
Paragonare i votanti degli Oscar all’elettorato americano mi è sempre sembrato un po’ ridicolo. I secondi decidono il destino di una nazione. I primi decidono chi salirà sul palco per un discorso. Ma le scelte dei candidati fatte dall’Academy la scorsa settimana rappresentano un’eccezione: una risposta reale – e significativa – ai cambiamenti che stanno rapidamente investendo il Paese.
L’inchiostro della penna con la quale il presidente Donald Trump ha firma di recente degli ordini esecutivi sembrerebbe esaurito.
Tra le sue mosse recenti: l’eliminazione di programmi che garantivano a ad afroamericani a individui di origine latina un posto nel governo federale; l’invio di agenti per scovare migranti in scuole e chiese; minacciare milioni di persone trans dichiarando che esistono solo due generi; e persino, in un gesto di crudeltà tanto sorprendente quanto deliberato, la sospensione degli sforzi americani per rimuovere le mine antiuomo dai campi di battaglia stranieri. Una politica “pro amputazioni” è una scelta bizzarra per conquistare elettori, ma eccoci qui.
L’Academy, nel frattempo, è stata altrettanto attiva, ma con uno spirito completamente diverso.
Quest’anno, per la prima volta, due dei film nominati nella categoria internazionale sono anche in corsa per il miglior film. Uno di questi, il franco-messicano Emilia Perez, ha ricevuto più nomination di qualsiasi altro film in lingua non inglese nella storia degli Oscar. L’altro, il brasiliano I’m Still Here, è stata una sorpresa per molti analisti, ma i votanti lo hanno voluto comunque in lista. E non dimentichiamo Flow, un film lettone senza dialoghi ambientato in un regno animale post-apocalittico, che ha ottenuto nomination sia per il miglior film internazionale che per quello d’animazione.
“America First”? Non secondo questi votanti.
I primi due film rispondono direttamente all’agenda di Trump. O meglio, le si oppongono. Emilia Perez racconta l’intensa umanità di un individuo trans.
E mentre molti non l’avevano ancora visto – è appena uscito nei cinema – I’m Still Here è una denuncia sottilmente sovversiva, che mostra i pericoli di una deriva autoritaria rifacendosi alla dittatura militare di destra degli anni ’70 in Brasile. Se guardi in questo specchio storico e non vedi un avvertimento, non stai guardando attentamente.
È solo l’inizio. The Brutalist, sulle lotte e i trionfi di un immigrato, e Wicked, sulle sfide e i successi nel vivere sotto un regime fascista, hanno ricevuto ciascuno dieci nomination. (Marc Platt, produttore di Wicked, ha dichiarato in un’intervista che il film offre un modello per affrontare l’attualità: “Avere il coraggio di trovare la propria voce e usarla per sfidare il potere.”). A Real Pain e September 5, entrambi incentrati sui traumi affrontati dal popolo ebraico in un’epoca in cui parlare di questi temi è disturbante per l’estrema destra e l’estrema sinistra, sono entrati nella corsa per la miglior sceneggiatura.
Una delle sorprese più grandi, Nickel Boys – un film che invita a non dimenticare mai le terribili cicatrici della violenza razziale – ha ottenuto delle nomination come miglior film e per la sceneggiatura, nonostante molti esperti lo avessero dato per spacciato.
Infine, Sebastian Stan, star di The Apprentice – dove interpreta letteralmente Trump, in una performance tagliente e penetrante – ha conquistato una nomination come miglior attore.
In un momento in cui molti (legittimamente) temono che Hollywood stia cercando di evitare di urtare Trump, l’Academy lo celebra onorando un attore che non ha paura di affrontarlo.
La ragione di tutto ciò (oltre alla finalità dei votanti che adempiono al loro compito) è, naturalmente, l’idea di una iniziativa di diversità, equità e inclusione (DEI). Un movimento iniziato nel 2016, quando Trump era in ascesa, per diversificare l’Academy includendo persone di background, paesi ed esperienze diverse. Ciò non può essere smantellato. Le scelte di quest’anno testimoniano la permanenza di quest’idea.
So cosa stai pensando. Che differenza fa? L’Academy ha preso dei film che umanizzano le questioni sociali e li ha resi idonei per delle statuette. E allora? Ciò cambia la politica. Non è forse solo una prova dell’impotenza di Hollywood? Trump spera di cambiare la direzione del governo. L’Academy spera che la gente non cambi canale.
Ma io credo che faccia davvero la differenza. Perché ciò che Trump sta facendo non è solo sostanziale – è simbolico. È un modo per mostrare al mondo che guarda che l’America del 2025 è questo: un posto dove i migranti vengono cacciati dalle chiese, le persone trans sono private delle cure mediche e alle persone di colore viene detto che le pratiche di assunzione sono eque. Un posto dove le vite nei paesi stranieri valgono meno di quelle americane. Ecco la nostra anima. O la sua assenza.
Ma anche l’Academy ha uno strumento simbolico. Centinaia di milioni di persone in tutto il mondo guardano gli Oscar per capire cosa rappresenta l’America. E quest’anno vedranno qualcosa di completamente opposto: un luogo che racconta le storie delle persone trans, si interessa delle vite degli immigrati, guarda oltre i confini, e si preoccupa di razzismo, antisemitismo e nazionalismo.
Un’America che vede il mondo non solo come un’opportunità per arricchirsi, ma come un contesto per comprendersi.
Ho chiesto a RaMell Ross, sceneggiatore e regista di Nickel Boys, se, secondo lui, queste scelte dell’Academy contino davvero. Ecco cosa mi ha risposto:
“Esagerare dicendo che premi o film cambiano la vita è sbagliato. Ma penso che possano creare qualcosa di significativo, che cambi il mondo in modo impalpabile. Forse le persone votano in modo diverso, o pensano alla politica in modo diverso dopo aver visto un film premiato. Non è un cambiamento diretto. È una piccola onda. È qualcosa che mi fa pensare a una direzione diversa. È qualcosa che ora comprendo e che prima non comprendevo.”
È qualcosa, in altre parole, di cui abbiamo più bisogno che mai.
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