
Viaggi di nozze compie trent’anni. Il film cult di Carlo Verdone, quello delle corse in Bmw cabrio di Ivano e Jessica, che si amano, coatti e malinconici, al grido di guerra di “O famo strrrrano”, compie trent’anni.
Il film usciva nel 1995. E si imponeva come uno dei fenomeni cinematografici del decennio: nella stagione 1995/96, Viaggi di nozze è stato campione d’incassi assoluto, con 24 miliardi di lire del vecchio conio. E con il suo patrimonio di personaggi e di frasi consegnate per sempre all’immaginario collettivo.
Lunedi pomeriggio, all’auditorium La Nuvola, in zona Eur a Roma, Viaggi di nozze verrà festeggiato, insieme al suo autore. In programma alle 14:00 una conversazione fra Carlo Verdone, Ezio Greggio e il giornalista Mario Sesti. E la consegna a Verdone del premio Pietro Germi, “per lo straordinario contributo reso all’arte della commedia”. Seguirà la proiezione di Viaggi di nozze.
Raggiungiamo Carlo al telefono. Ansioso – pochi minuti dopo, la Roma scenderà in campo per il derby – ma felice per il riconoscimento che sta per ricevere, e ancor più per la consapevolezza che, trent’anni dopo, Viaggi di nozze riesce ancora a far ridere, a emozionare, a raccontare come eravamo, come ancora siamo. A The Hollywood Reporter Roma, Verdone racconta che cosa ha significato, per lui, quel film.
Sono passati trent’anni, ma in qualche modo sembra ieri. Che cosa ha saputo cogliere Viaggi di nozze?
“Secondo me, quel film ha saputo anticipare certe situazioni che ancora esistono: la noia di Ivano e Jessica, che ‘o fanno strano’ per superare la loro tristezza, il loro vuoto esistenziale. E quel medico ossessivo e pignolo, che è la forma più odiosa del patriarcato, annientava la psiche di una povera depressa”.
Delle venature drammatiche, sotto la pelle della commedia.
“Esattamente. Per me Viaggi di nozze è una tragicommedia, non è solo un gioco con personaggi divertenti, ma ha una chiave di lettura più profonda: racconta un vuoto che c’era nella società, e che c’è ancora oggi. Ivano e Jessica non hanno un ideale, dicono tredici frasi in tutto, durante il film…”.
E oggi, Jessica e Ivano che cosa sarebbero?
“Lui vivrebbe fisso in palestra, pieno di tatuaggi. Lei so sarebbe rifatta labbra, seno e chissà che altro. Ma non sarebbero felici”.
Doveva essere il suo ultimo film “con i personaggi”, nato quindici anni dopo Un sacco bello e Bianco, rosso e Verdone. Poi non è stato così…
“È vero: nel 2007 ho fatto un ultimo film, Grande, grosso e Verdone, e ho preso commiato da questi personaggi. Ci siamo divertiti molto a fare quell’ultimo film, specialmente con Claudia Gerini”.
Claudia Gerini è stata importante, nel creare quell’alchimia fra i due “coatti” di Viaggi di nozze…
“Claudia è stata bravissima. Ha ironia, intelligenza, grinta. In quel film c’è stata una sintonia speciale, che ci ha portato a girare insieme anche il film successivo, Sono pazzo di Iris Blond. In qualche modo, Claudia ha iniziato con me una carriera brillantissima di attrice, che le ha dato molte soddisfazioni. Ma sono bravissime anche Veronica Pivetti e Cinzia Mascoli, le altre due protagoniste. Veronica nel ruolo della moglie nevrotizzata dal marito, e Cinzia nel ruolo della moglie dell’ingenuo Giovannino, il personaggio più puro”.
Viaggi di nozze da che cosa nasceva?
“Dalla mia voglia di spingere sull’acceleratore della commedia. Avevo fatto, in quegli anni, film complessi, più chiaroscurati: Maledetto il giorno che t’ho incontrato, Al lupo al lupo, Perdiamoci di vista. Erano storie tenere, sentimentali, soft, intime. Volevo, per un film soltanto, cambiare registro”.
Tornare a una comicità più esplosiva?
“Mi sono detto: e mettiamo il distorsore, a ‘sta chitarra!”.
Veniamo al presente. Quali attori, quali attrici la colpiscono? Cominciamo dalle attrici. Con chi farebbe un film, oggi?
