‘Batman: Caped Crusader’: La Serie Di Prime Video Sul Cavaliere Oscuro Intrattiene Ma Non Decolla

Hamish Linklater guida il cast di voci in questa nuova interpretazione del crociato incappucciato di Gotham City, un'avventura animata in stile noir anni '40 sviluppata da Bruce Timm, creatore di Batman: La Serie Animata.

Come ogni icona che esiste da abbastanza tempo, Batman è apparso in un numero quasi infinito di versioni. Ci sono Batman che volano da soli e Batman che hanno Robin. Ci sono Batman che fanno questo lavoro da un po’ e Batman che sono nuovi al mestiere. Ci sono Batman kitsch e Batman cupi, Batman sani e Batman spaventosi, e ogni singola sfumatura intermedia. Il primo compito di ogni nuova versione, quindi, è distinguersi dalle altre. E questo riesce piuttosto facilmente a Batman: Caped Crusader, una rivisitazione noir animata ambientata negli anni ’40, poco dopo il vero debutto del personaggio nel mondo dei fumetti. Il secondo compito è invece convincerci che questa nuova rappresentazione abbia tutto quello che serve per reggersi in piedi da sola, e in questo senso ci sono dei problemi. Con uno stile elegante e un’atmosfera costantemente cupa, la serie Prime Video sembra solida quanto le larghe spalle di Batman. Raramente però riesce a essere davvero spettacolare. Presumibilmente riconoscendo che nel 2024 non è più necessario spiegare chi è Batman, il creatore Bruce Timm lancia il personaggio direttamente nel vivo dell’azione, toccando solo di sfuggita le sue tragiche origini da orfano. Questo Batman (doppiato da Hamish Linklater) è già un vigilante quando lo incontriamo, anche se criminali e forze dell’ordine lo considerano una leggenda metropolitana. Determinato a ripulire la città, Batman si intromette in una lotta di potere tra bande rivali – solo per rendersi conto alla fine della prima puntata che le sue azioni potrebbero aver peggiorato le cose e che non può permettersi di fallire di nuovo. (Taticamente, intendiamoci. Finanziariamente e da un punto di vista dell’immagine pubblica, è sempre il ricco playboy Bruce Wayne.) Le dieci ore e mezza di Batman: Caped Crusader oscillano tra la serie crime drama e le avventure con un cattivo a puntata. Il primo rimane relativamente ancorato alla realtà, almeno per gli standard dei supereroi. Il boss della mafia Rupert Thorne (Cedric Yarbrough) stringe la sua morsa su Gotham City attraverso una rete di violenti scagnozzi, poliziotti corrotti e politici sporchi (incluso il viscido procuratore distrettuale Harvey Dent, interpretato da Diedrich Bader). Batman elude la loro presa mentre lentamente raduna i suoi alleati, in primis il coraggioso commissario di polizia Jim Gordon (Eric Morgan Stuart). I loro scontri si svolgono in classici inseguimenti d’auto, sparatorie e combattimenti a mani nude, con un uso minimo di storie d’origini e gadget stravaganti. È nelle avventure episodiche, tuttavia, che la serie dà davvero sfogo alla sua creatività.

Le sue guest star includono vecchie conoscenze come Catwoman (Christina Ricci), una disinvolta ladra di gioielli che sfreccia per Gotham in abiti favolosi e cappelli enormi. Ma la città dal sapore Art Deco fa spazio anche a strani personaggi meno conosciuti come Onomatopoeia (Reid Scott), un sicario che accompagna ogni sua azione con i tipici “bam!” e “pow!” dei fumetti. La serie trascina Batman in deviazioni inaspettate come nel mondo dello spettacolo, per un inquietante caso che coinvolge un’attrice scomparsa, o in quello del soprannaturale, dove un brigante dell’epoca della Guerra d’Indipendenza (Toby Stephens) prende di mira i poveri di Gotham. (“Cosa se ne fanno dei soldi i fantasmi?”, si chiede Bruce).  Il Batman di Linklater prende tutto con calma con il pragmatismo di chi ha visto abbastanza orrore da non essere mai veramente sorpreso. Probabilmente la cosa più intelligente che Caped Crusader fa è isolarsi dagli altri media legati al personaggio di Batman. L’ambientazione fa gran parte del lavoro pesante in questo senso. Sebbene la serie sia prodotta da Matt Reeves (insieme a Timm, J.J. Abrams, Ed Brubaker e James Tucker), non si può confondere questa Gotham del dopo guerra con quella del suo The Batman o di qualsiasi altro recente adattamento DC. Il mito viene modificato in modi sia superficiali che significativi. Harley Quinn, vista come una donna asiatico-americana (doppiata da Jamie Chung), è un dettaglio interessante ma di minor rilievo, per esempio; la vera scossa è nella nuova storia delle sue origini che elimina il Joker, porta in primo piano la sua formazione psicologica e nel processo fa brillare una nuova luce su un personaggio che pensavamo già di conoscere.

Al di là di questo però, Caped Crusader fatica a generare una propria gravità. Il suo eroe è più interessante nei momenti in cui non sembra un eroe: quando si irrita al suggerimento di una terapia; quando involontariamente spinge un uomo già al limite verso il punto di rottura; quando ha bisogno di ricordarsi di preoccuparsi delle persone con cui ha a che fare, e non solo dei suoi ideali astratti di salvare “la città”. (Essendo l’unica persona a conoscenza della vera identità di Batman, è il suo maggiordomo Pennyworth, doppiato da Jason Watkins, che più frequentemente glielo ricorda.) Ma quei momenti sono brevi lampi in una pioggia incessante. Il resto del tempo, lo show segue l’esempio di Batman nel mantenere le emozioni a distanza. È troppo cupo per sembrare avvicinabile, ma troppo blando per sfruttare appieno il potenziale di stranezza e bruttezza del personaggio. Caped Crusader guadagna profondità man mano che i suoi personaggi secondari si organizzano in una vera e proprio squadra. La detective Renee Montoya (Michelle C. Bonilla), inizialmente valutata come una “risorsa” da Batman per la sua rara rettitudine, ottiene una breve sottotrama romantica che la umanizza più di qualsiasi lavoro investigativo. L’avvocato difensore Barbara (Krystal Joy Brown) contrasta la propensione di Batman al dramma con un gradito umorismo secco, senza perdere la sua posizione di bussola morale all’interno della serie. Alla fine della stagione, la prospettiva di un’altra avventura con loro sembra molto più intrigante. Ma la posta in gioco sembra più bassa di quanto dovrebbe, in gran parte perché i buoni ricordano ancora personaggi abbozzati piuttosto che individui pienamente realizzati con idiosincrasie, vulnerabilità e desideri propri. Ciò che viene in mente è una domanda ringhiata da una delle versioni meno celebrate del Cavaliere Oscuro, a un nemico apparentemente indomabile: “Dimmi, tu sanguini?”Caped Crusader potrebbe non essere in grado di mostrare molto sangue reale, dato il suo divieto di visione ai minori di 14 anni. Ma potrebbe mostrare qualche livido in più.

This content was entirely crafted  by Human Nature THR-Roma