Le coreografie degli anni ’30 di Busby Berkley che componeva figure geometriche come in un caleidoscopio vivente con decine di corpi nell’inquadratura, ma anche la sensualità sgargiante che flirtava con il kitsch dei film di Ken Russel degli anni ’70 sembrano essere i modelli ai quali Lady Gaga si è ispirata per la regia del videoclip di Abracadabra, lanciato la sera stessa dei Grammy.
A poche ore dal lancio del video clip sono esplose in rete una quantità di produzioni di video dove vengono replicati i passaggi semplici delle sue coreografie accattivanti ma soprattutto facili da realizzare. Il fenomeno è già virale nei locali glam dove Drag Queen e corpi di ballo replicano la coreografia integrale e su Instagram è una epidemia, come accadeva a Lady Gaga ai suoi esordi prima della nascita di TikTok. È così che Lady Gaga riuscì a costruire il suo esercito di Monsters.
In realtà le recensioni sono state frequentemente distaccate, tranne qualche eccezione (“sonorità banali, niente di nuovo, bel product placement, il testo non ha senso”) ma questo video la cui regia è firmata dalla stessa Lady Gaga, dalla fotografa di tendenza Bethany Vargas e dalla coreografa neozelandese Parris Goebel (il cui stile fonde insieme la ritmica corporea spezzata dell’hip hop, con la dancehall radicata nel reggae), lancia contro 40 ballerini in un bianco perlaceo ed una signora in rosso, ha un taglio di luci gotiche e uno sberleffo post punk e contiene microcitazioni come quelle dalla serie Pose che racconta la vita di persone della comunità LGBTQIA+ emarginate a New York negli anni 80 : la stessa che organizzava in fatiscenti ball room le sue sfilate.
Oggi con questa trovata probabilmente si starà rivolgendo anche a quella GenZ che non la conosceva nella sua fase riot di Poker Face e Monster. Molti fan ma soprattutto grandi celebrità stanno postando video divertenti.
Il motto con cui si apre (“Danza o muori”) sembra aver da subito conquistato un popolo di fedeli.
