Spike Lee parla del suo nuovo film con Denzel Washington ‘Highest 2 Lowest’

Il presidente della giuria del Red Sea Film Fest ha lodato il lavoro del “fratello” Washington nel Gladiatore 2, ha spiegato in che modo Akira Kurosawa lo ha influenzato e come il suo documentario '4 Little Girls' è stato “una delle esperienze alla regia più commoventi della mia vita”

Martedì Spike Lee (Fa’ la cosa giusta, Malcolm X, BlacKkKlansman) si è preso una breve pausa dal suo lavoro di presidente della giuria del concorso più importante della quarta edizione del Red Sea International Film Festival (RSIFF) di Gedda, in Arabia Saudita, e in una sessione di “In Conversation With” ha parlato di cinema, della sua carriera e del fatto che è in fase di post-produzione del suo quinto film con Denzel Washington. 

Definisce la sua partnership con l’attore “il duo dinamico di D e L”, ha detto il leggendario regista a una folla radunata nell’Old Town Al-Balad di Gedda che pendeva letteralmente da ogni sua parola tra l’attività produttiva saudita in grande espansione e i botteghini. “Siamo fratelli. Facciamo le cose a modo nostro”. Malgrado una lunga “interruzione” della loro collaborazione, in particolare i 18 anni dopo Inside Man, Lee ha assicurato che una volta tornati sul set non è sembrato loro così. “Ci conosciamo bene. E anche le nostre famiglie sono molto unite.” 

Il nuovo film si intitola Highest to Lowest, ed è “una reinterpretazione, non un remake” di Anatomia di un rapimento di Kurosawa, dice Lee. Il regista ha ricordato che quando andava a scuola di cinema è stato introdotto al cinema internazionale ed è rimasto affascinato dall’opera della leggenda cinematografica giapponese. Il film di Kurosawa Rashomon e la sua struttura, per esempio, ispirarono il suo Lola Darling. “Insomma, fin dall’inizio, sono stato sempre influenzato da Kurosawa”. 

Denzel Washington andrà davvero in pensione, come ha accennato? Lee dice che la star interpreterà Otello a Broadway e “farà molte altre cose ancora” ha aggiunto. “Sono felice che abbiamo realizzato questo film, ne abbiamo girati cinque insieme.” 

E Lee prenderà mai in considerazione l’idea di andare in pensione? “Certo. Ma vorrei sapere una cosa: quanti anni aveva Kurosawa quando ha girato il suo ultimo film? Potete controllare per favore?” Nel pubblico qualcuno controlla sul telefono e urla un numero. “81?” chiede Lee. “Beh, ho ancora un po’ di tempo davanti” dice al pubblico che scoppia a ridere e applaude. “Che si chiami Dio o Allah, sono fortunato… Se ti guadagni da vivere facendo quello che ti piace, è una vera benedizione. E a mano a mano che invecchio, capisco sempre più spesso che diventare regista era il mio destino.” 

Lee si alza poi, dicendo che in vari momenti della sua vita “l’Onnipotente” lo ha spinto e portato a sedersi. Dice anche che non dà per scontata la benedizione. Anche la sua terza volta a Gedda, inclusa la seconda al Red Sea Fest, è una benedizione. “E non sarà l’ultima” dice infine tra gli applausi. 

“La prima volta che sono venuto qui a Gedda, stavo girando Malcom X” ricorda il regista. “Ho atteso per due settimane i permessi dalla più alta Corte islamica di portare una cinepresa alla Mecca durante l’Hajj”. Alla fine, gli permisero di inviare una troupe di musulmani, che divenne la prima ad aver ottenuto quel tipo di autorizzazione. 

“Quel film mi ha quasi ucciso” dice poi parlando sempre di Malcom X. “Era sotto budget, fin dall’inizio. Lo sapevo io. E lo sapeva Warner Bros”. La prima ripresa che mostrò allo studio il giorno in cui uscì il verdetto per il caso della brutale violenza della polizia nei confronti di Rodney King era di quattro ore. “Los Angeles era in fiamme, mi dissero di tagliare il film in maniera considerevole, e io risposi di no.” 

“Diamine, no” è stata la sua risposta al suggerimento di girare una scena in Jersey Shore a gennaio. Warner interruppe il film dopo che Lee era già andato fuori budget di un milione di dollari, “la metà del mio stipendio” dice Lee. “Ero in trappola”. Poiché Malcom X aveva parlato spesso di autofinanziamento, Lee dice di aver stilato un elenco di illustri persone di colore alle quali chiedere dei contributi economici. “Mi sono messo davvero a elemosinare dicendo che quello era l’unico modo di portare a termine il film. Il primo che ho chiamato è stato Bill Cosby” e l’attore gli ha dato un assegno non appena il regista si è presentato alla sua porta. Tracy Chapman, Janet Jackson, Prince hanno fatto la stessa cosa come altri ancora, e gli ultimi sono stati Magic Johnson e “the GOAT” Michael Jordan. Lee scherza su quanto sia competitivo Jordan, dicendo che gli ha chiesto quanto avesse dato Johnson per dargli di più. 

Nelson Mandela è stato presente l’ultimo giorno di riprese del film, ha raccontato il regista. “Mentre viaggiavamo verso Johannesburg, abbiamo dovuto fare un atterraggio d’emergenza a Nairobi per un allarme bomba a bordo,” ricorda Lee. “L’ho detto, per poco quel film non mi ha ucciso.” 

