“Gassa d’Amante”: Mina seduce ancora con la sua voce senza tempo 

A 84 anni esce il nuovo album della cantante cult più amata dagli italiani e da un élite mondiale. Mina ha venduto più di 150 milioni di dischi.

Gassa d’Amante è un nodo nautico molto importante, un “bowline knot”, indispensabile all’arte della vela: le sue caratteristiche sono di essere allo stesso tempo solido e facile da sciogliere. È anche il titolo dell’ultimo album di Mina, la cantante che ha venduto più dischi di qualsiasi altro cantante italiano: 150 milioni di copie in tutto il mondo, più di 70 album realizzati. Gassa d’Amante sarà disponibile a partire dal 22 novembre e la musica e i testi sembrano lavorare con dolce ossessione proprio su quel nodo capace di tollerare carichi impensabili, eppure così facile da sciogliere, che è l’amore.

Mina Anna Mazzini, in arte Mina, a 84 anni è una pop star che dagli anni sessanta ancora oggi fa miracoli con la sua voce. È una figura cult, paragonabile a Liza Minelli o Bette Midler, una diva della musica che per gli italiani è una superstar grande come Lady Gaga o Taylor Swift oggi.  Come una Greta Garbo del 21esimo secolo, vive a Lugano, in Svizzera, dove si trasferì alla fine degli anni 60. E’ dal 1978 che non si esibisce più dal vivo, anche se continua a registrare nuovi album.

Mina. Scatto esclusivo SALOMÈ Volume 1 Credits @Mauro Balletti. Per gentile concessione di PDU Productions

“Mina: quattro lettere, due sillabe, due consonanti, due vocali e un’infinità di senso, suono e carisma,” dice Luca Josi giornalista e imprenditore, che ai tempi come direttore brand strategy media e multimedia entertainment di una grande azienda di telefonia, ha lavorato con la cantante ad un’innovativa campagna di comunicazione aggiunge: “Mina è il faro nella notte da cui ogni brand, marca, sognerebbe di essere illuminato. Ho avuto la fortuna di lavorare nella sua musica per cinque anni. Sono volati. Rimarranno fuori dal tempo”.

Già tra il 1959 e il 1969 Mina era apparsa in 13 film “musicarelli” (in uno, Urlatori alla sbarra, di Lucio Fulci, aveva accanto anche Chet Baker). Si tratta di quei film di enorme successo in Italia, prodotti negli anni ’60, intorno a star della musica pop, in cui le stesse finivano per cantare come in un musical.

Da sinistra a destra: Immagini di copertina degli album SALOME’ (1981), RANE SUPREME (1987), SORELLE LUMIERE (1992). Foto per gentile concessione di PDU Productions

Il regista Giuseppe Tornatore ha parlato dei musicarelli con emozione al The Hollywood Reporter Roma: “Era uno spettacolo straordinario. Il pubblico cantava insieme ai personaggi: ho vissuto momenti incredibili in sala mentre la platea cantava in sincrono con la voce dei cantanti sullo schermo”. In realtà, Mina, che in questi film sembra soprattutto divertirsi a indossare parrucche di colore variabile, foggia barocca e dimensioni ragguardevoli, non ha alcuna stima di quel cinema. “Se dovessi scartarne alcuni, lo farei con tutti e 13”, disse una volta in una intervista.

Al cinema, spesso grande cinema, Mina è tornata con la sua voce: ben 109 film, da tutto il mondo, hanno usato un suo brano nella colonna sonora. Se può apparire scontato ascoltarla in commedie italiane, anche importanti (come La voglia matta, di Luciano Salce, Io la conoscevo bene, di Antonio Pietrangeli, Sapore di mare, dei fratelli Carlo ed Enrico Vanzina) o in film di grandi autori italiani tra gli anni 50 ed oggi (in L’eclisse e L’avventura di Antonioni, Strategia del ragno di Bernardo BertolucciIo non ho paura di Gabriele Salvatores, Il ladro di bambini e Così ridevano di Gianni AmelioL’ultimo bacio di Gabriele Muccino) è altrettanto significativo ritrovarla tra i brani che accompagnano le gesta di Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese, e ancor di più lo è vedere come, raccontare l’ Italia degli anni ’60 e ’70, come fanno con precisione e passione, le serie  Trust di Simon Beaufoy (alla cui regia ha partecipato anche Danny Boyle) e Ripley, di Steven Zaillan, è praticamente impossibile senza usare le sue canzoni.

