La schizofrenia e il suo mistero in My Parents’ House, che ha vinto a Rotterdam il premio della giuria

Il debutto narrativo in bianco e nero di Tim Ellrich è ispirato alle esperienze della sua famiglia e girato nella casa della sua infanzia. Un non attore interpreta il personaggio schizofrenico.

Lo sceneggiatore e regista Tim Ellrich ha affrontato un argomento particolarmente impegnativo e molto personale per il suo debutto nel lungometraggio narrativo Im Haus Meiner Eltern (In My Parents’ House), presentato in anteprima mondiale all’International Film Festival Rotterdam (IFFR): la schizofrenia.

Ispirato alle esperienze familiari di Ellrich e girato nella casa della sua infanzia, il film esplora le difficoltà dell’assistenza sanitaria, per questa patologia, anche nel rapporto con le famiglie. 

Girato in bianco e nero, cattura anche il senso di claustrofobia che ne deriva. Il film ha convinto la giuria di Rotterdam, ottenendo uno Special Jury Award Tiger all’IFFR, che si è concluso la scorsa settimana.

“Holle lavora come guaritrice spirituale, occupandosi di clienti con malattie gravi e condizioni croniche. Prima di quattro fratelli, dedica gran parte del suo tempo a prendersi cura dei suoi genitori anziani, un impegno che mette a dura prova la sua relazione con il partner”, si legge in una sinossi sul sito web di Rotterdam. 

“Quando sua madre cade e viene ricoverata in ospedale, Holle deve affrontare sfide sempre maggiori, in particolare in relazione a suo fratello Sven, che è schizofrenico e ha vissuto una vita appartata nella soffitta dei genitori per anni”.

Il film di Ellrich “evita facili giudizi, offrendo invece una riflessione ponderata su come la società tratti gli anziani e gli infermi e sugli attriti che queste responsabilità creano all’interno delle famiglie – da coloro che si fanno carico del peso a coloro che mantengono le distanze”, si sottolinea ancora nella sinossi, dove si legge anche: “Con empatia e un approccio sobrio, Im Haus meiner Eltern esamina le tensioni non dette e i silenziosi sacrifici che definiscono la vita familiare sotto pressione”.

Il cast del film comprende Jenny Schily, Ursula Werner, Manfred Zapatka, Jens Brock, Markus Schleinzer, Johannes Zeiler, Kirsten Block, Peter Schneider e Markus Lerch.

Subito dopo il premio assegnatogli dalla giuria a Rotterdam, Ellrich ha parlato con Georg Szalai di THR delle sfide della rappresentazione della schizofrenia sullo schermo, tra cui il casting, e della scelta di un’estetica in bianco e nero.

Raccontami un po’ della storia della tua famiglia con la schizofrenia e perché hai deciso di fare un film su questa esperienza.

Avevo uno zio schizofrenico che viveva in famiglia. E il film è stato girato proprio nell’abitazione dei miei nonni. Sono cresciuto vedendolo stare sempre seduto in cucina, molto isolato. E quando cresci con questa situazione e poi inizi a parlarne con gli amici, e vedi le loro reazioni, ti rendi conto che questa è una cosa insolita. Eppure, le persone riescono a stabilire con tutto ciò una relazione. Sapevo che un giorno avrei dovuto fare un film sulla mia esperienza. Ed è stato infatti il mio primo lungometraggio di finzione. Quando ho iniziato a lavorarci, il personaggio di mia madre è entrato sempre più a fuoco, era lei che si prendeva cura di lui.

Hai mai visto la schizofrenia rappresentata nei film prima d’ora e, se sì, qual è stata la tua impressione?

E’ successo frequentemente che la rappresentazione della schizofrenia nei film non mi sia piaciuta perché il più delle volte si finge di essere nella testa dello schizofrenico e si cerca di trovare delle immagini ingannevoli o non vere. Io avevo la sensazione opposta. Vedevo un uomo che non capivo. Avevo un po’ paura di lui e cercavo di evitarlo. Lui cercava di evitare me. E poi tornavo a casa con la mia famiglia e iniziavamo a farci domande su cosa stesse pensando. Era questa la sensazione che volevo catturare, che questa malattia è come un enigma. E non sarà mai davvero compresa.

