Tomas Arana, il Gian Maria Volonté americano, si racconta al Hollywood Reporter Roma

“Io ho tre amici veri in questo mondo, e sono Tony Servillo, Russell Crowe e Willem Da Foe”. Attore poliedrico e raffinato, di grande cultura e sempre attento a scegliere con cura i ruoli da interpretare, Arana si è lasciato andare in una chiacchierata che andrebbe trascritta sui libri di storia del cinema.

Capisco bene che per molti tra voi lettori il nome di Tomas Arana possa non essere il primo della lista quando si pensa al grande cinema, perché non stiamo parlando di un “divo” nel senso più commerciale del termine, ma di un artista, che è cosa diversa, molto diversa. 

È vero, Tomas ha recitato anche in quelli che comunemente possiamo definire dei blockbuster, vi basti pensare a Il Gladiatore, Bourne Supremacy o Guardia del Corpo con Whitney Huston, ma sarebbe riduttivo limitare la sua carriera a questi successi. Arana è stato il Lazzaro dell’Ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, il detective Breuning di L.A. Confidential, Laginov in Caccia a Ottobre Rosso con Sean Connery, Walter in Giallo Napoletano di Corbucci, Damon in La Setta di Soavi e tante altre cose. Amico di Andy Warhol, nato nel teatro sperimentale, Tomas Arana è stato tutto e ha fatto tutto, con un amore particolare per l’Italia. 

A sinistra Russell Crowe, a destra Tomas Arana in una scena del film “Il gladiatore”.

Per certi versi è un uomo d’altri tempi, di quelli che in vita raramente si fanno intervistare. Fortunatamente alla richiesta del Hollywood Reporter Roma, Arana ha detto di si. Non abbiamo seguito i soliti schemi del domanda – risposta, ma abbiamo amabilmente chiacchierato dei suoi 40 e rotti anni di carriera, in una trattoria romana.

Contro ogni logica, non siamo partiti dal suo ultimo film, quel Limonov di Serebrennikov, appena presentato a Roma,  che tanto sta facendo discutere la critica e il pubblico, ma dai suoi inizi, da dove tutto ha preso forma, quell’amore per il teatro che l’ha segnato per tutta la vita.

Tomas arana con Andy Warhol al teatro sperimentale.

Ecco la storia di Tomas Arana, nelle sue parole:

“La libertà che acquisisci facendo avanguardia teatrale è molto più vera di quella che acquisisci studiando a una normale scuola di recitazione. Io sono di San Francisco, ho studiato all’American Conservatory Theater, una delle quattro scuole di recitazione più importanti d’America, lì ho approfondito il teatro classico, che è importante come base, anche da un punto di vista tecnico. Finita quell’esperienza, in cerca di nuove esperienze, sono andato a New York e ho fatto qualche piccolo spettacolo off Broadway, niente di straordinario”, ha detto, intervallando le parole con qualche sorso di vino, per poi passare al suo rapporto con l’Italia.

“Sono arrivato a Napoli nel 1978, ero ossessionato dal cinema italiano. In quel periodo, poi, Lina Wertmuller aveva avuto un successo enorme negli Stati Uniti, avevo visto tutti i suoi film. Mi piaceva da morire Amore e Anarchia. Il film che però mi cambiò la vita fu Avanti!, di Billy Wilder, una pellicola con cui compresi e amai la mentalità italiana, specialmente quella del Sud, la quale non è come quella americana che vive per lavorare, ma lavora per vivere”. 