Da sinistra a destra: Immagini di copertina degli album PICCOLINO (2011), VELENO (2002), CREMONA (1996). foto per gentile concessione di PDU Productions

Ferzan Ozpetek, il regista di origine turca che si è affermato in Italia come uno degli autori più importanti nelle ultime stagioni ha usato più volte le canzoni di Mina nei suoi film (La finestra di fronteLa dea fortuna). Con Mina ha addirittura un rapporto di scambio creativo, come ha raccontato al The Hollywood Reporter Roma in una intervista. “Mina è fondamentale per il mio lavoro”, ha detto Ozpetek, “che sia una sceneggiatura o un mio romanzo è a lei che li sottopongo per prima. Ha sempre un punto di vista originale, lei vede aspetti e dettagli che altre persone non vedrebbero.  Per me rappresenta una sorta di rivoluzione dei sentimenti, dell’arte e di molte altre cose. L’ho amata fin da giovanissimo, per il suo stile originale, una persona contro corrente e su tutto ovviamente la sua voce, per me unica al mondo. Le devo molto e la ringrazierò sempre, come ho fatto nel mio film Diamanti di prossima uscita. Devo un autentico ringraziamento a Mina, presenza preziosa e costante nella mia vita”. 

Mina è stata amata anche da Lina Wertmuller, che ha detto: “Per Mina ho scritto i testi di Mi sei scoppiato dentro al cuore e di altre canzoni, ma come regista, ovviamente, ho pensato più di una volta a lei”.

Federico Fellini era innamorato dal talento del cantante: “Mina ha la faccia della luna. Gli occhi sono dolci e crudeli. La bocca chiama dal cielo le comete: basta un fischio”. Fellini aveva pensato a Mina per la parte della Gradisca, simbolo dell’eros femminile in Amarcord, hanno fantasticato di averla su un proprio set.

Nel 1958, a 18 anni, salì per gioco sul palco della Bussola di Forte dei Marmi a cantare con un microfono in mano. Venne subito scritturata dal manager e, da allora, non ha smesso più di farlo. Meno di tre anni dopo la giornalista Oriana Fallaci diceva di lei: “Ma chi è dunque questa ragazza che in nemmeno due anni è diventata una specie di mito degli italiani giovani e vecchi, poveri e ricchi, babbei e intelligenti, comunisti e cattolici… in una settimana colleziona sei copertine di settimanali autorevoli, e se dite di non averla mai vista cantare vi trattano alla stregua di un ignorante, di un traditore della patria o di un cretino?”.

Da sinistra a destra: Immagini di copertina degli album PAPPA DI LATTE (1995), TI CONOSCO MASCHERINA (1990), DEL MIO MEGLIO N.7 (1983). Foto per gentile concessione di PDU Productions

Sono gli anni in cui Paul McCartney le scrive per dirle che la sua interpretazione di Michelle è la più bella tra quelle in versione non in lingua inglese.  Hitchcock, passando per l’Italia, disse ai cronisti “Mi piacerebbe che Mina cantasse in un mio film”.

In realtà, il successo senza precedenti di Mina è dovuto solo in parte alla sua eccezionale vocalità. Il corpo atletico da nuotatrice agonista (lo è stata da adolescente), l’ovale luminoso che ha le linee degli occhi incise con la china, la verve ribelle e anticonformista, esaltata da una risata argentina, sono state i tratti inconfondibili di una icona pop senza precedenti nata quando ancora il termine icona pop non esisteva. “Un’attrice nata, simbolo della civiltà tecnologica, fantasma lunare, aggressiva e un po’ pop”, ha affermato Andy Warhol negli anni ’70.

