A Venice Immersive l’avanguardia dell’intrattenimento. Ce la raccontano i curatori Liz Rosenthal e Michel Reilhac

Appuntamento al Lazzaretto Vecchio coi rivoluzionari, gli sperimentatori, gli innovatori e i pionieri delle arti e dei media di nuova generazione. Dalla Silicon Valley, a Taiwan la comunità internazionale si confronta sulle possibilità dei nuovi linguaggi.

Venezia, 28 agosto. Venice Immersive è la sezione XR (Extended Reality) dedicata alle arti e ai media immersivi dell’81ª Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. È stata la prima sezione di questo genere ad essere patrocinata da un grande festival internazionale – solo quest’anno anche il Festival di Cannes ha fatto un timido tentativo di introdurre uno spazio dedicato alla realtà virtuale – e rappresenta la fucina di talenti per tutti i media e l’intrattenimento di nuova generazione. Arrivata all’ottava edizione la selezione di quest’anno comprende il più esteso e complesso programma nel panorama di settore con 63 progetti provenienti da 25 paesi, di cui 26 in concorso, 30 fuori concorso e 7 sviluppati attraverso il Biennale College Cinema – Immersive, un incubatore di nuovi talenti. L’esibizione, che è possibile visitare su prenotazione con accredito fino al 7 settembre – anche se dagli uffici della Fondazione comunicano il sold out a poche ore dal lancio sul sito della Biennale – , si tiene sull’isola del Lazzaretto Vecchio, a pochi metri dalla riva di Corinto e dal Palazzo del Cinema sul Lido di Venezia.

In questa intervista, i curatori della selezione, Michel Reilhac e Liz Rosental, condividono con THR Roma le ultime novità, i trend emergenti e le meraviglie delle esperienze immersive. Raccontano perché il Lazzaretto è diventato il luogo prediletto per i pionieri, gli sperimentatori e gli innovatori delle arti e dei media d’avanguardia.

Cosa rende l’Isola Immersiva un luogo così speciale?

LR: La sezione immersiva della Mostra del Cinema di Venezia è davvero unica. Si tratta dello spazio più grande al mondo dedicato all’arte, all’intrattenimento e alla rappresentazione dei media immersivi.

MR: Siamo estremamente orgogliosi di dare il via oggi alla competizione immersiva di Venezia. Questo è il luogo dove si trovano le migliori esperienze immersive globali.

Il Festival di Venezia è stato il primo a lanciare uno spazio dedicato all’immersività. Dopo otto anni come potreste riassumere lo stato di salute del settore?

L.R. L’immersività gode più che mai di ottima salute. Lo testimonia una eccezionale gamma di esperienze immersive, che evidenziano la grande varietà di ciò che questo campo ha da offrire.
Ci sono esperienze virtuali pensate per un singolo utente, che offrono straordinarie possibilità artistiche. Poi, ci sono esperienze multiplayer che permettono a molte persone di esplorare insieme un mondo virtuale. Ci sono, inoltre, esperienze che includono costumi speciali con  elementi sensoriali, connessi ad elementi visivi e proiezioni ambientali per intensificare l’immersione.

M.R. Con Liz ogni anno esaminiamo centinaia di esperienze immersive, con o senza headset (il visore per realtà virtuale, o headset VR, è una maschera che impiega display 3D e sistemi di tracciamento della posizione per creare un ambiente immersivo di realtà virtuale per l’utente), per scegliere i 50 o i 60 pezzi che arrivano qui al Lazzaretto.
Ogni anno restiamo sbalorditi dal potere, dall’immaginazione, dalla qualità onirica di questo linguaggio o, a volte, dalle modalità molto coinvolgenti con cui empatizzare e comprendere le condizioni di altre persone. Ogni anno constatiamo che il potere dell’arte immersiva cresce, diventando esponenzialmente più intenso, sia sul piano emozionale e poetico che su quello documentale. È davvero straordinario vedere l’evoluzione e l’impatto che questo settore sta avendo.


Con l’esperienza maturata nel corso degli anni, quali pensate siano le prospettive future per questi nuovi media?

M.R. Una delle cose che abbiamo notato, soprattutto quest’anno, è la nascita di ciò che viene definita “Mixed Reality”. È una tecnologia che permette, con un headset, di vedere il mondo intorno come con un paio di occhiali, mescolandolo con elementi virtuali in modo da creare una esperienza ibride, in cui siamo in un mondo fisico, che però è diverso, perché alterato dall’aggiunta di elementi virtuali.

