Giuseppe Pedersoli si racconta: il figlio di Bud Spencer in esclusiva per il The Hollywood Reporter Roma

Produttore cinematografico, regista, e custode di tre generazioni di operatori cinematografici, Giuseppe Pedersoli ha aperto le porte della sua memoria e del suo futuro al THRR

Nella splendida cornice del suo ufficio a Roma nord, THR Roma ha incontrato Giuseppe Pedersoli, figlio di Bud, grande custode della memoria paterna, e produttore cinematografico di gran gusto.  

Pedersoli, un sessantenne pimpante e sorridente, ci ha regalato commedie di successo come Streghe, Un Piede In Paradiso e Botte Di Natale, ma ha anche prodotto alcune chicche di altissimo profilo come La Stanza Di Cloe, Dogwatch, e un documentario straordinario, di cui ha curato in prima persona la regia, La Verità Sulla Dolce Vita, il capolavoro di Fellini. Il docudrama, presentato tre anni fa a Venezia, racconta in modo avvincente la storia di come Federico Fellini continuava a spendere i soldi di Angelo Rizzoli e Giuseppe Amato (il nonno di Giuseppe Pedersoli) nella produzione never-ending di La Dolce Vita.

Circondato da una serie di cimeli che ritraggono i momenti più belli della carriera sportiva e artistica del padre, Pedersoli sorride quando viene chiesto cosa volesse dire essere il figlio di una leggenda: “Intanto l’orgoglio di essere il figlio di un uomo semplice, un campione in tutto quello che ha fatto, ma con i piedi per terra che si definiva un dilettante di buon livello. Oltre a ciò, adesso che non c’è più da nove anni, io e le mie sorelle abbiamo un riscontro quotidiano dell’affetto della gente e di tutto ciò che ha lasciato nel cuore delle persone. Pur avendo fatto dei film semplicemente divertenti, non è che ha inventato la penicillina, mio padre è riuscito a lasciare qualcosa nei cuori delle persone, è questo è importante”. 

Giuseppe Pedersoli con Robert De Niro sul set di “C’era una volta in America”. Foto gentilmente concessa da Giuseppe Pedersoli

Per Giuseppe Pedersoli, il cinema non è soltanto nella sua sangue. Ha vissuto una esperienza unica di assistente alla regia con Sergio Leone per C’Era Una Volta In America,  “Il ricordo più bello che conservo è che la mattina, verso le 6:00, quando si raggiungeva il set, Leone per prima cosa ci chiedeva come avremmo girato la scena. Robert De Niro, ti voglio raccontare anche questo, era molto affabile in tanti momenti, ma quando si stava concentrando per interpretare il suo ruolo, diciamo diplomaticamente che non voleva nessuno intorno. Custodisco gelosamente delle dediche sulla sceneggiatura dove c’è scritto che ero l’assistente più odiato e più amato del set perché dovevo andare a io a chiamare De Niro, anche quando non era di buon umore”. 

Giuseppe Pedersoli. Foto gentilmente concessa da Giuseppe Pedersoli

Sul recente remake di Altrimenti Ci Arrabbiamo Pedersoli mette le mani avanti: “Devo confessare che quel remake non l’ho visto, non per chissà quale motivo, ma non mi incuriosiva, che credo sia stato il motivo dello scarso successo che ha avuto. Mancava un motivo che spingesse la gente ad andare al cinema per vedere il rifacimento di un classico così particolare come Altrimenti Ci Arrabbiamo. A suo modo quel film era una specie di fumettone live action che seguiva i grandi successi dei western precedenti. Riproporre quei film sarebbe anche un’operazione giusta, ma bisogna trattarli con i guanti. Per farti capire, uscirà a breve una serie su Piedone – Uno Sbirro a Napoli, ma non è un remake o un’imitazione del Piedone originale. Salvatore Esposito, il protagonista di Gomorra, interpreterà un giovane poliziotto della Napoli di oggi, con storie vere, alcune anche crude, ma con la leggerezza del Commissario Rizzo del tempo”. 

Ma come si spiega il successo del padre Bud Spencer ancora oggi, specialmente nell’Europa dell’est? “Il successo di mio padre in Paesi come l’Ungheria e Repubblica Ceca,” risponde Pedersoli, “risale addirittura ai tempi dello sport, quando era nella nazionale di pallanuoto, che da quelle parti ha il valore che ha per noi il calcio. Le sfide con le squadre di queste due nazioni erano mitiche. Considera che alcuni vecchi campioni ungheresi sono venuti a trovarlo anche moltissimi anni dopo, memori di quelle partite. Oltre a ciò, è indubbio che i suoi film abbiamo incarnato alcuni valori tipici di quei Paesi, inclusa la Germania, come la grande forza, mangiare senza guardare troppo alle diete, la goliardia non volgare”. 

La cantante Dionne Warwick con Giuseppe Pedersoli.