Citando Botero, Picasso, Walt Disney e Mapplethorpe, Mina è apparsa: culturista, calva, aliena, barbuta, una madonna rinascimentale o una dama del ‘700. Tra tutti i media che ha abitato con grande padronanza, ha amato soprattutto la radio, che ha frequentato dal 1960 fino agli anni ’90, anche come conduttrice, esplorando generi musicali diversi dal proprio, come la musica brasiliana che ha fatto conoscere in Italia, il jazz, la musica pop americana che amava come quella di James Taylor e dei Blood, Sweat and Tears.

Ciò che ne ha fatto una performer “transmediale” , decisamente fuori dall’ordinario, è la notorietà ha avuto grazie alla televisione. Per quindici anni, tra il 1959 (anno della sua prima apparizione al Musichiere di Mario Riva) al 1974 (anno del suo ultimo show a puntate al fianco di Raffaella Carrà), Mina ha rimodellato il varietà italiano, importando dall’America il trend di uno studio vuoto e spazioso che esaltava il corpo negli stand up ed esibiva, al contrario del cinema, il fuoricampo della sua produzione: telecamere, tecnici, pubblico in sala. Ha indossato con doti non comuni il ruolo della conduttrice capace di dialogare brillantemente con ospiti di ogni tipo (anche grandi del cinema come Vittorio De Sica e Marcello Mastroianni).

Da sinistra a destra: Immagini di copertina degli album LOCHNESS (1993), RIDI PAGLIACCIO (1988), immagine inedita (2021). Foto per gentile concessione di PDU Productions

“Ha cantato il cantabile”, ha detto al The Hollywood Reporter Roma Gino Castaldo, critico musicale di La Repubblica. Da Gershwin a Chico Buarque de Hollanda, accompagnata da Toots Thielemans o Astor Piazzolla, ha diretto senza incertezze il traffico, di fronte alle telecamere, di ballerine, comici, talent del teatro e del cinema, con “abiti lunghi e generose scollature” (come ha scritto Aldo Grasso).

Del resto, la sua biografia affettiva che gravita intorno alla relazione d’amore con un uomo sposato, l’attore Corrado Pani, ha avuto nella storia del costume di un paese profondamente cattolico, degli effetti altrettanto innovativi: c’è un prima e un dopo Mina, in Italia, nella storia delle unioni d’amore, da quando la sua ha vissuto pubblicamente la nascita di un figlio in una relazione fuori dal matrimonio, in un paese ancora privo del divorzio. Si tratta di Massimiliano, che oggi lavora con sua madre a Lugano, e che troviamo tra gli autori e le voci del coro del nuovo album.

Nel suo nuovo album ha ancora la stessa voce dotata di una estensione di 4 ottave (le persone normali ne hanno solo due) e 40 semitoni che aveva a 20 anni: il timbro ha una escursione che passa senza preavviso dal calore felpato di una vasta tastiera di bassi ad acuti di cristallo. Sara Vaughan una volta disse: “Se non avessi già la mia vorrei avere la voce di Mina”.

Nessun’ altra voce, come la sua, ha raccontato nei dettagli più abissali le avventure di abbandono e potere, sottomissione e godimento, sofferenza ed estasi dell’amore. Dopo più di 70 album, già nella prima traccia di Gassa d’Amante, con quella voce così nota sentiamo questa confessione, calda e coraggiosa, sentiamo le parole chiavi: “Se non posso amare così tanto e farmi amare, io a cosa servirei”.

