Il ragazzo dai pantaloni rosa è il film campione di incassi dell’anno. Il film che racconta la storia di Andrea Spezzacatena, il ragazzo che a quindici anni si tolse la vita, dopo avere subìto atti di bullismo omofobo a scuola, è arrivato ad un incasso di 7 milioni e mezzo di euro, superando anche Parthenope di Paolo Sorrentino.
Un film a budget limitato, che racconta un episodio del 2012 che all’epoca riscosse molto clamore, ma che era stato rimosso dalla coscienza collettiva: non era facile prevedere l’enorme successo del film. Invece Il ragazzo dai pantaloni rosa si è imposto, superando le previsioni, la logica e le alchimie del marketing. Ed è diventato un caso cinematografico, imponendosi come il secondo maggior incasso italiano dall’inizio della pandemia.
Racconta, come si sa, una storia vera. Quella di Andrea Spezzacatena. Un ragazzo intelligente, bravo a scuola. Che un giorno si presenta in classe con un paio di pantaloni rosa, a causa di un lavaggio maldestro. A lui quei pantaloni piacciono lo stesso, se li tiene. Per i compagni di classe sono l’occasione per irriderlo, offenderlo, bullizzarlo. Nasce anche una pagina Facebook, “Il ragazzo dai pantaloni rosa”. Compiuti quindici anni, Andrea si tolse la vita, un giorno di novembre del 2012. È il primo minorenne italiano suicidatosi per bullismo e cyber bullismo.
La madre, Teresa Manes, aveva un buon rapporto con quel figlio vivace, gioioso, che amava la musica. Ma non sospettava minimamente quello che stava accadendo dentro di lui. La pagina Facebook, quella in cui i compagni di scuola lo bullizzavano, la vide solo dopo che era accaduta la tragedia. Alla storia di suo figlio Teresa Manes ha dedicato un libro, Andrea, oltre il pantalone rosa, edito da Graus. Nel film, il suo personaggio è interpretato da una intensa Claudia Pandolfi.
Presentato dal cast, con alcune clip in anteprima, al Giffoni film festival la scorsa estate, Il ragazzo dai pantaloni rosa ha avuto la sua première lo scorso ottobre alla Festa del cinema di Roma. E gli inizi del suo cammino non sono stati indolori.
La proiezione per le scuole, il 24 ottobre ad Alice nella città, sezione autonoma della Festa del cinema dedicata alle giovani generazioni, viene sporcata da pesanti insulti omofobi. “Fro…, ‘ma quando s’ammazza’, ‘gay di m…’”, durante la proiezione alla quale era presente la madre del ragazzo scomparso. “Mio figlio non c’è più, ma l’omofobia a quanto pare sì”, commenta amareggiata in quella occasione Teresa Manes.
A Treviso il film deve essere proiettato in una scuola, il 4 novembre. Ma alcune famiglie si oppongono, sostenendo che potesse avere influssi “negativi” sui ragazzi. La preside dapprima blocca la proiezione. “Mi fa paura che la scuola, di fronte all’opposizione di due o tre genitori, abbia deciso di fare un passo indietro”, commenta in quella occasione Teresa Manes, in una intervista al Corriere della Sera. Ma il sindaco di Treviso e il ministro della scuola Valditara si schierano dalla parte del film. La proiezione alla fine ci sarà. Il film esce poi, in tutta Italia, il 7 novembre. E prende il volo.
Non ha avuto successo perché le tv sono state inondate di trailer, non ha avuto successo perché i talk show siano stati riempiti da ospitate del cast. Ha avuto successo per il passaparola. O per alcuni momenti che non sono sfuggiti a chi segue i social. Il 10 novembre Claudia Pandolfi, struccata, visibilmente commossa, condivide su Instagram un video di ringraziamento. E cita i messaggi che le sono arrivati, messaggi di ragazzi che hanno passato o stanno passando lo stesso dolore del protagonista.
L’attrice, con le lacrime agli occhi, sembrava sinceramente toccata dalla constatazione che storie del genere accadono anche oggi. Le parole possono far male. Possono distruggere, specialmente quando sei adolescente, la vita sembra proporti un bivio continuo, fra la felicità e il fallimento, fra l’essere amato e il sentirti un negletto, qualcuno che si deve nascondere. Nell’adolescenza tutto brucia, e poche sono le persone a cui puoi confidare il tuo tormento. Ecco perché un film come Il ragazzo dai pantaloni rosa ha toccato l’anima di tanta gente, al di là delle previsioni.
E non ci sono solo i ragazzi. Ci sono anche i genitori. Sulla pagina Instagram del film, fra i molti messaggi, quello di un padre. “Tornato a casa ho stretto mio figlio di 13 anni e lui mi ha detto: papà, tutto bene? La storia di Andrea ci ha insegnato che ogni ragazzo, apparentemente calmo e tranquillo, può combattere una guerra che non vuole e che non fa vedere. Grazie”.
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