“La forza del destino” di Giuseppe Verdi alla Scala: tanti applausi per una lettura audace dell’opera

L’Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala si sono distinti per un livello di professionalità che ha arricchito ogni istante della rappresentazione

Il 7 dicembre 2024, il Teatro alla Scala ha inaugurato la sua stagione con La forza del destino, un’opera che incarna il rinnovato legame tra Giuseppe Verdi e il prestigioso teatro milanese. In questa serata storica, la musica è stata protagonista assoluta, superando le consuete dinamiche di una mondanità che accompagna l’apertura scaligera. Le proteste all’esterno, i riflettori puntati sulle personalità di spicco e il valore politico e istituzionale dell’evento non hanno potuto oscurare l’essenza autentica di questa tradizione: la celebrazione di un’arte sublime, la lirica, riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità. Quest’arte, con il suo intreccio di voci, orchestrazione e drammaturgia, rimane una testimonianza viva della profondità dell’animo umano e della sua capacità di esprimere emozioni universali.

La scelta della versione definitiva del 1869 di La forza del destino, qui eseguita nell’edizione critica integrale curata da Philip Gossett e William Holmes, rappresenta un omaggio al rigore artistico e filologico. Quest’opera, segnata da una complessità drammaturgica e musicale unica, ha trovato nella direzione di Riccardo Chailly una guida che ne ha valorizzato le trame timbriche e le tensioni espressive. La Sinfonia, che sostituisce il preludio dell’originale pietroburghese, si è imposta fin dall’inizio come manifesto musicale dell’opera, citando i temi principali e anticipando l’evoluzione dei personaggi e delle loro vicende. L’orchestra del Teatro alla Scala, con la sua straordinaria precisione e sensibilità, ha tradotto in suono l’intensità del destino inesorabile che attraversa l’intera narrazione verdiana.

Leo Muscato, regista di questa produzione, ha offerto una lettura audace e stratificata dell’opera, radicata nella complessità psicologica dei personaggi e nelle implicazioni universali del concetto di destino. Ambientare ogni atto in un’epoca diversa – dal Settecento del primo atto all’Ottocento del secondo, fino al Novecento e ai giorni nostri – ha permesso di amplificare il senso di frammentarietà che caratterizza l’opera, trasformandola in una narrazione capace di dialogare con il pubblico contemporaneo. La scenografia, dominata dalla presenza imponente di una ruota in perenne movimento, ha simboleggiato il destino, un’entità inarrestabile che avvolge i protagonisti e ne guida i passi, spesso verso un tragico epilogo.

I costumi, disegnati da Silvia Aymonino, sono stati parte integrante di questa narrazione visiva, evocando il trascorrere del tempo e le trasformazioni dei personaggi. Dalle raffinate vestigia settecentesche agli abiti semplici e logori delle guerre novecentesche, fino alla sobrietà contemporanea, ogni capo d’abbigliamento ha parlato della condizione esistenziale dei protagonisti. Leonora, nel quarto atto, con il suo abito da eremita consunto e essenziale, ha incarnato la solitudine e la tensione verso la trascendenza, mentre le divise militari di Don Carlo e Don Alvaro, intrise di polvere e cenere, hanno raccontato con silenziosa eloquenza il devastante impatto della guerra.

Le luci, ideate da Alessandro Verazzi, hanno avuto un ruolo fondamentale nell’amplificare l’impatto emotivo della messinscena. Il sapiente gioco di chiaroscuri, con le sue tonalità fredde e cupe nelle scene di guerra e i bagliori dorati nei momenti di raccoglimento spirituale, ha creato un dialogo visivo con la narrazione musicale e drammatica. Il culmine è stato raggiunto nelle scene finali, con le macerie del convento bombardato che si stagliavano in un’oscurità appena rischiarata da una luce radente, simbolo di una speranza quasi spenta.

L’Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala si sono distinti per un livello di professionalità che ha arricchito ogni istante della rappresentazione. L’orchestra, sotto la guida di Chailly, ha espresso una varietà di colori timbrici e una precisione tecnica ineguagliabile, passando con maestria dai momenti di trasparente lirismo ai passaggi di potente drammaticità. Il Coro, preparato da Alberto Malazzi, ha saputo rendere con intensità sia le preghiere collettive sia le scene più dinamiche e concitate, conferendo un’energia vibrante e profondamente coinvolgente.

Il cast vocale ha saputo affrontare con rara maestria le sfide tecniche e interpretative di un’opera così complessa. Anna Netrebko, nel ruolo di Leonora, ha offerto una performance di straordinaria intensità, caratterizzata da un controllo impeccabile del legato e una capacità unica di passare da momenti di estrema dolcezza a esplosioni drammatiche di grande potenza. Il tenore americano Brian Jagde ha vestito i panni di Don Alvaro con un registro centrale solido e una proiezione vocale incisiva, dimostrando una sensibilità musicale che ha reso memorabile ogni frase. Ludovic Tézier, nel ruolo di Don Carlo, ha saputo sfruttare al meglio il suo timbro brunito e la sua padronanza tecnica, offrendo interpretazioni che hanno catturato la complessità psicologica del personaggio.

Fra Melitone, interpretato da Marco Filippo Romano, ha saputo mantenere l’equilibrio tra il registro comico e una profondità interpretativa che ha evitato ogni banalizzazione, regalando al pubblico momenti di autentica riflessione oltre che di divertimento.

L’atmosfera in sala è stata di rara intensità. Il pubblico, composto da personalità illustri e appassionati d’opera, ha vissuto ogni momento con coinvolgimento palpabile, passando dalla commozione estatica delle preghiere collettive alla tensione drammatica delle scene di scontro. Il silenzio quasi sacro che ha preceduto l’applauso finale ha testimoniato la profondità dell’esperienza vissuta.

Quando l’ultima nota del clarinetto basso si è dissolta nell’aria e il sipario è calato, la sala è esplosa in un tripudio di applausi che hanno celebrato non solo il cast, il regista e il direttore, ma anche l’Orchestra e il Coro, veri protagonisti di una serata in cui la musica ha trionfato, ricordandoci che l’opera lirica non è solo arte, ma una delle più elevate espressioni dell’identità culturale e dell’esperienza collettiva. 

This content was entirely crafted  by Human Nature THR-Roma