L.Z. Un’altra cosa che è molto importante è l’aspetto sociale e interattivo tra più persone. Per molti anni, con Michel siamo stati entusiasti delle possibilità di interazione sociale nella Virtual Reality. Abbiamo mostrato esperienze incredibili in cui molte persone possono entrare insieme da remoto in un mondo virtuale sulla piattaforma VRChat, ma ci sono anche esperienze con sede in luoghi specifici in cui molte persone, allo stesso tempo, possano esplorare uno spazio insieme. Per esempio, abbiamo in concorso un grande progetto chiamato En soir avec les impressionnistes di Pierre Gable, attualmente in corso al Musée d’Orsay a Paris, dove 200 persone possono muoversi assieme in un mondo virtuale.

M.R. Questo rappresenta davvero un grande cambiamento, perché fino a poco tempo fa era comune per coloro privi di familiarità con la realtà virtuale accusare gli headset di isolare gli utenti, confinandoli nella solitudine del mondo virtuale. Non è più vero. Quello che, invece, sta accadendo è che, se sei a Roma e alcuni dei tuoi amici sono a New York o in Africa, puoi condividere le esperienze assieme a loro. La VR  sta diventando una maniera di condividere esperienze quando non è possibile farlo fisicamente. Penso che questo sia il futuro, la rivoluzione che la VR porterà nelle nostre vite.

Oltre all’aspetto creativo, poetico e sociale, in che condizioni è il mercato delle produzioni immersive?

L.R. Per quanto riguarda il mercato, rileviamo che si sta orientando verso le esperienze multiplayer, che tradotto significa che iniziano a circolare progetti commerciali sostenibili. Mentre a volte gli stand alone con headset (esperienze fruibili da un solo utente per volta) possono essere impegnative da distribuire, creare format, dove molte persone interagiscono allo stesso tempo in una unità di luogo, è più sostenibile i distributori.

Inoltre, stanno emergendo esperienze che vanno oltre l’uso degli headset. Questi progetti o combinazioni di progetti prevedono proiezioni su larga scala, permettendo a molte persone di partecipare all’esperienza simultaneamente, nello stesso spazio su ‘acquisto di un biglietto.

M.R. Va aggiunto che oggi è diventato più accessibile acquistare un buon headset: con circa 400 euro o 400 dollari è possibile procurarsi un dispositivo e accedere a tutto ciò che offre il Metaverso, l’ambiente virtuale in cui si incontrano e si interagisce con altre persone. Questo avvicina l’arrivo di un mercato funzionale, in cui è possibile acquistare biglietti per eventi, giochi, software e storie da condividere con amici. Il mercato comincia a dare i suoi frutti finanziari, consentendo ai produttori di recuperare i loro investimenti e iniziare a generare profitti.

Pensate che i tempi sono maturi affinchè l’immersività sia presa in considerazione nell’Award Season?

M.R. Penso che l’immersività sia ancora vista dalla film community come qualcosa di un po’ underground, di marginale. Per noi che viviamo e lavoriamo in questo, ogni giorno, lo vediamo crescere in qualcosa di sempre più grande. Per noi quindi, sì, siamo parte della stagione degli award e speriamo di attrarre sempre più talenti di grosso calibro. Attrici come Tilda Swinton, per esempio, che ha avuto una partecipazione fedele ed attiva alle esperienze immersive. Ci auguriamo di attrarre più talenti come lei.

L.R. Nella sezione Venice Immersive, fin dall’inizio, attribuiamo tre premi ai nostri progetti: il Grand Prize, il Jury Prize e l’Achievement Prize, con una giuria di esperti incaricata di valutare le opere in competizione. Al di fuori di Venice Immersive, anche organizzazioni prestigiose come gli Emmy Award hanno recentemente introdotto premi dedicati alle produzioni immersive in diverse categorie, il che rappresenta un segnale molto positivo. Inoltre, la Producers Guild of America e altre importanti organizzazioni iniziano a riconoscere e a considerare queste nuove forme d’arte. Non dubito che col tempo sempre più istituzioni inizieranno a prestare attenzione all’immersività.

M.R. Al proposito tengo a  menzionare What If, An Immersive Story di Dave Bushore, uno dei progetti della line-up di quest’anno, realizzato in collaborazione con i Marvel Studios, Disney e ILM, gli studios di George Lucas. Questa esperienza è stata progettata per l’Apple Vision Pro, un headset di ultima generazione che rappresenta un dispositivo all’avanguardia per accedere agli ambienti virtuali. Segno che enormi aziende stanno entrando in campo per produrre  sotto la loro egida contenuti incredibilmente popolari.

