
Joker: folie à deux, l’attesissimo sequel di Joker, è un flop. Qualcosa, con ogni evidenza, non ha funzionato. Che cosa? Perché?
Andiamo con ordine. E riavvolgiamo il nastro. Si pensava che Joker: folie à deux, il sequel attesissimo di Joker, il film di Todd Phillips con Joaquin Phoenix che nel 2019 aveva sorpreso tutti, vincendo il Leone d’oro a Venezia e arrivando poi a vincere due Oscar nel 2020, sarebbe stato un enorme successo. Cinque anni di attesa, Joaquin Phoenix che si convince a interpretare di nuovo Arthur Fleck; la new entry di Lady Gaga, con la sua energia e anche la sua capacità attoriale, apprezzata in A Star Is Born. In regia, di nuovo Todd Phillips. C’erano tutti gli ingredienti per un enorme successo.
Il film però ha già tradito le attese. Uscito negli Stati Uniti venerdì scorso, 4 ottobre, ha incassato 40 milioni di dollari. Meno della metà degli incassi ottenuti dal primo film al debutto – aprì nel 2019 sfiorando i 100 milioni di dollari – e peggio anche rispetto alle previsioni degli analisti, che indicavano una forbice fra i 50 e 65 milioni di dollari.
Fuori dagli Stati Uniti, il film ha incassato ad oggi 81 milioni di dollari, portando l’incasso globale fino a questo momento a 121 milioni. Sono tanti? No. Il nuovo Joker è costato molto: si parla di un budget di almeno 190 milioni di dollari, escluse le spese di promozione. È costato, cioè, quasi quattro volte quanto era costato il primo Joker, col suo budget di 55 milioni.
Ed è costato tanto, nonostante sia girato in pochissime location, sostanzialmente due sole: l’Arkham Asylum e il tribunale. Ma ci sono due star che, da sole, costano più di 30 milioni di dollari: si parla di 20 milioni per Phoenix e di 12 per Lady Gaga.
Per recuperare i costi, Joker: folie à deux dovrebbe incassare almeno 450 milioni di dollari globalmente. Il primo Joker aveva incassato più di un miliardo di dollari, ma se il trend iniziale dovesse essere confermato, Folie à deux potrebbe non arrivare neppure alla metà dei suoi incassi.
Non siamo ai risultati drammatici di Megalopolis di Francis Ford Coppola. L’ultimo film del grande maestro di Apocalypse Now, il film che Coppola ha sognato e voluto fare per quarant’anni, e per il quale ha investito di tasca sua, vendendo le sue vigne nella Napa Volley, è costato 120 milioni di dollari più 20 milioni per il marketing. Ed ad oggi ne ha incassati appena cinque. Non siamo a quei picchi verso il basso: ma c’è il rischio concreto che Folie à deux non recuperi i costi. Cosa accaduta nella storia anche ad altri film, basti pensare a Cleopatra di Joseph Manckiewicz o a I cancelli del cielo di Michael Cimino, per citare gli esempi più eclatanti.
Pesano, sul debutto di Folie à deux, il passaparola e le recensioni, per lo più negative. Sull’aggregatore Rotten Tomatoes, sono solo un terzo le critiche positive. Per il resto, è una via crucis di dubbi, stroncature, notazioni severe. “Che spreco”, scrive il critico Leonard Maltin. “I problemi del film sono così evidenti, che ci si chiede che cosa sia successo dietro le quinte”, scrive Spencer Kornhaber su “The Atlantic”. Peter Travers per ABC news è il più tranchant di tutti: “A un certo punto, Lady Gaga nel film dice: ‘Forza, diamo al pubblico quello che vuole’. Beh, io sto ancora aspettando”, scrive.
Ma che cosa è successo? Il film alla Mostra del cinema di Venezia aveva ricevuto 12 minuti di applausi, alla presentazione in Sala Grande. Segno che quegli applausi, decretati dal pubblico con il cast presente in sala, non sono più un indicatore affidabile del gradimento effettivo di un film. Nella serata del red carpet, con Lady Gaga e il suo cappellino a catturare l’attenzione dei fotografi e dei fan, è più facile farsi trascinare.
Ma poi, arriva il film nel cinema sotto casa, e il discorso cambia un po’. Che cosa è che non funziona, o funziona di meno, in questo secondo capitolo? Il regista è lo stesso, lo stesso il protagonista: Lady Gaga doveva portare in sala più pubblico femminile. È lo stesso del primo film, fra l’altro, anche il direttore della fotografia, Lawrence Sher, che nel primo Joker aveva creato immagini livide, sconcertanti, specchio esteriore del disastro interiore, mentale del Joker. E anche qui, Sher fa il suo lavoro molto bene.
Lady Gaga è brava? Secondo noi sì, nel ruolo di una superfan del Joker, mentalmente disturbata. E Phoenix? Anche lui: con una sequenza che si eleva su tutte, quella in cui diviene avvocato di se stesso.
E allora, che cosa non va? In sintesi: si tratta di un musical, con le canzoni che invadono la narrazione, la spezzano, ne frenano l’energia. C’è poca suspense, non si crea nello spettatore attesa su come andrà a finire. E c’è anche poco romance.
Nella colonna sonora del film ci sono ben undici canzoni, e altre compaiono, in vari tratti, nel film. Per il critico del Los Angeles Times, Michael Ordoña, “questi intermezzi musicali mettono alla prova la nostra pazienza”. Dice Ordoña che interrompono il ritmo del film, ritmo che secondo lui già latita: “Non c’è un tentativo di creare suspense”. Ed è questa forse la pecca maggiore: una pecca di sceneggiatura. È come se tutto scivolasse, senza colpi di scena, senza quella tensione narrativa che è l’anima di un film.
Poca suspense, insomma. E anche poco romance. La scintilla fra i due protagonisti è ciò che dovrebbe infiammare tutto il film. Ma poi il film sembra voler esplorare poco questo aspetto, e porre l’accento su come i media, i giurati, gli altri vedono il Joker. Forse una classica storia d’amore avrebbe fatto breccia di più nel cuore del pubblico.
In A Star Is Born¸ Lady Gaga si era come svestita di tutti i suoi orpelli da popstar, di ogni maschera, di ogni sovrastruttura, per apparire a nudo, struccata, vulnerabile: qui non ‘è questa stessa sensazione di ritrovare una ragazza sotto gli strati del trucco, della maschera, della finzione. Lì Lady Gaga creava una fortissima sensazione di vulnerabilità, spettacolare ed emozionante. Qui questa sensazione sembra molto più lontana.
A questo punto, con un’onda critica così severa, sembrano sfumare anche le possibilità di una nomination agli Oscar per Lady Gaga – dopo quella per A Star Is Born e la statuetta vinta per la miglior canzone originale, Shallow – e anche per Joaquin Phoenix e Todd Phillips. Ma magari il futuro è lì per smentirci.
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