Alcuni membri della famiglia cercano di evitare le discussioni sulla schizofrenia. Fino a che punto volevi spingere gli spettatori a non rifuggire da certe riflessioni?

Penso che i film che voglio realizzare riguardino sempre l’apertura di un dialogo e il dare alle persone lo spazio e l’opportunità di aprirsi a cose che normalmente non affrontano nella vita. Questo è un caso specifico, ma vale per tutto.

Ho messo molto di me stesso in gioco. E per questo, forse, è stato un po’ più difficile lavorarci sopra. Ma se lo fai nel modo giusto, allora il pubblico ha la capacità di interessarsi perché sente quanto è importante quel qualcosa di tuo che ci hai messo dentro. Questa è un’interazione tra il pubblico e il regista, e questo coinvolgimento era la cosa più importante.

Ecco perché sono sempre felice se nei film non si danno risposte chiare. In questo caso, voglio proprio che le persone si interroghino e tornino a casa e ci pensino e forse affrontino qualcosa che non hanno il coraggio di affrontare. Non come nella famiglia che racconto, in cui si nascondono tutti, e poi, 30 anni dopo, ci si rende conto che è troppo tardi.

Hai mostrato il film alla tua famiglia? Qual è stata la loro reazione? Sono particolarmente interessato a sapere cosa ne pensa tua madre dato che hai dedicato il film a lei…

Ho scelto tutta la mia famiglia, quindi ogni personaggio è qualcuno che conosco o conoscevo: mio padre, mia madre, mio zio, i nonni. Sì, l’ho mostrato loro. La risposta è stata piuttosto buona. A mia madre, soprattutto, è piaciuto molto. Lei lavora anche come guaritrice spirituale, quindi, all’inizio avevo paura di non ritrarla nel modo giusto. E invece no, le è piace, e si è sentita molto rappresentata. Pensa che sia un argomento molto importante da affrontare. 

Raccontami un po’ degli attori.

Soprattutto Jenny Shelley (che interpreta Holle) fa un lavoro straordinario. Penso che abbia portato molto di sé stessa nel ruolo.

Jens Brock, che interpreta l’uomo schizofrenico, è un non professionista. Abbiamo fatto casting di “strada” per il ruolo. L’abbiamo trovato seduto su una panchina a Berlino. Stava aspettando di andare ad un appuntamento dal medico, e noi l’abbiamo fermato e gli abbiamo chiesto: “Sei interessato a partecipare al casting per un film?”. Ha accettato e abbiamo capito subito che era perfetto, con questa sua presenza incredibile.

Penso che facesse paura (agli attori del cast) perché non è un professionista ed è alto e grosso, e questo ha giovato al gruppo, perché ha aiutato a creare una tensione, la sensazione di avere qualcosa da temere, proprio come succede davanti alla schizofrenia.

Quando e perché hai deciso di usare immagini in bianco e nero?

All’inizio il film era girato a colori, quindi il bianco e nero non era previsto. E in fase di montaggio che abbiamo pensato che qualcosa non funzionasse. Il nostro montatore, Tobias Wilhelmer, si è reso conto che togliendo il colore, concentrandosi solo sul minimo indispensabile e le cose esistenziali, si creava una dimensione più poetica, più focalizzata ed emotiva, e anche una certa atmosfera claustrofobica. 

Il film è molto generoso nel senso che tu ti esponi molto e condividi tanto con il pubblico. 

Ciò che a volte le persone non sanno è quante cose accadono mentre si gira un film e che possono influenzarlo profondamente. È successo anche a me, mio zio schizofrenico è morto proprio durante le riprese, e questo ha cambiato tutto.

A livello personale, questo film mi ha tolto molto: ho perso l’amore della mia vita, ho avuto problemi di salute, ma io non potevo mollare, dovevo portarlo a termine. Il mio team mi ha aiutato molto. Mi è stato vicino nei momenti più difficili. E per questo sono davvero grato a ognuno di loro. 

Cosa si prova a mostrare al mondo un film così personale?

È molto divertente e strano allo stesso tempo,  perché quando fai un film così personale, non riesci proprio a capire se è una completa e totale sciocchezza o è buono. Ma il fatto che sia stato molto apprezzato a Rotterdam, mi ha tolto un po’ di queste paure. Mi sono comunque tolto di dosso le catene del mio passato e ora, forse, posso fare qualcosa di diverso e più libero.