Sally Ride, l’astronauta femminista della NASA che ha rotto il “soffitto di cristallo”: A lei è dedicato il documentario Sally

Diretto da Cristina Costantini, il film racconta vita professionale e privata della pioniera della Nasa, mettendo insieme filmati d'archivio, interviste a familiari e colleghi, oltre alla testimonia speciale della sua compagna Tam O'Shaughnessy, con lei per 27 anni ma sempre nell’ombra

Quando Sally Ride morì nel 2012, fu ricordata soprattutto come la prima donna americana nello spazio, ma c’è molto di più nella sua storia. I necrologi fecero conoscere al mondo un segreto che aveva a lungo custodito, ovvero che lei e una donna di nome Tam O’Shaughnessy erano state compagne di vita per 27 anni. 

Quegli stessi necrologi spesso ignoravano o minimizzavano il sessimo sbalorditivo che Ride dovette affrontare quando entrò a far parte della prima classe di astronauti della NASA che includeva anche le donne nel 1978.

Nel ricco e dettagliato Sally, Cristina Costantini rivela gli aspetti personali e professionali della vita di Ride, mostrando come fossero intrecciati. Il documentario, che ha come narratrice principale proprio O’Shaughnessy, include sia le interviste ai membri della famiglia, sia alcune testimonianze di ex astronauti, oltre ai video d’archivio di proprietà della stessa Ride, per creare un ritratto coinvolgente e di rilievo sociale di questa donna che è stata così importante per l’America. Il film, lungi dall’essere un ritratto agiografico, ha il pregio di raccontare anche la personalità non sempre facile della Ride. 

Sebbene Sally abbia già vinto il premio Alfred P. Sloan per un film a tema scientifico, annunciato prima della sua premiere al Sundance Film Festival, non si sofferma molto sui dettagli dei viaggi spaziali. (Costantini ha precedentemente vinto il Festival Favorite Award nel 2018 per Science Fair, co-diretto con Darren Foster.) Con ricchezza di filmati d’epoca, il film insiste invece sull’ambiente maschilista in cui Ride e le altre cinque donne della sua classe NASA hanno dovuto vivere.

Costantini fa luce sulla cultura dell’epoca, cogliendone in pieno il sessismo e l’omofobia. Come dice Ride: “Gli unici brutti momenti nel nostro addestramento hanno riguardato la stampa”. 

Kathy Sullivan, che era nella classe di addestramento di Ride, descrive l’atteggiamento della stampa che invece di interessarsi del lavoro delle astronaute, poneva domande stereotipate su romanticismo, make-up e famiglia e ricorda che Ride si irritava sempre quando le chiedevano cose non inerenti al suo mestiere, come quella volta che, seduta accanto agli altri astronauti maschi a una conferenza stampa, le venne domandato se aveva intenzione di essere la prima madre nello spazio o se davvero pensava di essere brava come qualsiasi collega uomo. Se la prendeva anche con i giornalisti che la chiamavano “signorina” e non Dr. Ride o Sally, gli stessi che pretendevano di sapere quanti assorbenti interni adoperava per un volo di una settimana…

John Fabian, un altro compagno di classe, ricorda Ride come priva di emozioni e imperscrutabile: “la conoscevamo solo sul lavoro”, dice, sottolineando la sua naturale riservatezza. 

Dal documentario emerge come Sally fosse emotivamente chiusa anche nella sua vita privata. I commenti di O’Shaughnessy su Ride sono molto affettuosi, ma anche lei afferma: “Alcune delle caratteristiche che l’hanno resa la donna in grado di rompere il ‘soffitto di cristallo’ più alto che c’era le hanno anche impedito di riuscire a vivere bene una relazione”. 

Sia che sia seduta sulla sedia di uno studio a parlare alla telecamera, sia che si trovi a casa sua in mezzo alle lettere e ai regali di Sally, O’Shaughnessy è una presenza costante, calda ma non sentimentale, fondamentale per raccontare fino in fondo Sally, anche della difficoltà che Ride ebbe per tutta la vita nel rendere pubblica la loro relazione.

Alcune delle interviste più illuminanti di Costantini sono quelle che coinvolgono i familiari di Sally. Tra loro la madre, che parlando della relazione fra la figlia e Tam dice: “sapevo che erano una coppia, ma non ne parlavamo”. 

Ride era riservata anche con il suo ex marito, Steve Hawley, un altro astronauta della sua classe che sposò durante il loro addestramento. Lui afferma che entrambi sono entrati nel matrimonio “in buona fede”, e che fino al momento in cui lei se ne andò, cinque anni dopo, sospettava ma non sapeva che fosse gay. 

Ride fece outing pubblicamente solo poco prima di morire.

Unico neo di un film che potrebbe vivere solo grazie al repertorio e alle testimonianze, sono alcuni momenti della vita di Sally ricostruiti attraverso la finzione. Verso la fine, c’è persino una controfigura di Sally in un letto d’ospedale. Non c’è dialogo in nessuna di queste scene, quindi si evita la peggiore deriva della fiction, ma è comunque una scelta di regia inutile, che toglie forza alla storia. Sally si regge perfettamente senza fronzoli, proprio com’era lei.