fonti, ma se queste sono troppe si può creare confusione e c’è bisogno di uno sforzo maggiore da parte dei lettori.
Per tornare al discorso della libertà di stampa, sì, c’è meno libertà oggi, questo è sicuro. Si fanno sempre meno inchieste e chi ci prova subisce intimidazioni. Parlare ai giovani dell’etica di Matilde, della sua autentica curiosità, del suo credere nella parola come atto politico e della sua empatia verso le ragioni dell’Altro è per me un modo per alleviare il retrogusto di questi tempi.
C’è una soluzione?
BELLINO Innanzitutto non autocensurarsi e portare avanti le proprie intuizioni. Non smettere mai di essere curiosi, mettersi grandi obiettivi, fare inchieste, ascoltare la gente e avere il coraggio di cambiare e intraprendere sempre nuove strade, come ha fatto Matilde Serao. Questo fumetto è dedicato alle giornaliste che verranno.
Perché scegliere il formato graphic novel per raccontare la storia di Matilde Serao?
BELLINO Questa forma permette di far conoscere la vita straordinaria di Matilde anche ai più giovani, che magari non hanno voglia di leggere libri più complessi e più lunghi. Si mescola il linguaggio con l’immagine, in maniera comunque documentata. E ciò permette alla vita di Matilde di essere diffusa con più facilità. Perché purtroppo è stata dimenticata nel tempo.
Quanto è durata la ricerca?
BELLINO Tre anni. E potrei continuare ancora a cercare.
C’è spazio, secondo lei, per un film o una serie tv sulla vita di Matilde Serao? Se ne sta parlando?
BELLINO Se ne parla tanto, e io vorrei tanto poterci lavorare. Quello che mi interessa della figura di Matilde è provare a trasferire alcune sfumature che forse da donna, giornalista, scrittrice, campana, amante anche dello sguardo aperto che aveva Matilde, che è figlia di una coppia mista nata in Grecia da una madre poliglotta. Cioè mi piacerebbe trasferire l’apertura mentale di questa donna, il coraggio e la capacità di sintonizzarsi con la gente e anche con il territorio, e con la natura.
In che senso con il territorio?
BELLINO Ho scelto di rappresentarla nei giorni dell’eruzione del Vesuvio perché volevo raccontare anche il suo rapporto con la natura e la sua imprevedibilità. L’ho fatto con questo dialogo con il vulcano, che è proprio l’emblema assoluto di quello che è la distruttività della natura. Regole che detta e che noi non ascoltiamo visto che siamo arrivati a una soglia di problematici da gravi a causa del riscaldamento globale e della crisi climatica che sembra non essere presa in considerazione e questa traccia è fondamentale per me. Cioè Matilde in dialogo col vulcano per me deve anche dire a chi leggerà: “Attenzione siamo parte della natura”.
In quanto allo stile, le tavole sembrano fotografie d’epoca.
ACETO Un po’ entrambe le cose. Ricordano molto delle foto perché ovviamente ho cercato tantissime foto dell’epoca anche di Matilde per riuscire a ricostruirla. E da quelle ho cercato di restituire proprio un po’ quella atmosfera quindi che ricordasse in qualche modo anche un po’ come una sorta di ricordo, di memoria. E che allo stesso tempo prendesse proprio vita, perché quando guardi una foto da un lato vedi la distanza che c’è tra quel momento storico e il nostro, però in un altro senso vedi anche qualcosa che in realtà ti sembra quasi ieri. L’epoca moderna è nata in quel momento lì. Era bello rendere proprio l’idea di qualcosa che fosse quasi contemporaneo, ma allo stesso tempo una sorta di ricordo collettivo.
Poi sì, il tratto è il mio. Ho un po’ questo stile. Andando avanti nel libro è molto cresciuto, vedo moltissimo la differenza tra i primi disegni di Matilde e quelli dopo. Lei mi è diventata molto più familiare, ha preso quasi vita. E con pochi tratti riesci a restituirla, a disegnare due linee e a dire: “Cavolo è lei”.
E poi, visto che la storia si ambienta durante l’eruzione del Vesuvio, volevo rendere questa atmosfera polverosa. Napoli è stata invasa da cenere, addirittura è crollata una tentoria anche se non è stata colpita dalla fuoriuscita di lava. Ho immaginato come se tutto fosse diventato grigio e polveroso.
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