NON SOLO COLOSSEO/2 Piazza della Bocca della Verità

A pochi passi dal Velabro, la zona una volta paludosa dove si incaglio-ò la cesta con Romolo e Remo

Chiunque abbia visto il film Vacanze romane non dimentica la scena ambientata nel portico di accesso alla chiesa di s. Maria in Cosmedin, dove un grande disco di marmo a forma di volto umano ha fama di non restituire la mano ai bugiardi che hanno la cattiva idea di inserirla nella sua fessura: Gregory Peck spaventa Audrey Hepburn, la bella principessa fuggita durante una noiosa visita ufficiale, fingendosi mutilato dal mascherone. 

L’antico edificio religioso si affaccia sulla grande piazza, che adesso prende proprio il nome dalla Bocca della Verità, ed occupa lo spazio dell’antico Foro Boario, antica sede del mercato dei buoi. 

È un luogo che ci rimanda un’infinità di storie, legate alle origini di Roma: furti di bestiame, templi dedicati a divinità dall’identità ambigua, approdi di popoli e di miti. Vi si conserva memoria dell’eroe Ercole che qui riuscì a recuperare la mandria dei buoi rubata dal gigante Caco ed era probabilmente dedicato a Ercole, il bellissimo tempietto rotondo sul lato del Tevere, costruito in marmo e circondato di colonne, datato al II secolo a. C.  e riadattato a chiesa cristiana nel Medioevo. 

Proprio la sua forma circolare lo aveva però fatto considerare dedicato a Vesta, la dea protettrice del focolare, particolarmente venerata nella Roma antica.

Anche l’altro tempio del Foro Boario, di forma rettangolare, conosciuto come tempio della Fortuna Virile, era quasi sicuramente dedicato a Portuno, la divinità fluviale che stava a protezione dell’approdo sul Tevere, così importante per gli scambi commerciali.

Contigua all’area del Foro Boario è la zona del Velabro, la zona paludosa dove si incagliò la cesta in cui erano stati abbandonati Romolo e Remo, poi bonificata grazie all’eccellente sistema fognario della Cloaca Massima. 

Sorge qui, affiancata da una porta sormontata da un architrave conosciuta come Arco degli Argentari, la chiesa di san Giorgio al Velabro, che intreccia la sua antica storia a tristi vicende contemporanee. Nell’abside è conservato un bellissimo affresco della metà del Duecento che raffigura Cristo e la Vergine tra i santi, un tempo attribuito a Giotto ma ora considerato di mano del pittore romano Pietro Cavallini.  

Un attentato mafioso, provocato il 28 luglio del 1993 da un’autobomba con 100 chilogrammi di tritolo, provocò il crollo del porticato, ricostruito secondo un attento restauro. Per fortuna non ci fu nessuna vittima.