“L’attrice che mi ha colpito di più, negli ultimi anni, è Caterina De Angelis, che interpreta mia figlia in Vita da Carlo. È piena di energia, piena di colori, di tonalità nella recitazione: non è mai banale, è un arcobaleno di espressioni. Virginia Raffaele è molto brava, capace di toccare tanti registri, il comico e il sentimentale. Vanessa Scalera è un’altra attrice con cui mi piacerebbe molto lavorare”.
Fra gli attori?
“Attori bravi ce ne sono tanti, ma fra i giovani, una spanna sopra tutti mi sembrano Alessandro Borghi e Luca Marinelli. Non ho ancora visto M – il figlio del secolo, ma ho letto molte recensioni, e ne ho avuto l’impressione che abbia fatto un gran lavoro”.
Sta girando la quarta stagione di Vita da Carlo. L’impatto con la serialità per le piattaforme è andato bene, anzi benissimo.
“Non era scontato. Tutto è stato innescato dal covid, e da quell’anno in cui i film non uscivano più nelle sale. Mi sono dovuto reinventare. È stata una sfida complicata, è stato come correre in un’autostrada completamente nuova. Cercando, e trovando, un altro pubblico, un altro ritmo, un altro modo di racconto. Riuscirci è stata una grande soddisfazione”.
Ma perché, aveva paura?
“Certo. Ho sempre timore, non sono mai tranquillo. E questa parte finale della carriera è la più delicata”.
“Finale”? Ha ancora tante cose da fare. Che cosa le piacerebbe interpretare?
“Farei volentieri, al cinema, un padre o un nonno. Non mi spaventa invecchiare, cerco personaggi consoni alla mia età. Mi piacerebbe imbattermi in una storia forte, in un soggetto ben scritto”.
Il cinema italiano oggi, secondo lei, come sta?
“E’ un cinema che sta trovando forza nelle donne. Vermiglio è un film a cui auguro tutto il bene possibile: si scontra, nella corsa all’Oscar, con colossi che hanno budget importanti, nomi di registi già celebrati, con storie importanti alle spalle. Ma sta facendo un percorso entusiasmante. Gloria! è un film fresco, che abbiamo premiato al festival del cinema europeo di Lecce con il premio Mario Verdone. Il film di Francesca Comencini, Il tempo che ci vuole, è un bel film, coraggioso, in cui Francesca riesce ad affrontare, rivelare, fare i conti con il rapporto con suo padre. Credo che ci sia un buon cinema italiano fatto da donne: una tendenza innescata dal film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani. E poi c’è un esempio di un cinema diretto, semplice, con un tema forte, che ha saputo parlare al pubblico, che è Il ragazzo dai pantaloni rosa”.
Oggi le consegneranno il premio “Pietro Germi”. Che cosa rappresenta, per lei?
“Un onore enorme. Mi piacerebbe aver preso anche solo una minima parte dell’arte sublime e asciutta di quel regista, un grande talento, uomo libero, senza padroni, autore di film straordinari, forse oggi persino un po’ dimenticato”.
La festa per Verdone accade nell’ambito di una giornata tutta dedicata all’arte della commedia. È la prima edizione, anzi il “numero zero” del festival Comicittà. Presidente, Lino Banfi.
Il pomeriggio, dopo l’incontro con Carlo Verdone, sarà dedicato alla comicità femminile, con un talk con Edwige Fenech, Paola Minaccioni e Francesca Reggiani, e la proiezione di una commedia restaurata di Luciano Salce con Ugo Tognazzi, Le ore dell’amore, introdotta dal figlio del regista, Emanuele Salce. In serata, omaggio a Paolo Villaggio, con l’intervento di Milena Vukotic, Andrea Roncato e la proiezione del primo Fantozzi, di cui ricorrono i 50 anni dall’uscita in sala.
La celebrazione del film, e di Verdone, caratterizza una sorta di “numero zero” di
Il tutto è nell’ambito della prima edizione di “Comicittà”, manifestazione interamente dedicata all’arte della commedia.
Germi è stato un grandissimo maestro della commedia, dal quale ho tenatoa id i imparare qualcosa.
Il film di Carlo Verdone, in cui l’attore e regista romano interpretava quattro personaggi, fra cui Ivano, il coatto con la spider, selvaggio e tenerissimo di “O famo strano”, usciva nel 1995.
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