In ogni caso, Lee definisce il lavoro di Washington in Malcom X “una delle migliori performance di sempre in un biopic”, per poi lodare la star nel suo ruolo recente nel Gladiatore 2, per il quale ha appena ricevuto la candidatura ai Golden Globe. 

“Non sono un attore” ha detto Lee quando gli è stato chiesto di parlare degli esordi della sua carriera. Che cosa cerca in un attore? “Dipende dalla parte che ha”, ha risposto, citando Jungle Fever, il primo film di Halle Berry e Queen Latifah. “Fin dall’inizio, volevo offrire un’opportunità a un nuovo talento, perché in questo mestiere è molto dura”, specialmente dietro la cinepresa e “in particolare per gli attori di colore”. Poi ha aggiunto: “Lo trovo molto gratificante”. 

A Lee piace lavorare più volte con attori di grande talento. “Perché mai lavorare con Denzel soltanto una volta? O con John Turturro? Uno vuole circondarsi di grandi artisti, davanti e dietro la cinepresa.” 

Poi Lee spiega che spesso sui suoi set ci si sente in famiglia. Alla gente piace lavorare sui set di Spike Lee, ha detto al pubblico del festival. “Sono qui per lavorare e divertirmi mentre lo faccio.” Lee si è rifiutato di dire quali siano i talenti con i quali vorrebbe lavorare per la prima volta, spiegando che la sua è scaramanzia. 

“Mio padre detestava i film di Hollywood” ha detto Lee martedì. “Mia madre amava i film di Hollywood.” E questo che cosa ha significato per lui e per il suo approccio al cinema? “Direi che sono figlio di entrambi i miei genitori. Ho le mie idee, e non faccio ciò in cui non credo” ha detto. 

Poi Lee ha parlato del consiglio che dà agli studenti all’inizio dei loro corsi alla NYU dove insegna come professore. “La regia non è uno scherzo. É un business molto serio” ha spiegato. “Se non si è seri, è ancora più difficile”. Oltretutto, sottolinea, non è un lavoro che si può fare da soli. 

Lee ha raccontato che la maggior parte delle mattine si sveglia tra le 5 e le 6, ma capisce che agli altri piaccia lavorare più tardi. “Ognuno ha il suo orologio” dice, aggiungendo di non poter restare seduto a una scrivania per più di quattro ore. Anche le giornate che trascorre sul set non sono mai più lunghe di otto-dieci ore. “La troupe parla. E quando l’atmosfera o le condizioni di lavoro non vanno bene, non dai del  tuo meglio.” 

Lee ha fatto ridere il pubblico quando ha raccontato che se una cinepresa si trova in cima a un tetto, lui non si arrampica: “Ho paura delle altezze” ha spiegato. 

Sintetizzando, Lee ha detto di affrontare i documentari nello stesso modo con cui affronta i film di fiction. “Raccontano anch’essi una storia” ha spiegato. Ha concluso dicendo che in ogni caso il suo lavoro per Malcolm X è stato facile, in rapporto alle emozioni, rispetto al suo lavoro per il documentario del 1997 “4 Little Girls”, definendolo “una delle mie esperienze alla regia più commoventi”. Il documentario racconta l’assassinio di quattro ragazzine afroamericane in un attentato a Birmingham, in Alabama, nel 1963. Anche se l’Fbi suppose che l’attentato fosse stato commesso da quattro affiliati del Ku Klux Klan, non si avviarono procedimenti giudiziari. 

“Molti anni dopo, una settimana prima che il film uscisse al Film Forum, ho ricevuto una telefonata dall’Fbi e mi dissero che volevano una copia del film. Gliela diedi, l’Fbi riaprì il caso e incriminò quegli assassini di omicidio. Quello è stato il mio lavoro migliore, e lavorarci fu molto difficile” ha concluso il regista.  

Nel 2015, Lee ha ricevuto un Oscar alla carriera, ma nel 2019 ha vinto il suo primo Academy Award per la migliore sceneggiatura di BlacKkKlansman. Il regista è uno dei grossi nomi di Hollywood che si sono recati al RSIFF 2024; tra gli altri vi sono  Cynthia ErivoMichelle YeohMichael Douglas e Catherine Zeta-Jones, Viola Davis, Olivia WildeEmily Blunt, Andrew Garfield, Eva Longoria, Nick Jonas, Priyanka Chopra Jonas, e il presidente della giuria Spike Lee. 

“Essendo stato così fortunato da poter sperimentare di prima mano l’incredibile regia, l’atmosfera e la creatività del Red Sea International Film Festival nel 2022, tornarci quest’anno da presidente della giuria è un vero privilegio” ha detto Lee quando è stato rivelato che il presidente della giuria del Gedda Fest era lui. “Oltre a creare un melting pot di culture che si uniscono per celebrare la nostra importante forma d’arte, è di vitale importanza lasciare anche ai registi giovani ed emergenti la possibilità di trovare la loro voce in questo campo.” 

Il pubblico di Gedda ha regalato a Spike Lee una standing ovation quando ha lasciato il palco, e almeno uno nella folla ha gridato: “Grazie Spike!”

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