
Mentre Hollywood bruciava come un set cinematografico, a Washington giocano a fare gli dei dell’Olimpo digitale. Stanotte, con un clic, hanno spento TikTok, il social network dove anche il gatto di casa, se fa le fusa a tempo di musica, può diventare una star.
Questa notte, i 170 milioni di utenti amerciani, hanno visto apparire sui proprio schermi questo messaggio: “Importante aggiornamento da parte di TikTok. Ci dispiace che una legge statunitense che vieta TikTok entrerà in vigore il 19 gennaio e ci costringerà a rendere i nostri servizi temporaneamente non disponibili.
Stiamo lavorando per ripristinare il nostro servizio negli Stati Uniti il prima possibile e apprezziamo il vostro supporto. Restate sintonizzati”
Ah, l’America! Terra della grande promessa democratica, di grandi scoperte, di contrasti, di incendi, di conflitti mediatici e di potere.
Mentre noi comuni mortali abbiamo a che fare su questioni futili tipo “cosa mangerò stasera?”, i potenti della Terra decidono le sorti di un’app che fa ballare e cantare milioni di persone. Perché? Sentite: pare che TikTok sia gestito dai cinesi. E i dati, si sa, sono oggi il vero oro. Per questa ragione, stop: vietato l’accesso ai cittadini americani.
A noi non resta che contemplare il vuoto cosmico di una “pagina 404”, “Page not found”, come direbbero quelli bravi.
Praticamente è come se con un solo click Washington avesse oscurato un gigantesco canale televisivo al pari dei più grandi broadcaster americani. In realtà, c’è una differenza. Importante. L’applicazione non è sottoposta ad alcun controllo statale e TikTok dichiara che negli USA ha registrati 170 milioni di utenti pari al 50% circa della popolazione.
Gelosia? Paura della concorrenza? O, semplicemente, una formidabile allergia nei confronti dell’impossibilità di intervenire sulle nostre idee, i nostri comportamenti, la nostra vita onlife, come la chiama il filosofo digitale Luciano Floridi?
La verità è che l’algoritmo di TikTok, così democratico, che premia il talento puro e non guarda in faccia a nessuno,. A qualcuno, ciò, deve aver dato fastidio. E a chi, se non i giganti della Silicon Valley, con i loro imperi digitali e le loro gerarchie di potere? TikTok, per certi versi, li aveva messi ko.
In realtà, non è solo una questione di proprietà dei dati. Gli States non potevano tollerare il potenziale d’influenza dello strumento presidiato della GenZ. I TikTokers hanno iniziato a creare opinione libera oltre i famosi balletti, infiltrandosi nella politica e nei settori economici di rilievo considerando gli ingenti investimenti dei brand.
Insomma, forse dovremmo aspettarci l’arrivo di un TikTok versione ‘Burqa’, se il destino dovesse farlo risbaracare negli Stati Uniti d’America con le dovute revisioni del codice e degli algorimi per mano dei gatekeeper della Silicon Valley.
E’ un ulteriore segnale, dopo l’abolizione su Facebook dei controlli per impedire e individuare le fake news, dopo i diktat del capitale sulla politica internazionale di Elon Musk, che un’era di tutela dei diritti sta per essere cancellata a colpi di slogan e che la rinascita del fantasma dell’impero americano intende incidere senza confronti o limiti sulle imprese, i loro programmi, i lavoratori, il costume e la popolazione.
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