Durante un incontro a Los Angeles, al The Grove AMC Cinema, Jude Law ha parlato con grande passione della sua ultima opera cinematografica The Order e della visione che il regista Justin Kurzel ha portato sul set. Law ha sottolineato l’importanza di tornare a fare film di genere con molteplici sfaccettature, opere che non siano limitate a una sola dimensione, ma che combinino dramma, conflitto e messaggio, creando una risonanza profonda. In un contesto cinematografico che spesso tende alla semplificazione, Law ha evidenziato come sia fondamentale esplorare storie che permettano al pubblico di riflettere su temi complessi e attuali.
A Los Angeles, Law, che porta in scena l’agente del FBI Terry Husk, ha partecipato a una discussione pubblica sul thriller neo-nazista che ha prodotto e interpretato, durante un’anteprima per la stampa. Il film, ambientato negli anni ’80, ma incredibilmente rilevante per i nostri tempi, affronta temi legati alla supremazia bianca, al terrorismo estremista e alla loro connessione con la realtà odierna. Kurzel ha saputo dare al progetto un’identità unica, mantenendo la tensione del genere thriller ma elevandolo attraverso la profondità dei personaggi e la verità della narrazione. Tratto dal libro del 1989 The Silent Brotherhood di Kevin Flynn e Gary Gerhardt, The Order è stato presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia 2024 e uscirà nelle sale statunitensi il 6 dicembre, per poi essere disponibile su Amazon.
Questo incontro ha mostrato l’impegno dell’attore londinese non solo verso il cinema, ma anche verso l’importanza di portare in scena il nostro presente, riflettendo sulle origini dei conflitti sociali e politici che ancora affrontiamo.
Ecco cosa ha detto Jude Law dal palco della sala 12 dell’AMC Theater:
“Justine Kurzel l’ha fatto in molti dei suoi lavori, ha questa capacità di rappresentare le persone, a volte anche persone sgradevoli, all’interno della loro comunità o nel loro ambiente familiare. Improvvisamente hai una comprensione di cosa è che forse li fa scattare o cosa rafforza le loro opinioni. Di cosa hanno bisogno? Come se forse mancasse qualcosa nella loro comunità”.
“È abbastanza chiaro in questa storia, sai che Terry non ha una famiglia. L’ha persa, è stato il costo di ciò che ha fatto, ora sta cercando di riaverla indietro, ma in realtà è distrutta. Poi hai Bob che ha invece una famiglia viziata. Ha due mogli e un figlio. Tutto creato con le bugie e la falsità. E poi hai Jamie che ha una giovane famiglia, c’è un’innocenza in questo, ci sono delle promesse per cui lui sta combattendo. Infine c’è Connie che non ha famiglia, ha scelto di non averla perché vuole essere single”.
Poi, parlando del leader neonazista Bob Mathews, al centro di questo lungometraggio:
“Non sto cercando di umanizzare nessuno, ma non ci sono giudizi nel dire che sappiamo che dobbiamo capire perché le persone si comportano in un certo modo. Così puoi estirpare la radice, non tagliere solo la testa. Dobbiamo capire perché in così tanti seguono questi personaggi”.
Poi ha fatto un accenno al cambiamento dei film di genere di oggi:
“È interessante, non è vero? Come i film di genere possano, senza una relazione con la narrazione in generale, cambiare e cambiare in flussi e riflussi. All’improvviso l’idea di un film di genere elevato, è diventata una rarità. Mentre quelli sono i lungometraggi che ho guardato crescendo. Questo è quello che andavamo a vedere da piccoli. All’improvviso è come se il genere dovesse essere semplificato. Doveva essere una cosa sola, piuttosto che qualcosa che soddisfa più esigenze. Mentre in film come questo puoi avere il brivido, ottenere il dramma, ma hai anche un messaggio, hai una risonanza”.
In conclusione, parlando della realizzazione del film:
“Avevamo una buona mappa, non era tipo: Ok, allora andiamo e creiamo una sceneggiatura”. Avevamo uno script grandioso ed è solo allora che puoi iniziare a pensare: bene, diciamo anche questo. Oppure: abbiamo ottenuto questo, cos’altro possiamo fare? Questo era il pensiero che penso fosse al centro di questo film”.
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