Mina è un enigma affascinante per gli amanti della musica e dello spettacolo. Nonostante il fatto che non rilasci interviste dal 1978, non si esibisca dal vivo da decenni, e conduca una vita lontana dai riflettori, ogni suo nuovo album riesce a scalare le classifiche di Spotify, competendo con le più grandi artiste italiane contemporanee come Elodie e Annalisa. Il segreto del suo intramontabile successo risiede nella qualità straordinaria della sua musica, della sua voce e nei collaboratori d’eccezione che arricchiscono i suoi featuring e nel lavoro iconico sulle copertine dei suoi album. Affidate a artisti e fotografi di spicco come Mauro Balletti, queste opere visive trasformano Mina in un’icona d’avanguardia e trasgressione, ispirando generazioni di pop star a livello globale.

Gassa d’Amante, è un album senza tempo. Mina esplora le molte sfumature della sua voce, senza inseguire la novità o l’eccesso richiesti dal ritmo frenetico della rete. Si concentra sul nuovo che trova dentro di sé, non su quello esterno.

Entrando nell’album, sembra che Massimiliano Pani voglia seguire con grande attenzione queste volontà attraverso le produzioni e gli arrangiamenti, anche qui senza tempo, senza seguire le mode del mercato e del sound dell’ultima ora, né cercando di imitare i fasti del passato (pensiamo ai contributi orchestrali meravigliosi di Morricone) o il fantastico suono beat dei primi anni ’60.

A volte, il sound è più vagamente soft-rock, altre volte più tradizionale, ci si avvicina a diverse sonorità anche attuali, ma c’è sempre una direzione chiara della produzione: in Gassa d’Amante ogni arrangiamento è realizzato come una culla sonora per la voce di Mina senza mai porre in primo piano gli aspetti strumentali o le elaborazioni dell’elettronica.

L’elettronica qui è spesso pensata come “estensione nel tempo come nel pezzo Senza farmi male, scritto da Elisa, in cui le note lunghe di Mina vengono prolungate elettronicamente. In altri casi viene utilizzata come “estensione del timbro” della voce, come con l’uso del vocoder ed echi in Amami e basta, integrati con fasce elettroniche che “vestono” le traiettorie vocali. Interessante in questo brano notare la sospensione fascinosa delle strofe in opposizione ai momenti dinamici del ritornello che rimandano ad echi del drumming di Phil Collins (In the air tonight).

Ci sono canzoni, come Non smetto di aspettarti e Dispersa, nelle quali gli strumenti si muovono con cautela per porre in primo piano la voce e le sue fioriture.

In altri pezzi, come Per dirti t’amo, la voce è più integrata; nel refrain la voce viene raddoppiata e si inserisce nel tessuto strumentale con note prolungate in cui Mina “suona” la sua voce come uno strumento fra gli altri dell’ensemble.

Ne Il cuore si sbaglia ritroviamo una Mina più dinamica e sorniona, sostenuta dalla sezione ritmica virtuale di Franco Serafini.
Fa eccezione nel sound di questo album il pezzo L’amore vero, nel quale l’Orchestra Filarmonica Italiana, con un ottimo arrangiamento di Gabriele Comeglio, esalta gli aspetti più intimamente romantici della voce di Mina, che tuttavia non eccede mai; è allo stesso tempo intensa e misuratissima, usando grane vocali che creano “verità” senza scadere nella finzione “glicemica”.

Immagine di copertina dell’album GASSA D’AMANTE (2024) @Mauro Balletti. Foto per gentile concessione PDU Productions

Il brano più radiofonico, Buttalo via, che non a caso è stato scelto come singolo e che già ha avuto un notevole successo, scritto da Francesco Gabbani (e di cui si sente l’influenza nella conduzione melodico-armonica della scrittura) è forse quello che più restituisce Mina all’oggi. Il testo molto intimo e profondo sembra coinvolgerla al punto da dare una forza ancora maggiore alla sua espressione. Uno spazio speciale a un bell’assolo di chitarra di Luca Meneghello chiude in modo efficacissimo la canzone.

L’album raccoglie le mille voci di Mina, basta solo seguire il suo canto per trovare ad ogni passo mille piccoli e grandi tesori di questa artista misteriosa, non solo cantante, ma vera e propria ricercatrice.

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