La Dolce Vita di Fellini fu co-prodotto dal suo nonno, il padre della sua madre.  Pedersoli parla volontieri dei suoi ricordi familiari: “La mia famiglia immodestamente è nel cinema da tre generazioni. Mio nonno materno, Giuseppe Amato, viene addirittura dal muto. Emigrato negli Stati Uniti negli anni ’20, ai tempi del muto imparò a fare cinema e, quando arrivò il sonoro, era praticamente il Maestro del come fare cinema industrialmente e tornò a Napoli avviando una carriera straordinaria come protagonista dal neorealismo fino a La Dolce Vita, passando per i film di De Sica, i vari Don Camillo, Roma Città Aperta di cui fu anche finanziatore e ispiratore, Germi e tantissimi altri fino a Fellini, con cui si conoscevano dagli anni ’40, che coinvolse proprio nella scrittura di Roma Città Aperta tra gli sceneggiatori. Arrivando a La Dolce Vita, mia madre ha un archivio straordinario di tutta l’attività produttiva di mio nonno che mi sono messo a studiare. Mio nonno ebbe due infarti nel corso proprio delle riprese di quel film per colpa del grande stress e dei costi esorbitanti, tanto che il suo partner, Angelo Rizzoli, a un certo punto si tirò indietro perché stanco di mettere soldi su soldi, anche perché Fellini non era assolutamente accondiscendente nel contenere i costi o nel rispettare i tempi dell’uscita.

Comunque, chiusa la parentesi, tra questi documenti conservati da mia madre, c’è un soggetto che mio nonno scrisse che si intitola La Verità Su La Dolce Vita. Evidentemente non fece in tempo a produrlo perché morì a 64 anni, però era più di un semplice titolo o un elemento per andare a investigare cosa c’era dietro. Con Gaia Corrini, anche lei nipote di mio nonno e co-produttrice, abbiamo scoperto decine e decine di documenti che ci regalavano una sceneggiatura perfetta formata dalle corrispondenze tra Fellini, Rizzo e mio nonno. Io non avevo nessuna intenzione di farne la regia, però tutti i registi che avevo convocato volevano inserire qualcosa di autoriale e personale, cosa che non mi interessava perché volevo un prodotto che fosse al servizio dei dialoghi scritti nelle lettere e non viceversa. Quel che ne è venuto fuori è un bel lavoro, un omaggio a mio nonno e al più bel film di Fellini”.

Giuseppe Pedersoli con l’attrice premio Oscar Helen Mirren. Foto gentilmente concessa da Giuseppe Pedersoli

E come vede oggi il mondo di cinema?  “Non c‘è dubbio che la grande differenza tra il cinema italiano e quello americano è la dimensione del mercato, non solo interno, ma anche il fatto che i film girati in lingua inglese sono vendibili in tutto il mondo. L’Italia sconta queste mancanze e con una certa disaffezione del pubblico verso le sale. Poi c’è la concorrenza delle serie televisive sempre più eccellenti. All’estero c’è più attenzione proprio alle sale, dove lo spettatore viene veramente coccolato, addirittura in alcuni ti servono la cena, tanto per capirci. Da noi siamo rimasti a uno stile classico che va benissimo, ma non basta. Poi c’è la questione del tax credit, fondamentale negli ultimi anni per dare un’iniezione di liquidità al nostro cinema, purtroppo per quanto riguarda il tax credit che definiremo esterno ci sono state tante e tali irregolarità che hanno reso necessario rivedere un meccanismo che, se fosse ben gestito, sarebbe straordinario. Se anche investitori esterni al mondo del cinema potessero contribuire a coprire un budget per un film, come succede negli Stati Uniti, sarebbe tutta un’altra storia, ma sono certo che, per forza di cose, prima o poi sarò possibile anche da noi, come già in Francia e Spagna”.

Giuseppe Pedersoli con il padre “Bud Spencer”. Foto gentilmente concessa da Giuseppe Pedersoli

Il figlio di Bud Spencer è un uomo di svariati interesse, compreso i legami tra cinema e l’Intelligenza Artificiale.  “Stiamo lavorando con il mio gruppo a un progetto su mio padre, e abbiamo studiato la possibilità di recuperare la sua voce con l’IA, per fagli raccontare anche cose che noi vorremmo inserire in una sceneggiatura. Secondo me è un mezzo incredibilmente utile, ma siccome la tecnologia corre sempre più veloce delle normative, non può essere un abuso o un sopruso, nei confronti di chi che sia. Bisogna agire a livello normativo perché vengano rispettati i diritti e non si travalichino certi limiti. Certamente mi fa paura sapere che fine faranno tanti posti di lavoro se uno con un click può scrivere una sceneggiatura o addirittura una sequenza filmica”. 

In chiusura, abbiamo parlato del documentario su suo padre, Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer.  “In realtà, anche se nasce come idea per un documentario, si tratta di una fiction sulla vita di mio padre prima di diventare Bud Spencer. Per il momento non posso dirti molto perché siamo in una fase di scrittura che speriamo abbia dei tempi veloci, ma in realtà sono molto più curioso di vedere la reazione che avrà il pubblico per la serie di Piedone che uscirà fra un mese circa e che è importante per capire se esiste ancora un pubblico di film per la famiglia di cui Bud Spencer ha aperto la strada”.

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