L’arte che riscrive Roma: i silos di Piazza Venezia come nuova costellazione urbana

Tra memoria storica e visioni contemporanee, il progetto "MURALES: Arte contemporanea in metro" trasforma i cantieri della linea C in un palcoscenico per l’arte, unendo archeologia e innovazione in un dialogo senza tempo.

A Roma, ogni pietra ha una storia e ogni cantiere diventa teatro di nuove narrazioni. Piazza Venezia, con la sua maestosa imponenza e il suo perpetuo fermento, accoglie un progetto che sembra volersi intrufolare tra le pieghe del tempo: “MURALES: Arte contemporanea in metro“. Non si tratta solo di decorare un cantiere, ma di trasformarlo in un palcoscenico per un dialogo audace tra passato e futuro, archeologia e innovazione, creando un nuovo linguaggio visivo per la città eterna.

Fino al 2026, i silos del cantiere, monumentali nella loro effimera esistenza, diverranno supporto per opere che interrogano il rapporto tra memoria storica e avanguardia. Il debutto spetta a Pietro Ruffo, con il suo “Costellazioni di Roma”, un’opera che si offre al pubblico come un viaggio cosmico attraverso il mito e la topografia antica. I suoi 10 metri di altezza per 64 di lunghezza incarnano una sintesi visiva tra il cielo e la terra, utilizzando il bianco e il blu per dialogare con l’architettura imperiale circostante. È un linguaggio che non si accontenta di adornare, ma che riscrive il contesto, imponendo allo spettatore una nuova prospettiva.

L’intervento di Ruffo, ispirato alla Pianta Topografica di Roma Antica di Luigi Canina, opera una sorta di alchimia concettuale, dove la mappa diventa costellazione e la narrazione cosmica si intreccia con le fondamenta della città eterna. Non è solo un murale: è un manifesto della possibilità che l’arte contemporanea ha di farsi strumento di rigenerazione simbolica.

Ma Piazza Venezia non è nuova alle epifanie del passato. I lavori della metro hanno riportato alla luce frammenti di Roma imperiale, tra cui strade lastricate e resti di edifici. Questo dialogo tra archeologia e innovazione artistica si inserisce in una tendenza più ampia che vede, grazie a direttori di musei illuminati, un superamento della distanza tra passato e presente. La commistione tra le narrazioni antiche e le pulsioni contemporanee si offre come un paradigma di continuità, piuttosto che di contrasto.

Non a caso, il progetto Murales mira a rendere i silos non soltanto supporti, ma attori di un dramma urbano che invita a riflettere sulla trasformazione della città. Ogni quattro mesi, questi giganti temporanei accoglieranno le opere di artisti come Elisabetta Benassi, Liliana Moro, Marinella Senatore, il collettivo Toiletpaper e Nico Vascellari. È un’alternanza che promette di mantenere vivo il dialogo con una Roma in continuo divenire, dove persino il turista distratto troverà un momento per alzare lo sguardo dai soliti selfie con il Vittoriano.

Il cantiere, da sempre percepito come una piaga urbanistica e simbolo di estenuanti attese per i cittadini romani, assume in questa narrazione una veste completamente nuova. Non più un semplice contenitore di polvere, rumore e impalcature, ma un sorprendente palcoscenico per l’arte contemporanea. Qui si ribalta l’immaginario collettivo: ciò che era prima motivo di lamentele diventa un’occasione per celebrare la bellezza nel suo farsi. Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild, lo definisce un’alchimia in cui la bruttezza provvisoria del cantiere si sublima in un’espressione estetica, trasformando la confusione e il disordine dei lavori in un atto di rigenerazione simbolica. La polvere stessa, quasi un elemento di disturbo, sembra ora partecipare al racconto visivo, sottolineando come l’arte possa persino nascere e prosperare nel caos apparente della trasformazione urbana.

Emerge così una nuova narrazione per la città, dove la pratica artistica e quella infrastrutturale si fondono in un intreccio unico. Ruffo, con le sue “Costellazioni”, traccia linee che collegano il passato remoto della Roma imperiale con le stelle, offrendo un nuovo cielo a una città che vive di memoria e visione. L’opera diventa un invito a guardare oltre, a scoprire come anche i dettagli più prosaici possano trasformarsi in segni universali di bellezza e significato.

Pietro Ruffo, da parte sua, definisce la sua opera un modo per “lasciare una traccia nel tessuto storico di questa città”. Ed è una traccia che non si limita al visibile, ma scava nei simboli, nei miti, nelle proiezioni che rendono Roma non solo una città, ma una costellazione di significati. Ogni elemento sembra parlare di un equilibrio delicato tra la monumentalità e il quotidiano, tra l’eternità delle pietre e la transitorietà del cantiere.

Svetlana Celli, presidente dell’Assemblea Capitolina, sottolinea come questo progetto sia un esempio perfetto di come trasformazione e sviluppo possano andare di pari passo. Con il Giubileo alle porte, la città trova in questa iniziativa non solo un’occasione di rinnovamento, ma una promessa di lasciare un’eredità culturale che parli al futuro senza dimenticare il passato. L’arte, in questo contesto, si rivela ponte e memoria, capace di intrecciare storie lontane e aspirazioni contemporanee in un unico gesto simbolico. Roma, con la sua inesauribile complessità, continua così a offrire quell’abbraccio unico che la rende eterna.

Il progetto è promosso dal consorzio di imprese che sta realizzando la Linea C guidato da Webuild e Vianini Lavori con il patrocinio del Comune di Roma e di concerto con le Soprintendenze competenti.

“MURALES: Arte contemporanea in metro” è dunque più di un evento: è una mappa simbolica di una città che si guarda nello specchio del tempo e trova, persino nei silos di un cantiere, l’immagine di una bellezza possibile. Le superfici dipinte diventano specchi riflettenti di una metropoli che, nella sua continua trasformazione, non perde mai di vista la capacità di reinventarsi, mantenendo intatta la sua essenza profonda e inesauribile.

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