La guerra all’ultimo voto per Donald Trump e Kamala Harris è anche una guerra all’ultimo fan. E negli Stati Uniti abbiamo visto quanto le grandi star si stiano spendendo. Bruce Springsteen fa un video per spiegare il suo sostegno a Kamala Harris. Lady Gaga fa comizi con Kamala in Pennsylvania. Taylor Swift dice ai suoi 283 milioni di follower “Voto per Kamala Harris perché combatte per i diritti e per le cause in cui credo”.
Arnold Schwarzenegger, ex governatore repubblicano della California, dice che stavolta voterà per i democratici, perché “Trump dividerà, insulterà, troverà nuove maniere di essere ancora più anti americano di quanto è già stato”. Jennifer Lopez ha parlato a una convention democratica a Las Vegas, Madonna torna da Parigi per votare Harris: “Parigi è bellissima, ma dovevo tornare casa per votare Kamala Harris!”.
Moltissimi protagonisti della scena dello spettacolo hanno messo in gioco il proprio nome, la propria popolarità, per sostenere uno dei due candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Per la maggior parte, Hollywood e il mondo del cinema, della musica e del teatro stanno con Kamala. Fra loro la popstar Beyoncé, e anche Ethan Hawke o Viggo Mortensen, intervistati da The Hollywood Reporter Roma.
Fra i sostenitori di Kamala Harris, gli Avengers: Mark Ruffal, la “Black Widow” Scarlett Johansson, capitan America Chris Evans, Iron Man Robert Downey jr., l’attore di Hotel Ruanda Don Cheadle.
Chiarissima Billie Eilish, che col fratello Finneas ha scritto su Instagram: “Votiamo per Harris-Walz. La scelta è chiara”. E ha aggiunto: “Votate come se la vostra vita dipendesse da questo”.
Allo stesso modo votano il rapper Eminem, Jennifer Aniston, Samuel L. Jackson, Spike Lee, Cher. La lista è lunghissima. Fra i sostenitori trumpiani, Elon Musk e Hulk Hogan sono i più visibili, insieme a Mel Gibson, Jon Voight – il padre di Angelina Jolie – e Dennis Quaid.
E in Italia? Chi si espone, chi si schiera? Non è vero che in Italia i vip siano più timorosi, più cauti, più amanti del quieto vivere. Non è vero che preferiscano non schierarsi. È vero, semmai, che in Italia il sistema elettorale non ha due candidati che si affrontano l’un contro l’altro: ci sono molti partiti, ogni partito ha il suo leader, la scena è più complessa e più sfumata. Non ci sono soltanto due contendenti. Ma anche la scena dello spettacolo italiana ha i suoi endorsement celebri.
La madre di tutti gli endorsement è forse in una foto. Roberto Benigni interpretava nel 1977 un film che si chiamava Berlinguer ti voglio bene. E nel 1983, durante una manifestazione a Roma, prendeva in braccio Enrico Berlinguer, segretario del Partito comunista italiano. La foto di quell’abbraccio fu ripresa da tutti i giornali: uno dei massimi leader politici d’Italia, in un momento in cui i leader politici erano serissimi, in braccio a un comico dissacrante. Una vera rivoluzione. Nei costumi.
Nella musica italiana, sono vicini alla sinistra moltissimi cantautori: Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Francesco Guccini, Gino Paoli, Loredana Berté, Piero Pelù, Roberto Vecchioni, Daniele Silvestri, Giorgia.
Fiorella Mannoia, dopo avere appoggiato il Movimento Cinque Stelle, è tornata vicina alle posizioni del Partito democratico, a cui nel 2019 ha concesso l’uso del suo brano Il peso del coraggio, per la campagna nelle elezioni europee di quell’anno. E fra i più giovani, Elodie, Ariete e La rappresentante di lista. La destra annovera fra i suoi fan Max Pezzali, il cantautore Povia, Al Bano, Rita Pavone, e Arisa. Enrico Ruggeri è uno dei cantautori più raffinati della destra.
In ambito cinematografico, molti artisti hanno il coraggio di mostrare le loro idee politiche. Sui social è molto attivo Alessandro Gassman, vicino alle idee sociali ed ecologiste della sinistra, ma molto critico sulle esperienze reali della politica di sinistra di questi anni. Sabrina Ferilli è un’altra icona dei democratici, così come non fa mistero delle sue idee di sinistra Giovanni Veronesi.
L’attore Giorgio Pasotti ha invece espresso il suo sostegno alla premier Giorgia Meloni, parlando di un “accanimento barbaro contro di lei”. Pino Insegno è salito sul palco di varie manifestazioni elettorali di Giorgia Meloni. Iva Zanicchi ha dichiarato “Faccio il tifo per lei”, e Giorgia Meloni ha raccolto anche l’endorsement di Beatrice Venezi.
Alessandro Borghi, uno dei più apprezzati e premiati attori italiani, per le elezioni politiche italiane del 2022 si è schierato nettamente con la sinistra, dichiarando su Instagram che non avrebbe votato “né Meloni, né Salvini”.
Nel 2023 ci furono le primarie per scegliere il leader del Partito democratico. Si contrapponevano Stefano Bonaccini e Elly Schlein, che sarebbe diventata segretaria del Pd. Con Bonaccini, nell’occasione, si schierarono il cantautore Francesco Guccini, lo scrittore di romanzi gialli Carlo Lucarelli e la star degli chef stellati, Massimo Bottura. Con Schlein le cantautrici Paola Turci e Levante, l’attore Claudio Amendola e il “commissario Ricciardi” Lino Guanciale.
Molto impegnati a sinistra, infine, Michele Riondino e il cantautore Diodato, che da anni sollecitano l’attenzione pubblica sulla questione di Taranto, dell’inquinamento generato dagli ex stabilimenti siderurgici Ilva.
E il più grande successo di box office del cinema italiano degli ultimi anni, C’è ancora domani di Paola Cortellesi, non è proprio un endorsement a una parte politica, ma di fatto sì, lo è: mostra una donna vessata, umiliata, picchiata dal marito nell’immediato dopoguerra italiano, che come scelta di ribellione, come scelta di libertà, decide di andare a votare.
Il voto come affermazione di sé, come scelta per il futuro, e ovviamente – se hai un marito prevaricatore, manesco, maschilista – non può che essere una scelta che politicamente vi si contrappone. Il voto del personaggio interpretato da Paola Cortellesi è il voto delle donne libere, la loro scelta verso il progresso, il rispetto, la democrazia, contro il patriarcato, la reazione, l’oppressione.
Servono davvero questi endorsement? Secondo un sondaggio di YouGov, un americano su dieci afferma di essere stato spinto a rivedere le sue convinzioni politiche dalla presa di posizione di una celebrity. E il 7 per cento degli americani afferma di sostenere l’uno o l’altro dei candidati proprio a causa dell’endorsement di una star.
Basterebbe fare un piccolissimo conto: se Taylor Swift ha 283 milioni di follower, ipotizziamo che anche soltanto uno su mille sposti il proprio voto, grazie al messaggio così deciso della sua cantante preferita. Sarebbero 283mila voti. Alle elezioni presidenziali del 2000, per spostare gli equilibri fra George W. Bush e Al Gore ne bastarono molti, ma molti di meno. Per l’esattezza, ne bastarono 537, in Florida.
This content was entirely crafted by Human Nature THR-Roma
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma