Stasera a Filadelfia, allo storico National Constitution Center, ci sarà il primo (e forse l’unico) incontro tra Donald Trump e Kamala Harris. Sarà in onda alle tre di notte in Italia, ma io sarò sveglio per raccontarvi domani la storia di quello che sarà successo. L’ultimo dibattito presidenziale, giugno scorso, è stato tra Trump e Joe Biden. Il disastro per Biden è stato tale che si è dovuto ritirare dalla corsa per la Casa Bianca. Ora c’è Kamala, la Vice Presidente che tutti a Washington hanno disprezzato per tre anni. “Kamala è superficiale,” dicevano. “Kamala non studia,” diceva quale critico. “Kamala non è presidenziale,” raccontavano i rosiconi. Invece…
Invece, la Harris è riuscita a lanciarsi bene sull’America, guadagnando in popolarità e recuperando la distanza tra Biden e Trump. La sua campagna è vivace, allegra, spiritosa, pure un po’ populista. La sua scelta di Tim Walz, il Governor di Minnesota, come suo Vice, è geniale; è un uomo dell’America profonda un uomo del Midwest. Fin qui tutto bene. Ma Harris non sta crescendo più. Lei ha raggiunto un suo “plateau” (altipiano). Oggi Harris e Trump sono in un testa a testa a livello nazionale. Idem per quanto riguarda i famosi sette stati in bilico che decideranno il risultato del voto il 5 novembre: Georgia, North Carolina, Michigan, Pennsylvania, Wisconsin, Arizona e Nevada.
Il dibattito potrebbe essere guardato da 100m di americani, più di qualunque altro nella storia degli Stati Uniti. E se Trump inciampa, può essere clamoroso. E Kamala lavorerà per questo risultato. E se Trump non perde le staffe e rimane calmo, e lega con successo Kamala all’impopolare Biden, allora potrebbe danneggiare i Democratici.
I due non si amano. In un’intervista radiofonica riportata da Ansa, Kamala ha detto di aspettarsi dal tycoon “menzogne e attacchi personali”, secondo il “vecchio copione” usato con l’ex presidente Barack Obama e l’ex segretaria di Stato Hillary Clinton. “Non ha alcun limite nella bassezza e dobbiamo essere preparati”, ha avvisato, anticipando che intende dipingerlo come un “uomo che si batte per i propri interessi, non per gli americani” e puntare sull’unità del Paese. Lui invece l’ha stuzzicata sui social accusandola di tutto, dall’invasione dei migranti al catastrofico ritiro dall’Afghanistan, anche se fu da lui stesso concordato. E ha anche minacciato “lunghi anni di prigione” a chi “imbroglierà” alle elezioni.
Povera America!
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