A questo punto, Tomas entra nel vivo dei ricordi di quegli anni “A Napoli frequentavo Dino Trappetto, un critico cinematografico che avevo conosciuto al festival di Spoleto e, una sera, mentre a cena con altra gente ci raccontava qualche aneddoto sul cinema italiano, ci invitò ad andare a Spoleto per vedere una mostra di Warhol organizzata da un certo Lucio Amelio. Conosciuto Lucio, entrammo immediatamente in sintonia e nacque una vera amicizia. Inizialmente mi invitò a stare da lui per un weekend, alla fine sono restato a Napoli per otto anni. Un giorno, parlando gli ho detto che il mio sogno era fare cinema in Italia. Credimi, lui non se l’è fatto ripetere due volte e mi ha portato a Roma da Lina Wertmuller. Per me è stato un sogno. Arrivati a casa di Lina, abbiamo chiacchierato tanto, il mio viso le è piaciuto, e la sera stessa mi ha offerto una piccola parte in quello che è stato il mio primo film, Fatto di Sangue Tra Due Uomini Per Colpa Di Una Vedova. Si Sospettano Moventi Politici, e da lì è iniziato tutto, ma la vera sorpresa è stata scoprire che nel cast c’erano Mastroianni, la Loren e Giannini”. 

Tomas Arana, Silvia Damiani alla festa per i 90 anni di Sophia Loren al The Space cinema Moderno, Roma, 20 settembre 2024. Foto @ANSA/MASSIMO PERCOSSI

E se si chiedesse qualche impressione su Mastroianni e la Loren?

“Tu considera che io ho imparato a recitare per il cinema guardando proprio Mastroianni. Umanamente, quando l’ho conosciuto, ho scoperto una persona gentilissima con tutti, non era assolutamente un divo come ci si potrebbe aspettare. Durante le riprese, se non avesse dovuto girare, stava seduto con il macchinista e chiedeva giusto un accendino, una sigaretta e un caffè. Parlava di tutto con tutti. Non dimenticherò mai che un giorno si mise a disquisire sul sugo di un piatto che adesso non mi sovviene. Insieme a Lina poi formavano una coppia anche umanamente straordinaria. Ma la grandezza di Mastroianni la compresi quando, vedendomi nervoso per le riprese, con i suoi modi garbati mi disse ‘Relax Tommaso, it’s only a film’, con il suo accento inglese un po’ maccheronico ma efficace. Mi prese in simpatia e più di una volta mi diede consigli e mi portò a prendere un caffé. La Loren era anch’essa una donna fuori dal comune. Elegante, simpatica, sempre umile, e soprattutto bravissima”. 

Come da copione, dopo questi aneddoti, visti i suoi 25 film in Italia, non abbiamo potuto evitare di approfondire il suo rapporto con il nostro cinema. 

“Quello che ho imparato grazie al cinema italiano, l’ho imparato dagli artisti. Ho fatto mia la libertà di pensiero, nel senso di non prendere tutto troppo sul serio, o essere vittima della pressione, ma vivere il lavoro con naturalezza, in alcuni casi con leggerezza, concedersi anche qualche distrazione e qualche risata, tutte cose che non mi hanno insegnato nella scuola di recitazione”.

 A questo punto siamo passati al suo più grande amore, il teatro d’avanguardia. 

“Nel 1979, dopo aver partecipato a Giallo Napoletano di Corbucci, oltre alle mie esperienze cinematografiche, con Mario Martone, Angelo Curti, Pasquale Mari, Andrea Renzi e Tony Servillo, abbiamo formato un gruppo di avanguardia. Facevamo spettacoli di 20 minuti che non erano esattamente teatrali, era più performance art. Quello è stato il mio periodo più libero in assoluto come attore. Non avevamo battute, erano movimenti, gesti, molte cose basate sulla quotidianità, era vera avanguardia. Io amo il movimento, ho studiato danza, scherma, spada giapponese, per me è stato straordinario. Facevo tutto, non mi limitavo alle performance. Organizzavo le date, facevo promozione, risolvevo i problemi, anche logistici, facevo pubbliche relazioni, insomma organizzavo veramente tutto perché loro erano più giovani di me, mentre io avevo già girato il mondo. Nel 1987, dopo avere fondato il festival di avanguardia milanese che si chiama Milano Oltre, che oggi ha 38 anni, mi ero rotto il cazzo di lavorare 24 ore su 24 per pochi spicci, così mi dedicai esclusivamente al cinema”.

Avendo citato Servillo, abbiamo parlato delle sue amicizie nel mondo del cinema. 

Da sinistra Toni Servillo, Willem Dafoe e Tomas Arana. Foto per gentile concessione

“Io ho tre amici veri in questo mondo, e sono Tony Servillo, Russell Crowe e Willem Da Foe, sono tre attori unici, io li definisco i Picasso della recitazione. Ognuno di loro ha un proprio stile unico. Russell non ha studiato, ma è impeccabile. Tony e Willem vengono come me dall’avanguardia, in particolar modo Willem ha fatto cose straordinarie, che poi escono tutte fuori nei suoi film, pensa al visionario Povere Creature, solo lui lo poteva fare”. 

A questo punto non abbiamo potuto posticipare due parole su Limonov, il suo ultimo film. 

(Da sinistra a destra) Il produttore Lorenzo Gangarossa, gli attori Tomas Arana, Viktoria Miroshnichenko, un ospite, Ben Whishaw, un ospite, e il regista russo Kirill Serebrennikov posano sulle scale del Festival Palace alla première di “Limonov: The Ballad” durante il 77° Festival annuale di Cannes, a Cannes, Francia, 19 maggio 2024. Il film è presentato in concorso al festival che si svolge dal 14 al 25 maggio 2024. Foto @EPA/ANDRE PAIN

“In questo periodo nelle sale c’è Limonov, una produzione che fa parte di quel tipo di film che vogliono scioccare  e fare riflettere il pubblico. Il protagonista era molto borderline, sia dal punto di vista sessuale che politico. Era un folle nel pieno della New York degli anni Ottanta con tutte le sue storture. È stato un personaggio estremo, ma il film fa qualcosa che al pubblico ‘moralista’ non piace, ovvero non lo giudica, ed è questa la cosa per cui lo amo e chi l’ha visto con gli occhi giusti ha amato. Non viene imposto un modello, viene lasciata la libera interpretazione, cosa che in pochissimi oggi fanno. Girare con Serebrennikov mi ha portato indietro nel tempo, a quando facevo avanguardia. Lui è un regista unico, mi ha ricordato molto Scorsese quando ho partecipato all’Ultima Tentazione di Cristo con Willem. Martin, mi offrì la parte di Lazzaro chiedendomi di ripetere la gestualità che aveva visto in uno dei miei spettacoli teatrali”, proprio a proposito del regista di The Irish Man ha aggiunto, “Scorsese ha un pregio che pochi possono vantare, ascolta gli attori quando non dicono una stronzata. Sai, ci sono registi che a prescindere ti dicono fai così fai colà e se ne fregano di quello che consigli. Martin no. Ricordo che con Willem ci preparammo insieme una scena, gliela proponemmo e lui ci disse ‘bene così, mi piace, facciamola’. Era già Martin Scorsese, io in particolar modo non ero nessuno, non so se mi capisci, eppure ecco la grandezza del vero regista. Come lui anche Ridley Scott è così”.  

Verso la fine dell’intervista, ho voluto scavare più a fondo l’uomo, e gli ho chiesto perché fa l’attore.

 “I veri attori e registi girano per sé stessi prima che per il pubblico. Se poi il film viene apprezzato in sala, tanto meglio, ma del mondo non ce ne frega un cazzo, tantomeno dei critici. Ricordo ancora una recensione negativissima di un mio spettacolo teatrale, si chiamava Tango Glaciale. Non sai quanto mi fece ridere, ancora me la ricordo. Le stroncature sono quelle che non dimentichi mai. Io chiedo solo di rispettare gli artisti e non giudicare subito è bello, non è bello, perché è stupido. Sai, è come quando vedi un quadro. Lo vedi dieci volte e non ti dice niente, poi all’undicesima trovi quel particolare che ti fa dire ‘wow, non l’avevo notato’”. 

In chiusura, l’ultimo commento è stato ovviamente dedicato allo scontro Trump – Kamala Harris. 

 “Trump è “allucinante, è amico dei dittatori del mondo, è razzista, si inventa la storia degli immigrati che mangiano cani e gatti, e non può vincere. La Harris non mi entusiasma, non è il massimo, ma tra i due mali è secondo me il meno nocivo per gli Stati Uniti e per il mondo”.

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