S.E.M.I. 2024: L’Aquila, emblema di rinascita e la cultura come strumento ontologico di riconciliazione

Nel crocevia tra passato e presente, l'edizione 2024 di S.E.M.I. ha reso L'Aquila un laboratorio filosofico, in cui le eccellenze dell'arte e del pensiero hanno esplorato il potere della memoria e della cultura come tessuto che riannoda l'essere collettivo

L’edizione 2024 di S.E.M.I. (Storie di Eccellenza, Merito e Innovazione) ha trasformato L’Aquila in un laboratorio di riflessione, in cui la cultura è stata elevata a strumento di ricostruzione non solo fisica, ma soprattutto spirituale e sociale. L’Aquila, con la sua storia segnata dalla distruzione del terremoto e dalla successiva rinascita, si è rivelata un palcoscenico ideale per ospitare un evento in cui le eccellenze del pensiero contemporaneo si sono incontrate per cercare nuove vie di dialogo e coesione sociale.

L’intero evento si è svolto sotto l’egida del tema “La cultura rammenda, la cultura rammenta“, evocando una tensione filosofica tra la necessità di ricordare ciò che siamo stati e il compito di ricucire ciò che si è lacerato nel nostro presente.

Nel cuore di questo tema, si colloca una riflessione di matrice profondamente ermeneutica: la cultura, come tessuto comune, diventa il luogo in cui le storie individuali si intrecciano con quelle collettive. La memoria, evocata come atto di rammentare, non è qui intesa come semplice custodia del passato, ma come forza vivificante che ci invita a ricomporre i frammenti del nostro vivere, riconoscendo nel ricordo non solo un obbligo, ma una via di riscoperta della nostra comune umanità. La cultura, in questa accezione, si trasforma in uno strumento capace di guarire le ferite del tempo, un atto di “guarigione collettiva”, come l’ha definita Angelo Argento, fondatore di Cultura Italiae.

L’evento ha riunito personalità straordinarie, tra cui Giovanni Allevi e Jago, i cui interventi hanno saputo incarnare questa tensione tra passato e presente, tra fragilità e aspirazione. Allevi, nel corso della sua masterclass, ha condiviso una riflessione che va oltre il piano puramente musicale: per lui, la musica è un linguaggio universale, un’espressione che trascende il razionale per toccare direttamente l’essenza emotiva dell’individuo. Il dolore che ha attraversato la sua recente vita, segnato dalla malattia, si è trasformato in una forza creativa straordinaria, un’opportunità di rinascita. Questa riflessione assume i tratti di una fenomenologia del dolore: il dolore, anziché essere qualcosa da cui fuggire, diventa l’orizzonte attraverso cui si può accedere a una profondità maggiore della propria esistenza. Ogni nota, ogni pausa nella sua musica, è un segno di resistenza, un atto di guarigione dell’anima. Il pianoforte diventa lo strumento attraverso cui Allevi invita l’ascoltatore a un viaggio che non è solo estetico, ma spirituale, un cammino di risalita verso la luce.

Parallelamente, Jago, attraverso le sue sculture, ha offerto una lettura altrettanto profonda del tempo come forza creativa e distruttiva. Jago, artista rivoluzionario e iconoclasta, ha dimostrato come la scultura sia un atto di liberazione: il marmo, apparentemente inerte, viene modellato dal tempo e dall’abilità dell’artista, che rivela ciò che è nascosto all’interno. L’arte di Jago si colloca nel solco della grande tradizione rinascimentale, ma al contempo la supera, proiettandola nel nostro presente: il marmo, materia per eccellenza della tradizione classica, nelle mani di Jago diventa strumento di riflessione su temi contemporanei, come la vulnerabilità umana e la necessità di riscatto. Egli stesso afferma: “Il tempo è il nostro principale strumento di scultura”, una frase che racchiude una visione profondamente ontologica del tempo come forza creatrice. Il tempo non è una semplice cornice entro cui la vita si dispiega, ma è la forza stessa che plasma l’esistenza, dando forma alle esperienze e alle emozioni. In un certo senso, le sculture di Jago diventano allegorie della condizione umana: la materia, così come l’uomo, è soggetta al tempo, ma è anche attraverso il tempo che si rivela la sua più autentica essenza.

Questa riflessione sul tempo si intreccia profondamente con il tema dell’edizione di S.E.M.I.: “La cultura rammenda, la cultura rammenta”. La cultura è intesa come quell’atto di riconciliazione tra ciò che è stato spezzato e ciò che può essere riparato. Non si tratta di una riparazione puramente tecnica o materiale, ma di una ricostruzione del senso e del significato della nostra esistenza collettiva. In un’epoca segnata da conflitti e divisioni, l’arte e la cultura emergono come strumenti capaci di rammendare ciò che è stato lacerato, di riunire frammenti dispersi in un unico tessuto. In questo senso, S.E.M.I. diventa un laboratorio etico, uno spazio in cui le diverse forme d’arte si incontrano per costruire nuove narrazioni collettive.

L’incontro tra Allevi e Jago non è stato solo un dialogo tra due espressioni artistiche diverse, ma un vero e proprio crocevia di linguaggi che si sono intrecciati in una riflessione comune: l’arte, sia essa musicale o plastica, ha il potere di trasformare la nostra visione del mondo, di offrire una prospettiva nuova, capace di andare oltre le divisioni. Se Allevi, con le sue note, ci invita a un viaggio interiore, Jago ci richiama alla matericità dell’esperienza, al dialogo tra corpo e spirito, tra terra e cielo. Entrambi, nelle loro rispettive arti, ci parlano di una condizione umana che cerca continuamente di risollevarsi dalle sue cadute, di riscoprire una bellezza che, per quanto fragile, è sempre presente.

In un’epoca come la nostra, in cui le divisioni sembrano prevalere, la cultura, l’arte e la memoria si offrono come ponti per riconnettere ciò che è stato separato. S.E.M.I. si è così configurato come uno spazio di riflessione collettiva, un luogo in cui l’arte non è fine a se stessa, ma diventa azione politica e spirituale, una chiamata all’azione per costruire un futuro in cui la bellezza, la solidarietà e l’empatia possano prevalere sulle forze di frammentazione. Le tre giornate a L’Aquila sono state un simbolo di rinascita e speranza, un invito a riconoscere la nostra comune umanità e a riscoprire, attraverso la cultura, il potere di trasformare il mondo.

L’Aquila, con il suo passato doloroso e il suo presente di rinascita, è stata il simbolo vivente di questo processo di guarigione collettiva. La città stessa, come le opere di Jago, è stata plasmata dal tempo, e ora si presenta come un’opera incompiuta, in costante divenire. S.E.M.I., con il suo programma ricco di incontri e dibattiti, ha dimostrato che la cultura non è solo un patrimonio da tutelare, ma un mezzo attraverso il quale possiamo ricostruire il senso della nostra esistenza collettiva, guardando al futuro con una rinnovata speranza.

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