La Gioconda trasloca? Il sorriso enigmatico è più enigmatico che mai, non per il mistero, ma perché si fatica persino a vederlo tra spintoni e gomitate

Il Louvre valuta nuove soluzioni per proteggere il capolavoro di Leonardo, mentre la Lombardia si propone provocatoriamente come custode temporanea

La Gioconda, il sorriso più famoso (e frainteso) della storia dell’arte, si trova nuovamente al centro di un dibattito che unisce conservazione, turismo e persino politica. A sollevare la questione è Laurence des Cars, direttrice del Louvre, che ha lanciato una sorta di SOS per il museo, dove i problemi strutturali ormai competono con le file chilometriche dei turisti.

Con i suoi 8,7 milioni di visitatori all’anno, il Louvre è praticamente una metropoli che si regge su biglietti, audioguide e selfie stick. E tra questi milioni, è ovvio che tutti vogliano vedere proprio lei, la Monna Lisa. Ma qui sta il problema: la Sala degli Stati, dove la Gioconda abita da decenni, sembra non essere più all’altezza del compito. Troppo piccola, troppo affollata, troppo tutto. Una situazione che, oltre a mettere a dura prova i nervi del personale di sicurezza, comincia a preoccupare anche gli esperti di conservazione.

La direttrice ha espresso forti dubbi sulla tenuta strutturale degli ambienti, citando infiltrazioni d’acqua e sbalzi di temperatura che farebbero venire un colpo apoplettico a qualunque restauratore. Per non parlare di un “dettaglio” che suona come un paradosso: un dipinto rinascimentale che rischia di essere danneggiato non per i secoli trascorsi, ma per la folla che lo ammira ogni giorno. Leonardo non aveva previsto che il suo ritratto finisse esposto come una rockstar in perenne tour mondiale.

La direttrice suggerisce quindi un cambio di rotta: perché non trasferire la Gioconda in uno spazio più adeguato? Magari in una sala nuova di zecca, accanto agli altri lavori di Leonardo, per dare finalmente un senso al concetto di “visione d’insieme”. D’altronde, diciamocelo: vedere la Gioconda così, piazzata come un totem in mezzo a un mare di smartphone alzati, non è esattamente un’esperienza didattica o scientifica soddisfacente. Il sorriso enigmatico è più enigmatico che mai, non per il mistero, ma perché si fatica persino a vederlo tra spintoni e gomitate.

A rincarare la dose ci si mettono anche gli episodi di vandalismo: nel 2022, due attiviste hanno lanciato una zuppa contro la teca protettiva, in un gesto che è stato tanto spettacolare quanto inutile. La Monna Lisa è rimasta illesa, ma l’episodio ha messo in luce quanto sia delicata la gestione della sua sicurezza.

E proprio quando la Francia si ritrova a fare i conti con questi dilemmi, ecco che arriva la Lombardia con una proposta dal sapore un po’ provocatorio: Se non sapete dove metterla, noi siamo pronti a ospitarla”, ha dichiarato l’assessora regionale alla Cultura, Francesca Caruso. E non si tratta solo di un gesto d’ospitalità: la Lombardia vede in questo trasferimento temporaneo un’opportunità per collegare la Gioconda al suo creatore, che a Milano ha lasciato una delle sue eredità più importanti, dal Cenacolo alle pagine del Codice Atlantico.

Certo, l’assessora non si è dimenticata di aggiungere un tocco di marketing strategico. Perché no, ha detto, proiettiamo questo momento nell’orbita delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. Immaginate: una Gioconda sotto i riflettori internazionali, magari accolta con un tappeto rosso degno del Festival di Cannes.

Ma andiamo al punto: un trasferimento della Gioconda sarebbe davvero realistico? Probabilmente no. Spostare un dipinto fragile come questo, con tanto di crepe nel supporto ligneo, è un incubo logistico che farebbe impallidire qualsiasi curatore. Per ora, la proposta lombarda resta una suggestione più che una possibilità concreta.