Black Doves sta diventando un’ossessione per molti, così come altri nuovi thriller di spionaggio

Black Doves non è l’unica prova della passione per lo spionaggio sul piccolo schermo. Michael Fassbender è protagonista di The Agency, remake americano di Le bureau, prodotta da George Clooney. Donald Glover è protagonista con Maya Erskine di Mr and Mrs Smith, Eddie Redmayne di The Day of the Jackal e l’astro nascente dello star system italiano, Matilda De Angelis lo è di Citadel: Diana

Black Doves è l’idea platonica di un thriller spionistico, con tutti i suoi elementi perfettamente sincronizzati per garantire un bel divertimento”. Questo giudizio di Roxana Haxadi per New York Magazine è soltanto una delle recensioni che hanno procurato a Black Doves una media di valutazione critica su Rotten Tomatoes (98 %), il cui cospicuo valore è assai chiaro a chi frequenta questo territorio.  A ciò va aggiunto che Netflix ha già annunciato una seconda stagione e che, almeno in Italia, la serie è al primo posto tra quelle più viste sulle piattaforma. 

Cosa ne ha determinato il successo? Il cast “stellare”? Keira Knightley e Ben Wishow ne sono i protagonisti insieme a Sarah Lancashire, la memorabile protagonista di Happy Valley, un volto mitico della serialita britannica, visto che si è formata in Coronation Street. L’azione furiosa, dinamica e violenta degli scontri fisici che vede spesso in azione la Knightley la cui destrezza e spietatezza non ha niente da invidiare alla protagonista di Kill Bill. I dialoghi che mixano continua minaccia sotto la superficie della parole ed una insopprimibile passione per il black humour, come quelli dei romanzi hardboiled?

L’autore, Joe Barton, aveva già conquistato l’attenzione con la bellissima e inventiva serie noir Giri/Haji, che sempre Rotten Tomatoes aveva definito un “crime thriller quasi perfetto”. Prodotto dalla BBC e da Netflix, Giri/Haji si svolgeva, con un taglio da graphic novel, parte a Tokyo e parte in una Londra noir, tutta bassifondi e gang sanguinarie: un set ed uno stile che ritornano anche in Black Doves, insieme a elementi melò che rendono i protagonisti più ricchi e attraenti di qualsiasi action movie. 

Può una spia innamorarsi di qualcuno e desiderare di vendicarsi della sua morte mentre uno scandalo internazionale senza precedenti coinvolge Gran Bretagna, Usa e Cina? Se poi sei Helen Webb, agente sotto copertura e moglie del futuro ministro britannico della difesa, con il quale hai fatto due figli, e l’uomo che è stato ucciso era il tuo amante, nella tua vita nulla può più essere privo di stress o pericolo, tanto meno il Natale imminente. La vita del personaggio di Ben Winshaw, killer professionista, già addestratore di Helen, che insieme a lei affronta le infinite insidie del plot in cui sono entrambi coinvolti, non è priva di altrettante “fatal wounds” (ferite fatali). 

Black Doves non è l’unica prova della passione per lo spionaggio sul piccolo schermo. Michael Fassbender è protagonista di The Agency, remake americano di Le bureau, prodotta da George Clooney. Donald Glover è protagonista con Maya Erskine di Mr and Mrs Smith, Eddie Redmayne di The Day of the Jackal e l’astro nascente dello star system italiano, Matilda De Angelis lo è di Citadel: Diana. 

La spy story, al cinema, è sempre stata un limitato sotto insieme del genere del thriller, fatta eccezione per il franchise di James Bond, che però è una sorta di genere a parte, più vicino ad una specie di action di fantascienza con protagonista un supereroe antelitteram capace di salvare puntualmente il mondo senza quei rimpianti, sensi di colpa, frustrazioni e angosce legate all’ alienazione profonda di chi deve fingere di essere un altro per mestiere che caratterizzano la letteratura della spy story, almeno da Le Carrè in poi. 

