CCCP, Massimo Zamboni, “Che senso ha un Primo Maggio che è diventato Sanremo?”

L’ex chitarrista dei CCCP, sabato all'Alcazar di Roma per l'UnArchive Found Footage Fest, sarà al cinema con due film: nel 2024 con il“cineconcerto” Arrivederci Berlinguer e a fine anno con Kissing Gorbaciov, documentario di Andrea Paco Mariani e Luigi D'Alife sull'epico tour della band in URSS nel 1989

Studia, lavora e non guarda la tv. Fedele alla linea, l’ex CCCP Massimo Zamboni, 66 anni, sabato sarà all’UnArchive Found Film Fest di Roma con un “cineconcerto”, Arrivederci Berlinguer, presentato lo scorso aprile in anteprima al Pordenone Docs Fest e in uscita in sala – ulteriormente rielaborato – il prossimo anno, per i 40 anni dalla morte dello storico segretario del Partico Comunista Enrico Berlinguer. Un film corale sui suoi funerali, realizzato all’epoca da Bernardo e Giuseppe Bertolucci, Silvano Agosti, Roberto Benigni, Carlo Lizzani, Luigi Magni, Giuliano Montaldo, Ettore Scola e Gillo Pontecorvo, rimontato, arricchito di materiali inediti e accompagnato dalla musica live di Zamboni.

In libreria con Bestiario Selvatico (pubblicato da La nave di Teseo), l’ex chitarrista dei CCCP – lo storico gruppo punk emiliano, attivo tra il 1982 e il 1990 – è nel cast del documentario Kissing Gorbaciov di Andrea Paco Mariani e Luigi D’Alife. Attualmente in montaggio, prodotto con il sostegno dal basso di un crowdfunding lanciato da SMK Factory a novembre, il film sarà pronto in autunno e ripercorrerà, con la partecipazione straordinaria della band riunita per la prima volta dopo 40 anni (Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Guidici e Danilo Fatur), e degli organizzatori Antonio Princigalli e Sergio Blasi, la straordinaria esperienza che portò i CCCP prima sul palco di Melpignano (LE), insieme ad alcune delle più famose band russe, e poi in tour tra Mosca e Leningrado nella primavera del 1989.

Perché Berlinguer, adesso?
Per passare dall’addio di allora a un più ottimistico arrivederci. Volevamo tornare all’idea di un domani, a qualcosa che andasse oltre al dolore e al pianto di un paese. Per quei funerali scesero in piazza mezzo milione di persone a Roma, da tutta Italia. Ora che il presente ci sembra esploso, ora che pare impossibile l’idea stessa di futuro, speriamo che parlare di Berlinguer sia di buon auspicio.

Cosa la colpisce tanto di quel momento?
C’era il popolo, tornato in piazza in un’epoca in cui il Partito Comunista non era certo in auge: erano gli anni del Partito Socialista, anni in odore di Silvio Berlusconi e Fininvest. Dopo la prima a Pordenone ho sentito molte persone dire che si erano commosse. È un film che restituisce il tono di quel che abbiamo perduto. Non è necessariamente un rimpianto. È la cognizione di quel che non abbiamo più.

Sì, ma cos’è Arrivederci Berlinguer: una performance? Un happening?
Più una terapia di massa che un happening. Arrivederci Berlinguer è un film che vuole curare una moltitudine di persone malate. L’idea è quella di allungarlo ancora, per ottenere una nuova versione l’anno prossimo, in occasione dell’anniversario della morte di Berlinguer. Il film girerà per le sale con una colonna sonora registrata. Ove possibile, lo accompagnerò live.

A che punto è Kissing Gorbaciov?
È in montaggio. Siamo tutti molto partecipi e contenti. Sarà pronto in autunno.

Potrebbe andare alla Mostra di Venezia?
Speriamo.

Dopo 40 anni, Kissing Gorbaciov riunirà i CCCP. Che effetto fa?
Io tendo a ricordare tutte le cose della mia vita, me le porto addosso in uno zaino sempre più pesante. Ricordo bene quell’esperienza, è stata fondativa. Certo, quando la racconto ad altri sembra quasi una storia che viene da Saturno, lontana anni luce. È un film che racconta un’antropologia perduta: ci sentivamo moderni e contemporanei, ma era tutto il popolo italiano a sentirsi così in quegli anni. Era finito il periodo della lotta politica e c’era questa bolla di sapone dell’economia che aveva illuso mezzo paese. E infatti, non era vero niente.

È nostalgico?
Chi ci accusa di nostalgia io non lo ascolto. Non capisco perché dovrei dar retta a tutte le opinioni, soprattutto quelle che non condivido. Di certo c’è che viviamo in un mondo di propaganda continua, un mondo sempre più verticalizzato, fatto di una piccola maggioranza straricca e tanta povertà. Un mondo di barriere architettoniche, e non mi riferisco ai marciapiedi: le barriere oggi sono quelle del linguaggio, dell’esclusione di chi non sa usare un cellulare, che non sa cosa sia lo speed o le “credenziali di terzo livello”. Questo è il preludio di un futuro da schiavi. Non dovremmo accettarlo supinamente, e invece lo rincorriamo.

Che musica ascolta oggi?
Fatico ad ascoltare musica per problemi concreti: per esempio non ho lo stereo in macchina. Però ogni tanto ho delle fiammate. L’altro giorno guardavo sul web il concerto di Roger Waters a Bologna, e mi sono detto: ecco cosa voglio io dalla musica. Qualcosa che abbia quell’impatto, non un semplice spettacolo.

Avanguardie musicali in Italia ne abbiamo?
Sarà un problema di anzianità, ma sinceramente non posso pensare che il palco del Primo Maggio sia diventato uguale a quello di Sanremo. O riusciamo a esprimere dei contenuti, in quel contenitore, o mi chiedo a cosa serva suonare.

L’hanno invitata?
Ma figuriamoci. E comunque sarei in imbarazzo. Vogliamo questo dalla musica? Per me conta la voglia di stare insieme: cambiare il mondo passa da quello.

Nel frattempo dove la vedremo?
È uscito a marzo il mio libro, Bestiario selvatico, che accompagnerò con un reading di parole, sonorizzazioni e filmati. Faremo un passaggio alla Milanesiana a giugno, poi a Bologna.

Il cinema lo guarda?
Se abitassi più vicino a una sala ci andrei. Vorrei vedere As Bestas (di Rodrigo Sorogoyen, ndr), so che parla di una realtà vicina a quella di montagna, nell’Appennino, dove vivo.

Però il cinema lo fa: perché ha detto si a Kissing Gorbaciov?
Perché io dico di sì a tutto. Ma sono contento da matti e molto onorato. Del resto è ciò che voglio dal mio lavoro: non fare bella musica o bei film, ma mettere in moto le sinapsi delle persone.

Con i CCCP avete escluso il ritorno, ma tanti ve lo chiedono. E tantissimi hanno finanziato il film. Stupito?
I CCCP sono stati una cosa strana, così forti e cosi fragili: un’entità gracile. Evidentemente siamo stati in grado di trasmettere qualcosa. E dopo quarant’anni, in fondo, stare ancora qui non è poco.

Massimo Zamboni

Massimo Zamboni