Nasce da un soggetto di Federico Fellini Napoli New York, l’ultimo film di Gabriele Salvatores, da giovedì 21 novembre nelle sale italiane. Un soggetto di Federico Fellini e Tullio Pinelli, rimasto nascosto per decenni. Lo ha ritrovato, una decina di anni fa, un docente e critico cinematografico, Augusto Sainati. Cinquantotto pagine battute a macchina: mancava però la prima pagina, cioè quella con il nome degli autori. Di chi erano quelle pagine?
“Leggendo quelle pagine, si trovavano delle note scritte a mano, la cui calligrafia era, indubitabilmente, quella di Federico Fellini”, dice Sainati, raggiunto al telefono per THR Roma. Nel 2013, Sainati ha pubblicato il testo, in forma di libro, per Marsilio, col titolo Napoli New York. È arrivata, tempo dopo, fra le mani di Gabriele Salvatores. E il film che Fellini non fece è diventato realtà.
“Quelle pagine assomigliavano quasi più a un film di De Sica che a un film di Fellini”, ha detto Gabriele Salvatores, nel presentare il film alla stampa. “In quel soggetto, scritto nel 1949, quando Fellini ancora non girava film da regista, ma aveva già scritto Paisà per Rossellini, si sente un po’ del realismo magico di film come Miracolo a Milano di Vittorio De Sica”.
Salvatores si lascia affascinare. “Era un film insieme realistico e favolistico. Con un lato di realismo legato all’epoca: la Napoli distrutta dalla guerra, la povertà, le migrazioni. Ma dall’altra parte un sentimento di favola: la fascinazione del viaggio, del cominciare una nuova vita. Mi piaceva l’idea di toccare qualcosa di vero, raccontato come una favola”.
Fra l’Italia e l’America, quella di Napoli New York si snoda nell’immediato dopoguerra. Due bambini, Carmine e Celestina, lasciati orfani dal crollo di una palazzina, a Napoli, si imbarcano di nascosto su una nave che va in America. Arrivati a New York, in una nave il cui capitano è interpretato da Pierfrancesco Favino, i due bambini cercano la loro unica parente in vita, la sorella della bimba.
Una volta arrivati, i bambini sono maltrattati, considerati come noi consideriamo gli immigrati in Italia oggi. Vengono definiti sporchi, ladri, inferiori, “africani”. Termini con cui oggi molti italiani definiscono i migranti. Il messaggio del film è piuttosto chiaro.
“Si parte da una Napoli buia, stretta, al grembo della nave, piena di cunicoli, da cui si esce per arrivare negli Stati Uniti, un approdo che è come una rinascita”, dice Gabriele Salvatores presentando il film. Una New York ricostruita con l’uso di molta postproduzione: “Abbiamo usato gli effetti speciali un po’ come Fellini usava il Teatro 5 di Cinecittà, per fare le sue magie”.
Macerie e sogno, realismo ed effetti speciali. E un racconto sull’emigrazione, quando i migranti, in tutto il mondo, erano in gran parte italiani. “Era un’ottima occasione per parlare di un problema molto grande senza essere ideologico, solamente ricordando che 19 milioni di italiani in quel periodo erano migranti”, dice il regista milanese, premio Oscar per Mediterraneo.
“Mi piaceva l’idea di raccontare una favola ottimista, in tempi come quelli che stiamo vivendo”, dice il regista. “Credo che, oggi più che mai, ce ne sia bisogno”. Per lui, questo film è anche un ritorno a casa. Salvatores è napoletano, anche se è cresciuto a Milano. “Sono nato a Napoli in piazza Plebiscito. E se sei nato lì, non te la levi più. Napoli è uno state of mind”.
A interpretare i due protagonisti, che ostinatamente sperano in un futuro migliore, sono gli esordienti Antonio Guerra e Dea Lanzaro. Lavorare con i bambini non è semplice, ma Salvatores riesce a tenere il film in equilibrio sui loro due volti.
“L’unica cosa che puoi fare con i bambini è non pretendere di imporre la tua visione”, spiega. “Non puoi costringerli a far fare loro esattamente quello che hai in mente tu. L’importante è giocare con loro, fare qualcosa che è come la musica jazz, che accetta le variazioni, l’improvvisazione”.
Nel cast, anche Omar Benson Miller, Anna Ammirati, Anna Lucia Pierro, Tomas Arana e Antonio Catania. La fotografia è di Diego Indraccolo, gli effetti visivi di Victor Perez. Il soggetto di Federico Fellini e Tullio Pinelli, nel frattempo, è stato ripubblicato, sempre per l’editore Marsilio, con una nuova introduzione di Gabriele Salvatores.
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