La nuova serialità, nata alla fine degli anni ’90, ha profondamente rimodellato il genere espandendo la sua palette stilistica e tematica. Serie di grande successo come The Americans o Mr and Mrs Smith e Black Doves sembrano innanzitutto portare sotto una lente di inconsueta acuità la coppia, la famiglia, il lavoro, e il modo in cui può succedere di costruire attraverso di esse una prigione della quale è difficile liberarsi. E’ come se la condizione della spia, la cui missione è quella di indossare una identità fittizia, fosse un set di singolare trasparenza di forme di alienazione molto più diffuse, e vicine alla vita di tutti, delle guerra clandestina di agenti segreti. 

La spy story contemporanea, così come la serialità è stata capace di farla evolvere, ha alcuni elementi ricorrenti nel suo algoritmo. Innazitutto, l’ironia: usata con generosità,  ma senza mai generare la parodia. 

Slow Horses, una delle serie di maggior successo su Apple Tv, tratta dai romanzi di Mike Herron, ha come protagonista una sezione sfigatissima dell’ MI6, dove vanno a finire solo gli agenti più incapaci, che, però, finisce per diventare regolarmente decisiva in tutte le minacce che i servizi segreti hanno il dovere di sventare. Giunta alla sua IV stagione, ci ha svelato quale straordinario attore brillante e divertente sia Gary Oldman. Queste serie vedono con insitente regolarità, in posizioni apicali dei servizi segreti, o sul fronte dell’azione, le donne: le pari opportunità, così difficili da raggiungere nella società, sono una conquista scontata nel mondo delle spy story seriali. A capo dell’ MI5, in The Day Of The Jackal (Lia Williams) e in Slow Horses (Kristin Scott Thomas), ci sono delle donne. 

In The Night Agent, Lucian Buchanan è CEO di una corporation al centro della vasta cospirazione di cui racconta la serie, in Mr and Mrs. Smith, il partner maschile della coppia di spie (Donald Glover) entra in crisi perché si sente dominato dall’iniziativa e dall’intraprendenza del partner femminile (Maya Erskine). Nel loro ruolo, Matilda De Angelis o Keira Nightley non hanno proprio nulla da invidiare, sul piano dell’abilità con le armi, nelle arti marziali, nella pratica della violenza, ai loro colleghi maschi. Lashanna Lynch, nei panni di Bianca Pullman, in The Day of the Jackal, come agente dell’ MI6 dà la caccia ad un killer internazionale: ha meno scrupoli del suo antagonista, visto che non esita a causare la morte di una teenager per riuscire a ottenere informazioni. Nei suoi occhi brilla la scintilla impassibile di uno sconcertante sadismo quando dice “mi dispiace” prima di infliggere torture o atroci bugie per ottenere ciò di cui ha bisogno da prigionieri o vittime inncenti. 

Una donna è anche l’agente sul campo che in Tehran, spy story di incalzante tensione nella quale il Mossad piazza sotto copertura una sua agente in Iran per riuscire a bloccare i sistemi informatici che provvedono alla difesa delle basi missilistiche consentendone la distruzione. 

L’altra caratteristica della nuova spy story è anche una sorta di incondizionata “deregulation” delle agenzie spionistiche. Nel mondo della guerra fredda i protagonisti erano fondamentalmente la CIA, il britannico MI6 e il KGB. Ma in Black Doves l’agenzia che piazza sotto copertura Keira Knightley come moglie di un importante uomo di governo, è una struttura indipendente. Quando la protagonista chiede al suo supervisore, interpretato dalla Lancashire, per chi lavori, lei risponde che si tratta di una società di spioni che è al servizio del capitalismo non di una ideologia. (“Ma il capitalismo è una ideologia” ribatte la Knightley). Agenzie indipendenti da governi nazionali sono anche quelle per cui lavorano i protagonisti di Mr and Mrs Smith e Citadel. Ma forse la spia più originale della spy story seriale è il Michael Dormand di Patriot, la cui passione è quella del songwriter, ma è costretto a missioni pericolose dal padre, il Terry O Quinn di Lost, in giro per il mondo. Rassegnazione e malinconia trascorrono sul suo volto anche quando è costretto alla violenza in un’alternaza inedita di cinismo e humour nero. E’ una vita, quella delle spie, dove l’unica salvezza è l’abbandono dei sentimenti, come dimostra la romanzesca storia d’amore che insegue il protagonista di Le bureau, e come raccontano  gli struggenti flashback di Black Doves.  

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