E per quanto riguarda la Biennale College Cinema – Immersive, l’incubatore di talenti della Biennale?

M.R. La forza della sezione immersiva della Biennale di Venezia risiede nel fatto che non solo presentiamo i migliori contenuti immersivi, ma offriamo anche ai progetti l’opportunità di essere finanziati attraverso il nostro mercato. Inoltre, grazie al programma Venice Biennale College Immersive, ogni anno selezioniamo 12 progetti ancora in fase iniziale di scrittura e sviluppo, fornendo loro supporto per la realizzazione. Tra questi, con l’aiuto di esperti internazionali, ne scegliamo uno che riceve un premio di 80.000 euro dalla Biennale per essere portato a termine. L’esperienza viene poi presentata qui. Quest’anno il premio è stato vinto dall’italiana Corinne Mazzoli con The Gossip’s Cronicle, che è di Venezia e vive qui a Lido. Quindi siamo molto felici di questa congiunzione.

L.R. Abbiamo 6 altri progetti nella selezione. Quest’anno, il focus è soprattutto su installazioni che combinano gli headset con scenografie completamente ricostruite.

Potete nominare tre titoli a testa degni di nota?.

M.R. Ok, possiamo provare l’esercizio dei tre titoli, ma è difficile. Li amiamo tutti, per motivi diversi, e per questo li abbiamo scelti, ma forse ne possiamo segnalare tre per caratteristiche speciali. Il primo che mi viene in mente arriva da  Taiwan, si chiama Free Your Head, ed è un’installazione per la prima volta fuori dall’isola. È sul Lungomare Marconi, dalla parte opposta alla Sala Giardini, dove si possono vedere 32 persone con gli headset all’interno dei quali un segnale luminoso indica quale movimento deve compier la testa, quindi da fuori gli spettatori degli spettatori vedranno una coreografia sincronizzata.

L.R. Ritornerò al team di Anagram, che nel 2021  vinse qui il Gran premio con Goliath: Playng with Reality, e che quest’anno è in lizza con Impulse, sempre narrato da Tilda Swinton. È interessante perché è il secondo di una serie di progetti, che osserva la percezione della realtà delle persone con disturbi cognitivi, come la schizofrenia e l’ADHD.
È un uso davvero innovativo della Mixed Reality, che combina il mondo reale con ambienti virtuali in modo originale, e consente anche una connessione empatica con le storie delle persone coinvolte.

M.R. Secondo che voglio nominare è un mondo virtuale che gareggia in competizione col titolo Uncanny Alley: A New Day by Stephen Butchko e Rick Treweek, ed è una live performance in cui gli attori interagiscono con sei visitatori che cambiano il corso della storia. Gli spettatori devono raggiungere degli obiettivi e risolvere dei problemi insieme ai performer per assicurare la riuscita della storia, quindi è incredibilmente interattivo e tutto dal vivo su VRChat, che è la piattaforma social principale della Virtual Reality.

L.R. Io citerò invece Ceci est mon coeur di Stephane Hueber-Blies e Nicolas Blies. Si tratta di un formato innovativo, perché la storia è raccontata da sei persone che, allo stesso tempo, indossano costumi che disegnano geometrie nello spazio grazie all’ausilio di led, con suoni e proiezioni ambientali. Questi indumenti esercitano anche stimoli sensoriali sul corpo di chi li indossa. È la storia della riconciliazione di un adulto col suo corpo di bambino violato.

M.R.  In ultimo, penso che sia necessario parlare del progetto di Apple Vision Pro chiamato Museum Alive, che offre la prima opportunità di provare in pubblico l’headset di Apple Vision Pro, non ancora disponibile in Italia, quindi è una vera premiere che permetterà di testare le prestazioni di questo strumento, attualmente il top che offre il mercato. Parliamo di un’esperienza immersiva, un’installazione da museo narrata da David Attenborough, dove i reperti archeologici prendono vita e si possono studiare sotto diversi aspetti: sbalorditivo.

L.R. Per concludere, invece, la mia scelta cade su un altro formato transmediale nuovo e metanarrativo. In In the Realm of Ripley, creato dai coreani Soo Eung Chuck Chae ed Eun Jung Chae, un attore generato dall’intelligenza artificiale interagisce direttamente con il pubblico. Nel frattempo, uno spettatore in realtà virtuale influisce in tempo reale sugli eventi che si svolgono sullo schermo, alterando l’esperienza visiva per il pubblico presente. Quindi tutto è interconnesso in una performance live. Assolutamente imperdibile. Vi aspettiamo all’Immersive Island.

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